Obama ha fretta di concludere l'intervento in Iraq

Per ora bastano i raid aerei, per giunta limitati. Dopo aver inviato forze speciali e unità di “Marine Recon” in ricognizione nelle montagne del Sinjar per avere un quadro più concreto della situazione dei profughi yazidi  nel nord dell’Iraq, il presidente Barack Obama ha sostenuto che l’azione degli aerei statunitensi ha contribuito a “rompere l’assedio sul monte Sinjar”, cosa che non rende più necessario “un piano di evacuazione” della popolazione yazida minacciata dai jihadisti. Interrompendo le sue criticate vacanze  a Martha’s Vineyard (“il mondo brucia e lui va in vacanza“ titolava giorni or sono il Washington Post) Obama ha escluso il 14 agosto l’ipotesi di una missione di salvataggio, ventilata negli ultimi giorni, precisando che i raid contro i jihadisti dello Stato islamico (Isis) continueranno “per proteggere la popolazione e il nostro personale. Abbiamo rotto l’assedio, abbiamo aiutato persone vulnerabili a salvarsi e abbiamo aiutato molte vite innocenti” ha assicurato il presidente Usa. “La situazione è migliorata, abbiamo compiuto progressi negli aiuti umanitari alla popolazione intrappolata sul monte Sinjar grazie alla competenza e alla professionalità dei nostri militari. Gli americani dovrebbero essere molto orgogliosi dei nostri sforzi”.

Obama ha spiegato che gli aiuti paracadutati ai profughi hanno consentito anche di far arrivare 114mila pasti e 140mila litri di acqua agli yazidi.  “Grazie a questi sforzi, non prevediamo di condurre ulteriori operazioni per far evacuare queste persone dal monte Sinjar ed è improbabile che si debba continuare con gli aiuti umanitari”, osserva il presidente. A conferma delle sue parole, Obama annuncia che le truppe speciali americane – un centinaio tra marine e commando delle forze speciali – sbarcate ieri sul monte Sinjar, lasceranno il Paese “nei prossimi giorni”.

Obama, dunque, sembra mantenere fede a quanto dichiarato subito dopo l’inizio delle incursioni contro lo Stato Islamico ‘Isis: “non c’è una soluzione militare Usa” alla crisi in Iraq, “non manderemo truppe di terra a combattere”. Nella conferenza stampa a Martha’s Vineyard, il presidente torna a esortare d’altra parte gli iracheni a “cogliere l’enorme opportunità di formare ora un governo” aperto a tutte le componenti etnico-confessionali del Paese.

Dicendosi “moderatamente speranzoso” che questo possa avvenire davvero. In realtà anche il nuovo premier scita Haidar al-HAbadi non sembra aver molte possibilità di formare un governo che includa in modo rappresentativo i sunniti confluiti in massa nella rivolta al fianco degli islamisti e che in questo momento  hanno ripreso il controllo pieno dei loro territori grazie all’offensiva dello Stato Islamico.

Nell’ultimo mese Washington ha consegnato alle forze di Baghdad  15 milioni di munizioni Iraq,  10 mila proiettili d’artiglieria e migliaia di missili terra-aria Hellfire statunitensi alle forze irachene confermando inoltre che dodici piloti iracheni stanno ultimando l’addestramento sui caccia-bombardieri F-16 che cominceranno ad essere operativi in Iraq da ottobre. Una fonte statunitense ha inoltre affermato che Washington ha “raddoppiato la dimensione dell’intelligence dopo l’offensiva dello Stato islamico”.

Il SAS in Iraq da inizio luglio
Intervento diretto anche per le forze speciali britanniche. Il Regno Unito ha dispiegato unità del SAS  nel nord dell’Iraq dove migliaia di civili sono rimasti bloccati in una zona montagnosa a causa dell’avanzata dei miliziani islamisti.

L’inviata britannica per il commercio in Iraq, Emma Nicholson, ha precisato che le unità dello Special Air Service stanno collaborando con i militari statunitensi per raccogliere informazioni ma ha ammesso candidamente che sono in Iraq da circa sei settimane.
In pratica Londra ha le sue forze speciali a Baghdad e dintorni fin dall’inizio dell’offensiva dello Stato Islamico su Mosul.  Un portavoce della Difesa ha risposto che il ministero non commenta le operazioni delle forze speciali. Londra ha già inviato aerei cago C-130J ed elicotteri nella regione per distribuire aiuti umanitari per complessive  48 tonnellate di acqua potabile, migliaia di potabilizzatori, oltre mille lampade a energia solare in grado anche di ricaricare i telefoni cellulari oltre a un migliaio di ripari per proteggersi dal caldo, con temperature che superano spesso i 40 gradi. La Royal Air Force  ha anche schierato bombardieri Tornado nella base cipriota di Akrortiry per ora solo con compiti di ricognizione.

Lo sforzo europeo
Sull’onda dell’intervento statunitense anche l’unione europea ha mobilitato una piccola missione di supporto umanitario. La Germania ha messo in campo 4 aerei Transall che hanno portato a Erbil 36 tonnellate di aiuti umanitari ed equipaggiamento militare non letale ai combattenti curdi (radio, giubbotti antiproiettile, ecc). In un’intervista alla Hannoversche Allgemeine Zeitung, il cancelliere tedesco Angela Merkel non ha escluso la possibilità di consegnare anche armi ai combattenti curdi iracheni “in caso di bisogno” benché un sondaggio dell’istituto Emnid diffuso dalla rete tv N24, il 71% dei tedeschi è contrario alla consegna di armi ai combattenti curdi.
In azione da oggi anche  un C-130J italiano di cui il Ministero della Difesa ha autorizzato 6 voli per la distribuzione attraverso l’Unicef di 36 tonnellate di acqua, 14 tonnellate di biscotti proteici, 200 tende da campo e 400 sacchi a pelo. Il piano prevede due voli il 16 agosto per la consegna a Erbil di 20 tonnellate di acqua e 8 di biscotti, un volo il 17 agosto (10 tonnellate di acqua e 4 di biscotti), un volo il 18 agosto (6 tonnellate di acqua e 2 di biscotti), un volo il 19 agosto (100 tende e 200 sacchi a pelo) e un volo il 20 agosto (100 tende e 200 sacchi a pelo). La nuova operazione fa seguito agli stanziamenti già disposti nelle ultime settimane per aiuti di emergenza: 980mila euro all’Organizzazione Mondiale della Sanità, Programma Alimentare Mondiale e Unicef, e 1 milione di euro per attività organizzate sul posto da organizzazioni non governative italiane in raccordo con l’ambasciata italiana a Baghdad.

La Francia ha invece mobilitato aiuti umanitari e forniture belliche Le armi che la Francia fornirà ai curdi iracheni “rispondono ai bisogni urgenti dei curdi”, “sono armi sofisticate e verranno consegnate in queste ore” ha annunciato ieri il ministro degli Esteri Laurent Fabius, precisando che “l’obiettivo è di riequilibrare le forze” perché i terroristi “possiedono armi sofisticate”.
Come previsto il via libera della Ue alla fornitura di armi ai peshmerga curdi non sembra assumere dimensioni tali da risultare influente sulle operazioni belliche in atto.

Stato Islamico ancora all’offensiva
Sul fronte militare lo Stato Islamico sta ammassando le proprie milizie intorno a Qara Tappa, località della provincia di Ninive nell’Iraq settentrionale che appare intenzionato a espugnare: lo hanno riferito fonti delle forze di sicurezza irachene, secondo cui l’obiettivi primario dei jihadisti sarebbe quello di “ampliare il fronte con i peshmerga”, i combattenti curdi che stanno cercando di fermarne l’offensiva ma che, nonostante i raid aerei americani in loro appoggio, dopo un’iniziale controffensiva favorevole sembrano adesso costretti di nuovo sulla difensiva.

L’eventuale presa di Qara Tappa permetterebbe agli estremisti di conquistare uno snodo nevralgico nell’area: la cittadina si trova infatti 122 chilometri a nord di Baghdad, una cinquantina a ovest di Erbil, capitale della regione autonoma del Kurdistan, e appena una decina di chilometri a sud-est di Mosul. Alcune incursioni aeree statunitensi nel settore della diga di Mosul sul fiume Tigri, segnalate dall’agenzia di stampa curda Rudaw citata dalla Cnn, inducono a ritenere plausibile  un’operazione militare congiunta delle forze americane, irachene e curde per riconquistare l’infrastruttura strategica. L’operazione prevedrebbe raid aerei americani e iracheni contro postazioni dei jihadisti, seguiti dall’intervento sul terreno delle truppe irachene e curde.

La necessità di sfuggire ai raid mirati americani avrebbe indotto il “Califfo” Abu Bakr al-Baghdadi a rifugiarsi in Siria, lo ha scritto il quotidiano panarabo edito a Londra ‘al Sharq al Awsat’ citando un funzionario curdo. Un dirigente del partito democratico del Kurdistan (Pdk), Said Mmousine, della provincia di Ninive ha riferito che “secondo le nostre fonti di intelligence al-Baghdadi ha lasciato nei giorni scorsi Mosul, con un convoglio composto da 30 veicoli Hummer, dirigendosi verso la Siria (probabilmente a Raqqa, “capitale” dello Stato Islamico) per il timore di essere obiettivo dei caccia americani, soprattutto dopo che la sua organizzazione ha perso un gran numero di comandanti nelle battaglie contro i peshmerga”. L’unica apparizione pubblica di Baghdadi risale al primo venerdì da ‘califfo’, il 4 luglio scorso, quando ha tenuto un sermone nella Grande moschea di Mosul.

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha adottato oggi all’unanimità una risoluzione volta a ostacolare il reclutamento e il finanziamento dei jihadisti dello Stato islamico attivi in Siria e in Iraq. Il Consiglio Onu ha aggiunto i nomi di sei leader islamici, provenienti da Kuwait, Arabia Saudita e altre nazioni, nella lista delle sanzioni adottate contro i miliziani di al Qaida; le sanzioni prevedono embargo sulle armi, congelamento di beni e divieto di viaggio. Tra le sei persone prese di mira figurano leader di al-Qaeda, accusati di aver finanziato il Fronte al-Nusra in Siria, e Abu Mohammad al-Adnani, portavoce dei jihadisti dello Stato islamico.

Foto: US DoD, UK MoD, Reuters. EPA

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