Qualche preoccupazione strategica per il Mar Nero

Dando una frettolosa occhiata ad una cartina del Mar Nero l’idea che se ne fa un lettore è quella di trovarsi di fronte ad un grande lago incuneato tra l’Europa Balcanica e l’Asia Caucasica.
Anche i recentissimi casi, non sempre perfettamente documentati dai mass-media, della “guerra” tra Ucraina e Russia non hanno portato ad un vero dibattito strategico sull’importanza di questo mare, se non per considerare la necessità di mantenere in funzione e possibilmente sviluppare ancora la vasta rete di trasporto degli idrocarburi che dall’Asia ex sovietica raggiungono l’Europa Occidentale. Con una superficie di circa 448.000 kmq (compreso il Mar di Azov) questa distesa d’acqua non è certo piccola, il Ponto Eusino come lo chiamavano i Greci ha una storia antica e ricchissima con episodi mitologi e storici che fanno ormai parte della cultura sia del Mondo Occidentale che di quello Bizantino-russo.

Ma non interessandoci le leggende, veniamo alla strategia marittima. La carta ci dice due fondamentali realtà geopolitiche: nel Mar Nero si entra solo se lo permette chi ne possiede la porta (gli Stretti Turchi) e che l’intera area è geostrategicamente dominata dalla penisola di Crimea, oggi tornata ad essere russa. Un rapido sguardo alla composizione delle Forze Navali delle Nazioni che si affacciano su questo mare ci consente un’analisi più accurata dei cosiddetti “fattori di potenza”. La Marina Bulgara con l’entrata del Paese nell’organizzazione atlantica (2004) ha acquisito due fregata di origine belga abbastanza datate, ma efficienti, ha dovuto però mantenere in inventario corvette, moto missilistiche e dragamine di origine sovietica, chiaramente obsolete, comunque la partecipazione convinta alle esercitazioni NATO ne ha certamente migliorato l’addestramento.

Si tratta pur con l’occidentalizzazione in corso di una Forza Navale votata al solo local sea control. Qualcosa di simile può esser detto della Marina Rumena, che ha in servizio due buone fregate da 4.800 t ex britanniche, ma anche una decina di unità pur costruite nei suoi cantieri abbastanza anziane e tipiche delle nazioni del Patto di Varsavia. Per la Romania è interessante vedere come abbia mantenuto una discreta forza fluviale di cannoniere per il controllo del tratto meridionale del Danubio.

Dopo i recenti avvenimenti la Marina Ucraina non solo ha perso alcune sue discrete unità, ma ha avuto anche una preoccupante defezione di personale, che ha optato per la Russia. Senza la grande base di Sabastopoli tornata definitivamente in mano russa il futuro strategico di questa nazione, in campo marittimo, sembra legato solo ad un possibile aiuto dell’Occidente. La Marina Georgiana ( e la sua Guardia Costiera) dopo il confronto di qualche anno fa con la Flotta del Nero della Russia è praticamente inesistente.

Le due “potenze navali” dell’area sono quindi  la Turchia e la Russia. La prima nazione ha sviluppato dell’ultimo decennio una Marina, che è considerata tra le prime dodici del mondo, ed i cui punti di forza sono le sue 19 fregate ed i suoi 14 sommergibili, unità moderne ed efficienti, che se pur non tutte impiegabili in Mar Nero, visti gli obiettivi politici neo-ottomani di Ankara, garantiscono ai turchi un elevato grado di sea control.

Anche la Flotta del Mar Nero della Federazione Russa nonostante non sia più quel temibile strumento militare dell’era sovietica è una forza navale di tutto rispetto dotata di unità molto significative ed inoltre in fase di potenziamento con modernissime corvette della classe “Admiral Grigorovich”. Avendo una buona Aviazione Navale e consistenti reparti di Fanteria di Marina ci sembra che nel teatro di nostro interesse oltre al sea control la Russia possa esercitare anche alcune forme di power projection ashore abbastanza importanti.

Nell’ultimo anno pur rispettando (quasi sempre) le penose condizioni imposte dalla Convenzione di  Montreux alcune unità della NATO hanno mostrato bandiera in Mar Nero scatenando spesso la reazione di Mosca, ma a chi scrive non pare che oltre all’obiettivo diplomatico e di raccolta intelligence si possa parlare di affermazione reale di un potere marittimo nell’area. Non va comunque dimenticato che il Mar Nero geostrategicamente fa parte del cosiddetto Mediterraneo Allargato e che l’ingresso di alcune nazioni rivierasche nell’Alleanza ha considerevolmente allargato verso Est i confini della NATO anche dal punto di vista marittimo.

In questo campo il futuro non ci sembra molto chiaro e neppure il recentissimo convegno in Galles ci sembra aver portato nuove idee.
In conclusione l’antico Ponto Eusino dal punto di vista della strategia marittima è ancora una volta un’area di confronto conflittuale, che dobbiamo studiare meglio come zona geopolitica di “cerniera” affrontandone con chiarezza le preoccupanti mutazioni. Sebastopoli, la città degli storici assedi, è tornata russa e questo mi pare abbia cambiato gli equilibri della zona.

Foto: RIA-Novostial, Viktor Drachev/AFP/Getty Images , AP

Pier Paolo RamoinoVedi tutti gli articoli

L'ammiraglio Ramoino è Vice Presidente del Centro Universitario di Studi Strategici e Internazionali dell'Università di Firenze, Docente di Studi Strategici presso l'Accademia Navale di Livorno e cultore della materia presso la Cattedra di Storia delle Relazioni Internazionali dell'Università Cattolica del S. Cuore a Milano. Dal 1982 a tutto il 1996 ha ricoperto le cattedre di Strategia e di Storia Militare dell'Istituto di Guerra Marittima di Livorno, di cui è stato per dieci anni anche Direttore dei Corsi di Stato Maggiore. Nella sua carriera in Marina ha comandato diverse unità incluso il caccia Ardito e l'Istituto di Guerra Marittima.

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