Caos in Libia: arriva la missione UE alle frontiere

La Libia é alle prese con il caos delle milizie armate che agiscono quasi indisturbate nel paese dalla caduta del regime di Gheddafi. Una situazione che se non sarà risolta rapidamente da Tripoli potrebbe infiammare anche altri paesi della regione come Ciad, Algeria, Tunisia ed Egitto e accrescere il flusso dei profughi che lasciano il paese per trovare rifugio in Europa. ”Queste bande armate -spiega all’Adnkronos un autorevole osservatore- sono diventate piccole mafie. Non sono politicizzate e pensano solo a fare soldi mettendo in atto ricatti, prendendo ostaggi. Credo che la situazione potrebbe degenerare a meno che venissero inviate forze internazionali”. L’invio di ‘caschi blu in Libia, secondo questo osservatore, ”sarebbe molto auspicabile” anche perché ”ne va dell’interesse della Libia e dell’Europa che si confronta con il problema dell’immigrazione clandestina e che potrebbe subire le ripercussioni legate ad un’eventuale interruzione degli approvvigionamenti di gas e petrolio”.

La situazione in Libia, poi, si spiega, ”rischia di infiammare il Nordafrica e tutta la regione. C’é una quantità di armi colossale che potrebbe avere conseguenze negative per il Ciad, l’Algeria, l’Egitto e la Tunisia”. Pertanto, aggiunge, ”sarebbe auspicabile l’arrivo di ‘caschi blu’ per pacificare il Paese ed effettuare un vero disarmo. Nelle settimane a venire se il Governo libico non arrivera’ a risolvere il problema sarà auspicabile l’invio di ‘caschi blu”Dopo i violenti scontri del 15 novembre, avvenuti nel quartiere di Ghargur, roccaforte degli ex ribelli di Misurata, e che causarono oltre 50 vittime, il Governo libico sembra aver ripreso, almeno per ora, il controllo della situazione sull’onda dell’emozione suscitata del tragico venerdi’ di sangue. La maggior parte dei miliziani di Misurata hanno iniziato il ritiro graduale dalla capitale. Anche altre milizie, quelle di Jado, Nalut e Gharian, avrebbero lasciato la capitale volontariamente. Ma si tratta di una tregua che potrebbe essere solo momentanea.

La maggior parte delle milizie, che fanno capo per per lo più alle diversi tribù del Paese, hanno lasciato la capitale con il loro arsenale. Un ritiro, quindi, che potrebbe essere solo temporaneo anche perché dal primo gennaio Tripoli ha annunciato che non verserà più alcun salario a questi gruppi, a meno che questi non si arruolino nelle nuove forze di sicurezza nazionali, che erano stati finanziati con lo scopo di creare forze di sicurezze semi-ufficiali sotto la tutela dei ministeri dell’Interno e della Difesa. Il Governo guidato dal premier Ali Zeidan, che da sei mesi stenta a far applicare la legge che prevede l’evacuazione delle milizie dalle grandi città, ha presentato un piano in quindici punti per cercare di risolvere i numerosi problemi legati a questi gruppi armati tra cui quello legato al disarmo. Ma l’esercito nazionale attualmente non sembra in grado di affrontare questi gruppi armati che si sono costituiti nel 2011 per rovesciare il regime di Gheddafi. Intanto per arginare il flusso dei profughi dalla Libia, l’Ue ha elaborato un piano, che sarebbe già in atto, per rafforzare la protezione delle frontiere libiche (coste lunghe 1.800 chilometri e confini terrestri di 4.000 km).

EUBAM Libia

Secondo il rapporto del Seae svelato da Euobserver.com e da Mediapart venerdì scorso, la missione EUBAM (European Union Border Assistance Mission) sarà composta da 111 funzionari di polizia disarmati e dovrà costituire una forza di Guardie di Frontiera di 9 mila uomini e una Guardia Costiera composta da 6.400 unità per controllare 1.800 chilometri di coste e i 4 mila di confine terrestre libico. La missione, guidata dall’ex direttore generale delle dogane finlandesi, Antti Hartikainen, ha un mandato di due anni e un budget di 30,3 milioni di euro. Nel rapporto che sottolinea che ”il governo libico non dispone del monopolio della forza in Libia” si evidenzia ”l’incompetenza dei responsabili della sicurezza ai confini e all’interno del paese”. Ma non solo. Il rapporto stima in 240 mila il numero di miliziani nel Paese.

Circa i contributi internazionali per addestrare le nuove forze libiche l’Italia svolge al momento il ruolo più importante: 60 ufficiali della guardie di frontiera sono in addestramento a Vicenza presso il Centro di eccellenza per le Stability Police Units, 65 militari libici sono alla scuola di Fanteria di Cesano, 280 agenti di polizia militare vengono istruiti dai carabinieri a Tripoli insieme a 150 poliziotti civili.  La francia sta addestrando 75 guardie del corpo per i membri del governo libico. 30 militari dell’aeronautica, 20 ufficiali di marina e 72 subacquei.  Secondo indiscrezioni i britannici stanno addestrando in Irlanda i funzionari dell’intelligence libico mentre a Tripoli hanno inserito un loro “Defence Assistance Team” all’interno del Ministero della Difesa e un “consigliere strategico” al Ministero degli Interni. La Germania sta finanziando la messa in sicurezza di siti chimici e armamenti  quali i missili antiaerei portatili mentre gli Stati Uniti progettano di addestrare in Bulgaria fino a 8 mila militari libici. La Turchia ha addestrato 804 agenti di polizia e 250 ufficiali dell’esercito mentre un team NATO di 10 esperti si recherà spesso a Tripoli per fornire consulenza.

Dopo l’ultima escalation di violenze in Libia il segretario di Stato americano John kerry ha ribadito ieri l’impegno a lavorare con tutta la comunità internazionale per ripristinare la sicurezza e l’ordine nel Paese. Kerry ha parlato da Londra al termine dell’incontro con l’omologo britannico, William Hague e il premier libico Ali Zeidan. “Abbiamo parlato con il primo ministro (Zeidan) delle cose che possiamo fare insieme…Usa, Gran Bretagna e altri Paesi amici…per aiutare la Libia a garantirsi quella stabilità di cui ha bisogno”, ha spiegato Kerry, aggiungendo che Zeidan ha riferito della, “trasformazione in atto dopo che il popolo libico si è espresso contro le milizie che controllano parte del Paese.

(Con fonte Adnkronos)

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