L’F-35 resta di nuovo a terra

Nuovo stop ai voli (il quinto ormai, dal primo del marzo 2011) per la flotta di F-35 a causa di presunti problemi al motore Pratt & Whitney F-135 o comunque a impianti e accessori preposti al suo funzionamento. Stavolta il propulsore dello stealth di Lockheed Martin e la parte posteriore della fusoliera che ne alloggia gli elementi terminali hanno addirittura preso fuoco, con relativa semina di pezzi incandescenti sulla pista della base aerea di Eglin, dove si è verificato il nuovo incidente. Nella nota diramata il 3 luglio dal suo addetto stampa viceammiraglio John Kirby, il Pentagono motiva il nuovo fermo col fatto che le prime indagini avviate il giorno stesso dell’incidente, lunedì 23 giugno (a soli 10 giorni dal precedente fermo-flotta dovuto a una perdita di olio in volo), non hanno dato risultati soddisfacenti, e prima di riprendere le operazioni occorre attendere l’esito di nuove ricerche sulla causa dell’incendio. Cause che a tutto il 4 luglio i tecnici non sapevano ancora se addebitare a difetti di assemblaggio dell’esemplare interessato o a più preoccupanti problemi di progettazione.

Il caccia stealth di Lockheed Martin, si sa, soffre un po’ il caldo. Le parti interne dei due piani di coda orizzontali hanno dovuto essere modificate perché col postbruciatore in funzione si carbonizzavano. I circuiti idraulici di raffreddamento che avvolgono la cellula dell’aereo, alimentati con il cherosene JP-8 che serve al funzionamento stesso del motore, hanno già accusato varie noie. Per garantire la stealthness,  le superfici di rivestimento dell’F-35 non hanno le consuete aperture e prese d’aria esterne per il raffreddamento degli equipaggiamenti elettronici e di quant’altro. In più, all’interno del propulsore F-135 costruito dalla Pratt & Whitney  (circa 29 milioni di dollari al pezzo) si sviluppano temperature altissime,  le più elevate – riporta il settimanale specializzato inglese “Flight International” – mai registratesi sui turbofan (il turbofan e un motore a reazione a doppio flusso di scarico, uno caldo centrale e uno freddo periferico al primo). Le problematiche della dissipazione del calore interno del Joint Strike Fighter sono poi strettamente legate alla sua rilevabilità da parte dei sensori all’infrarosso, una questione a quanto si sa ancora tutta aperta, nonostante gli sforzi dei progettisti di mascherare il più possibile l’impronta di calore del velivolo proprio nella sua zona posteriore.

L’F-35 sembrerebbe però soffrire anche il freddo. In Canada sono preoccupati perché  sistemi ed equipaggiamenti avrebbero avuto qualche problema di funzionamento a partire dai 15 gradi sottozero, una temperatura normale di notte nel paese nordamericano.  Obbligatorio quindi ricoverare gli aerei in hangar, sottraendo così spazio alle operazioni di manutenzione.

Le ripetute sospensioni delle operazioni di volo degli F-35 dovute ai guai del motore riportano di attualità ciò che una cospicua parte del Congresso americano, dei militari e degli osservatori aveva denunciato dopo che per il Fiscal Year 2012 il presidente Barack Obama aveva negato i fondi per completare lo sviluppo di un secondo modello di motore per il JSF, quel General Electric/Rolls-Royce F-136  – più prestante dell’F-135 –  al cui programma tra l’altro la italiana Avio avrebbe partecipato con quote di lavoro e ritorni tecnologici più significativi: come fu fatto col programma F-16, la realizzazione non di uno ma di due modelli di propulsore per l’F-35, non già in competizione fra loro ma piuttosto perfettamente intercambiabili (se uno ha dei problemi c’è subito disponibile l’altro), avrebbe dato maggiori garanzie di sicurezza e prontezza operativa delle flotte di F-35.

I risparmi che l’amministrazione USA pensava di ottenere rinunciando a un motore alternativo a quello di Pratt & Whitney potrebbero ora essere (almeno in parte) vanificati dal dover fronteggiare i costi aggiuntivi che una messa a punto efficace e sicura dell’F-135 imporrà, e dallo stesso regime di monopolio (sui prezzi e in generale sull’intero programma di forniture) di cui un unico motorista può godere.

Foto: Lockheed Martin

Silvio Lora LamiaVedi tutti gli articoli

Nato a Mlano nel 1951, è giornalista professionista dal 1986. Dal 1973 al 1982 ha curato presso la Fabbri Editori la redazione di opere enciclopediche a carattere storico-militare (Storia dell'Aviazione, Storia della Marina, Stororia dei mezzi corazzati, La Seconda Guerra Mondiale di Enzo Biagi). Varie collaborazioni con riviste specializzate. Dal 1983 al 2010 ha lavorato al mensile Volare, che ha anche diretto per qualche tempo. Pubblicati "Monografie Aeree, Aermacchi MB.326" (Intergest) e con altri autori "Il respiro del cielo" (Aero Club d'Italia). Continua a occuparsi di Aviazione e Difesa.

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