In Siria 12 mila jihadisti stranieri, mille sono occidentali

In migliaia partono da Marocco, Tunisia e Libia per andare a combattere in Siria o in Iraq. Secondo un’inchiesta di Jeune Afrique, sarebbero oltre 12.000 i combattenti, di 81 diverse nazionalità, impegnati in Siria contro le truppe di Bashar al Assad. “Nessuna guerra, dall’Afghanistan nel 2001 all’Iraq nel 2003, ha mai attratto tanti jihadisti stranieri come la Siria, da tre anni diventata l’epicentro della jihad globale”, ha sottolineato la rivista. A oggi sarebbero oltre 1.100 i marocchini e almeno 3.000 i tunisini impegnati nelle brigate internazionali in Siria. “Vediamo arrivare sempre più giovani maghrebini della classe media, istruiti”, ha confermato un ex soldato dell’Esercito libero siriano di base nella provincia siriana di Idlib. E dalla Tunisia i giovani continuano a partire per unirsi ai jihadisti dello Stato islamico, attivi in Siria e in Iraq. Abu Iyadh, capo della organizzazione terroristica tunisina Ansar al-Sharia, ha recentemente rinnovato il suo appello alla jihad in Siria, invitando i tunisini a unirsi allo Stato islamico. Secondo Jeune Afrique, anche ong e associazioni islamiste continuano a fare proselitismo in moschee e bar.

Tuttavia è il web, con i suoi video e le immagini di propaganda, a risultare il principale strumento di reclutamento, riuscendo a penetrare in tutti i ceti sociali. In tanti dalla Tunisia raggiungono i campi di addestramento presenti in Libia, nella regione di Gadames o nella Cirenaica, dove imparano a usare le armi al fianco di jihadisti provenienti da altri Paesi, sotto la guida di Ansar al-Sharia. “I libici sono arrivati in Siria pesantemente armati dall’inizio del conflitto. Insieme ai ceceni, hanno costituito una vera e propria forza d’urto per i ribelli”, ha detto una fonte della sicurezza nella regione. Solo l’Algeria sembra essere stata risparmiata da questa ondata di partenze: se nel settembre 2013 si contavano meno di 30 algerini in Siria, oggi sono circa 200, tre volte meno dei francesi, stando a quanto riferito dai consulenti per la sicurezza del gruppo americano The Soufan Group. Per raggiungere la Siria, alcuni volavano a Istanbul dall’aeroporto di Bengasi (oggi chiuso), dove riuscivano ad avere passaporti falsi; oggi si imbarcano sulle navi al porto di Brega diretti in Turchia o in Libano. “Oggi, con la disintegrazione dello Stato libico, l’est e il sud del Paese rappresentano l’hub della jihad regionale in Siria, in collegamento diretto con lo Stato islamico”, ha confermato un agente libico.

Oltre 2.300 persone sono rimaste uccise in Siria solo durante il mese sacro di Ramadan, che – iniziato il 28 giugno – è terminato domenica scorsa per lasciar posto alle celebrazioni dell’Eid al-Fitr. Lo denuncia la Rete siriana per i diritti umani, che afferma di aver documentato la morte durante il Ramadan di 2.378 persone, almeno 1.932 delle quali – secondo l’organizzazione – sarebbero state uccise dalle forze fedeli al presidente Bashar al-Assad, compresi 350 donne e bambini. Stando all’organizzazione, le cui notizie non possono essere verificate in modo indipendente, i miliziani dello ‘Stato islamico dell’Iraq e del Levante’ (Isil) sarebbero responsabili dell’uccisione di almeno 273 persone, compresi 62 civili e 21 donne e bambini.

Sarebbero oltre mille, un centinaio dei quali americani, i cittadini provenienti da paesi occidentali che hanno seguito un periodo di addestramento da parte di gruppi estremisti in Siria. La cifra, una stima delle agenzie di intelligence e di sicurezza, è considerata tuttavia approssimativa per difetto, come riconosciuto recentemente da Matthew Olsen, direttore del Centro antiterrorismo nazionale americano. A citarlo è il New York Times che dedica un articolo a questo tema, partendo dal caso specifico di un ragazzo cresciuto in Florida e che a maggio si e’ fatto saltare in aria a bordo di un camion carico di esplosivi lanciato contro un ristorante nel nord della Siria. Un giovane di 22 anni, di padre palestino-americano, che – è stato scoperto successivamente – dopo aver ricevuto l’addestramento in Siria era rientrato per alcuni mesi negli Stati Uniti prima di lasciare il paese per l’ultima volta.

Il caso del giovane ben riflette le difficoltà che le forze dell’ordine incontrano nel cercare di identificare gli occidentali che si ritiene siano stati addestrati dai militanti islamici ed il cui possibile ritorno nei paesi di origine, in Europa o negli Stati Uniti, è visto come una minaccia.  I responsabili della sicurezza negli Stati Uniti avevano avuto alcune indicazioni di un viaggio del ragazzo in Siria la prima volta che era partito ma nulla sapevano del periodo di addestramento in un campo del Fronte Al-Nusra, ritenuto legato ad Al Qaeda. Solo al momento del suo secondo viaggio sono venuti a conoscenza delle sue intenzioni di compiere un attacco, però poco prima che questo avvenisse. A fare luce sulle motivazioni che lo hanno spinto a dare la sua vita per la jihad è stato lo stesso 22enne in un video diffuso da al-Nusra in cui il ragazzo, dopo aver stracciato e dato fuoco al suo passaporto americano – spiega di aver raggiunto la Siria attraverso la Turchia e dice di non essere mai stato felice negli Stati Uniti e di aver vissuto in Siria una vita di gran lunga migliore di quanto sperimentato prima.

con fonti TMNews e ADNkronos

Foto: Asianew. Reuterss

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