Un altro attacco islamista, l’Occidente servile

di Daniel Pipes da Liberal del 15 settembre 2012
Articolo in lingua originale inglese: “Another Islamist Assault, Another Western Cringe”

Gli attacchi di martedì 11 settembre contro le missioni americane al Cairo e a Bengasi rientrano in uno schema abituale di intimidazione islamista e di appeasement occidentale che risale all’affare Salman Rushdie del 1989. La risposta indolente dell’amministrazione Obama all’uccisione dei diplomatici americani aumenta le probabilità che episodi del genere possano presto ripetersi. La crisi Rushdie scoppiò improvvisamente quando l’Ayatollah Khomeini emise un editto di morte contro lo scrittore indiano (ma naturalizzato britannico), “colpevole” di avere scritto “Versetti satanici”, un’opera di carattere fantastico ma comunque realista, dichiarando che il libro era «contro l’Islam, il Profeta e il Corano». La sua fatwa fu solo la prima di una lunga serie capace di scatenare l’ira islamista. Ricordiamo, fra le altre, quelle scoppiate in risposta a: un fregio della Corte Suprema Usa nel 1997 (raffigurante Maometto in veste di legislatore che decora la sala, ndt); il leader evangelico americano Jerry Falwell, nel 2002 (che durante la trasmissione 60 minutes definì il Profeta un terrorista, ndr); il settimanale Newsweek nel 2005; le vignette satiriche su Maometto pubblicate dal quotidiano danese Jyllands-Posten nel 2006; Papa Benedetto XVI, sempre nel 2006; il predicatore della Florida Terry Jones, nel 2010 (che bruciò pubblicamente il Corano, ndr) e i soldati americani in Afghanistan, all’inizio del 2012 (sempre per aver bruciato il libro sacro dei musulmani, ndr). In ognuno di questi casi, la percepita offesa all’Islam ha portato ad atti di violenza commessi molte volte contro gli occidentali, e assai più spesso contro gli stessi musulmani.
In effetti, l’episodio di violenza del 2010 in seguito al rogo del Corano da parte di Terry Jones causò circa 19 morti in Afghanistan, spingendo David Goldman, che allora scriveva per la rivista First Things, a osservare che «un pazzo che porta con sé dei fiammiferi e una copia del Corano può recare più danno al mondo musulmano di quanto possa fare un autobus pieno di attentatori suicidi. (…) A quanto ammonta in dollari il danno causato da una copia usata del Corano in edizione tascabile?» si chiese Goldman congetturando quanto i servizi d’intelligence avrebbero potuto imparare da Jones e, per pochi dollari, seminare una diffusa anarchia. Finora, gli attacchi di quest’ultima esplosione di violenza hanno portato a un bilancio di quattro vittime americane e ce ne potrebbero essere altre. Jones (con il suo filmato “Il giorno del giudizio di Maometto”) e Sam Bacile (che potrebbe non esistere, ma è sospettato di essere l’autore del video anti-islamico che ha infiammato quest’ondata di violenza dell’11 settembre) non possono solamente causare morti a volontà ma possono altresì assestare un duro colpo alle relazioni fra gli Stati Uniti e l’Egitto e incidere persino sulle presidenziali americane. Quanto all’amministrazione Obama: agendo nel suo solito modo conciliante e apologetico, se la prende con i critici dell’Islam. «L’Ambasciata degli Stati Uniti al Cairo condanna i continui tentativi da parte di individui fuorviati di ferire i sentimenti religiosi dei musulmani» E ancora: «Rifiutiamo con fermezza le azioni di chi abusa del diritto universale alla libertà di parola per ferire i sentimenti religiosi del prossimo». Poi, il segretario di Stato Hillary Clinton («Gli Stati Uniti deplorano qualsiasi sforzo intenzionale per denigrare le credenze religiose altrui») e Barack Obama («Gli Stati Uniti respingono ogni tentativo di denigrare le credenze religiose altrui») hanno confermato l’iniziale atteggiamento deferente. Il candidato repubblicano alle presidenziali Mitt Romney ha giustamente replicato che «È vergognoso che la prima reazione dell’amministrazione Obama non sia stata quella di condannare gli attacchi contro le nostre missioni diplomatiche, ma di simpatizzare con chi ha condotto gli attacchi». Questa argomentazione ha delle implicazioni molto ampie, non tanto per le elezioni (l’Iran è la questione chiave di politica estera), ma perché questa debolezza incita gli islamisti a sferrare altri attacchi, sia per porre fine alle critiche sull’Islam che per imporre un aspetto della sharia all’Occidente. Terry Jones, Sam Bacile e i loro futuri emulatori sanno come istigare i musulmani alla violenza, mettere in imbarazzo i governi occidentali e come muovere la storia. Per tutta risposta, gli islamisti sanno come sfruttare Jones e gli altri. L’unico modo per fermare questo ciclo è che i governi si basino fermamente sul principio che i cittadini hanno libertà di parola, il che implica in particolare il diritto a offendere e a infastidire. Le autorità tuteleranno questo diritto. E questo dovrebbero dire. I musulmani non godono di privilegi speciali ma sono soggetti alle stesse regole sulla libertà di parola valide per tutti gli altri. Lasciateci in pace .

 

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