Il contrammiraglio Rando: In Somalia sconfitti i pirati

di Francesco Bussoletti (il Velino – AGV)

In Somalia e nelle acque del Golfo di Aden la comunità internazionale sta sconfiggendo la pirateria. “Dall’assunzione del mio incarico di force commander della forza navale europea per l’Operazione Atalanta (6 agosto 2014), non si sono verificati attacchi o incidenti riconducibili al fenomeno della pirateria – lo ha spiegato al VELINO il contrammiraglio Guido Rando, a capo delle unità militari Ue dell’operazione Atalanta -. La sorveglianza assicurata dalle forze navali di diversi paesi/coalizioni è stata continua nelle aree considerate tradizionalmente ‘terreno di caccia’ dei pirati, quali il Golfo di Aden e le coste somale dell’Oceano Indiano”. Per quanto riguarda la situazione “sul campo”, l’alto ufficiale conferma che “al culmine del fenomeno, a gennaio 2011, erano tenuti in ostaggio nell’area del bacino somalo 736 persone e 32 mercantili a fini di riscatto.

Oggi la situazione è di gran lunga migliore, e dopo la recente liberazione di sette ostaggi indiani trattenuti dai loro sequestratori per oltre quattro anni, rimangono attualmente nelle mani dei pirati somali 30 persone e nessuna nave in grado di prendere il mare (alcune imbarcazioni sequestrate e rimaste per anni sotto controllo dei pirati all’ancora davanti alle coste somale senza alcuna manutenzione, sono affondate o andate in secca, e vengono oggi classificate come relitti) .

La significativa riduzione del fenomeno della pirateria a partire dalla fine del 2011 – ha sottolineato Rando (a sinistra nella foto qui accanto)  -, è dovuta ai successi conseguiti negli ultimi anni e ai concomitanti effetti di diversi fattori, tra i quali citerei in primis lo sforzo esercitato dalla Forza Navale Europea in coordinamento con gli altri dispositivi aeronavali di coalizione (Nato, Cmf) o dei cosiddetti ‘Indipendent Deployers’ (ID: Cina, India, Russia, Giappone, Corea del Sud)”.

Gli ID sono “coinvolti nella lotta alla pirateria, alla maggiore consapevolezza del rischio da parte dei mercantili in transito con conseguente adozione delle ‘Best Management Practices’ (misure di autoprotezione delle navi, quali barriere di protezione, cittadella, personale di sicurezza imbarcato, l’assunzione di rotte e velocità più sicure, quali ad es. navigare più lontani dalla costa somala, etc.) suggerite dall’Imo, dal Mschoa e dalle principali associazioni degli armatori e dell’industria marittima, nonché da un più efficace controllo del territorio e contrasto alle organizzazioni criminali da parte delle autorità somale.

Come parte del cosiddetto ‘comprehensive approach’ dell’Unione Europea nel Corno d’Africa – ha proseguito il contrammiraglio -, nel corso delle visite ai porti dell’area, le Unità della EU Naval Force assistono i teams dell’EU Cap Nestor (missione civile dell’Unione Europea impegnata nelle attività di ‘Capacity Building’ nell’area) nell’addestramento delle forze navali regionali, con l’obiettivo di assistere le marine, le guardie costiere e le forze di polizia locali a incrementare le loro capacità marittime nella lotta alla pirateria.

Oltre all’azione di deterrenza esercitata con la presenza di navi e aerei militari nell’area, un’altra importante attività, finalizzata alla raccolta di informazioni utili alla comprensione del ‘pattern of life’, ossia le normali attività sociali ed economiche svolte dalle popolazioni costiere e alla manifestazione della nostra presenza quale forza amica votata alla protezione degli onesti marittimi e pescatori minacciati dai pirati – ha aggiunto il Force Commander -, è quella svolta nell’ambito dei cosiddetti ‘Friendly approaches’, ossia le visite concordate in mare su imbarcazioni e pescherecci locali”.

“L’apparente inattività dei pirati somali è ovviamente accolta con molto favore, ma tutti noi dobbiamo rimanere vigili e consapevoli che non è il caso di abbassare la guardia o autocompiacersi dei propri meriti nel successo dell’attività antipirateria. Purtroppo i pirati non sono scomparsi, solo pochissimi dei leader storici della pirateria somala sono stati arrestati e condannati, e il modello di organizzazione criminale creato da loro si è evoluto, consolidato e diventato più sofisticato nel corso degli anni, con diversi attori che si avvantaggiano dell’attività criminale quali basisti, sponsor, finanziatori, intermediari, interpreti, guardiani, ed infine i pirati veri e propri, in genere giovani senza né arte né parte se non la mancanza di prospettive e la disponibilità a rischiare la vita per qualche migliaio di dollari, tale è il premio per il primo che riesce ad abbordare il malcapitato obiettivo in navigazione”.

Non mancano comuncque le difficoltà. “Le principali sono legate alla dimensione dell’area di operazione (pari ad una volta e mezzo l’intera Europa continentale) a fronte del limitato numero di mezzi, navi ed aeromobili a disposizione della forza per svolgere le attività tattiche. Qualcuno, in passato – ha detto l’alto ufficiale -, ha calcolato che per poter sorvegliare con continuità tale area con navi da guerra ed aeromobili il numero di assetti necessario sarebbe dell’ordine di qualche centinaio. Ovviamente nessun paese al mondo né coalizione avrebbe la possibilità di impegnare un così elevato e costoso dispositivo.

Per far fronte a tale criticità esiste un efficace coordinamento tra le tre principali coalizioni antipirateria, Task Force 465, 508 e 151 (rispettivamente Unione Europea, Nato e Combined Maritime Force), che assegnano i compiti alle rispettive unità in funzione di priorità delle aree da sorvegliare o navi da proteggere, basandosi sulle informazioni in possesso e sul supporto disponibile anche da parte di altre forze o coalizioni (ad esempio i citati ID), con i quali è in atto un’efficace coordinamento e condivisione delle informazioni”.

Per l’Italia partecipare alla missione è molto importante. “Il Golfo di Aden e l’Oceano Indiano sono un’area strategica per il Paese, con migliaia di mercantili che transitano per l’HRA trasportando beni da e per l’Italia – ha affermato Rando -. Una buona parte della prosperità economica è legata alla libertà di navigazione nei chock point strategici come il canale di Suez, il Mar Rosso collegato al Golfo di Aden tramite lo Stretto di Bab El Mandeb, l’accesso al Golfo Persico tramite lo Stretto di Hormuz.

E’ di tutta evidenza come lo strozzamento o l’interdizione di uno di questi passaggi obbligati per le merci e le materie prime in transito da e per il Mediterraneo sarebbe catastrofico non soltanto per il nostro paese, ma per l’intera economia mondiale. L’Italia è parte dell’Europa e il problema della pirateria marittima nel bacino somalo è un problema europeo, così come su più ampia scala è un mondiale. Crediamo fortemente che problemi internazionali come questo – ha aggiunto il contrammiraglio – debbano essere combattuti unendo le forze e con il contributo ed il consenso dell’intera comunità internazionale.

Un altro ruolo chiave per l’EU Naval Force è la protezione delle unità appartenenti al World Food Programme (Wfp) che caricano aiuti alla popolazione somala. Grazie allo sforzo dell’Unione Europea molte migliaia di vite sono state salvate: ricordiamoci che le vittime dei pirati e di tutte le altre organizzazioni criminali sono sempre i più poveri, deboli, indifesi, come le centinaia di migliaia di profughi costretti a lasciare le loro case per sfuggire alle violenze, alle guerre, alle carestie, che regolarmente si abbattono su un’area già colpita da tante calamità.

Per tutte queste ottime ragioni l’Italia sin dall’avvio dell’operazione Atalanta nel dicembre 2008 è stata tra i protagonisti, contribuendo a Eunavfor con unità navali ed elicotteri e personale assegnato all’OHQ di Northwood”.

Per tre volte il nostro paese ha “assunto il comando dell’operazione e ha fornito la Flagship, ruolo attualmente assegnato al cacciatorpediniere Andrea Doria, una delle navi più moderne della Squadra Navale – ha detto Rando.

Attualmente, Atalanta può contare su cinque navi dislocate in area (oltre alla flagship Andrea Doria, la fregata spagnola Navarra, la belga Leopold I, l’olandese Van Speijk e la tedesca Luebeck), due velivoli ad ala fissa (uno tedesco e uno spagnolo) e un velivolo a pilotaggio remoto dell’Aeronautica militare italiana destinati alla sorveglianza ed al riconoscimento di attività sospette riconducibili al fenomeno della pirateria.

Il Predator A Plus  (foto sopra) italiano ha effettuato oltre 35 sortite per un totale di 290 ore di volo. Come già sottolineato, il numero degli attacchi si è drasticamente ridotto da 176 a soli due nel periodo 2011-2014; inoltre, è significativo sottolineare che – negli ultimi due anni – nessuno dei sopracitati attacchi ha avuto successo. Allo stato attuale, come da statistiche Ue sono state consegnate oltre un milione di tonnellate di aiuti alla popolazione somala da navi Wfp per un totale di 281 unità protette e sono stati arrestati dalle unità Eunavfor e successivamente riconosciuti colpevoli del reato pirateria dall’autorità giudiziaria 128 soggetti”.

Ma anche se la pirateria è stata messa all’angolo, non mancano episodi “a rischio”. “Nel corso di questi primi tre mesi di attività in Eunavfor non si sono verificati episodi di pirateria, ma si assiste a differenti atteggiamenti da parte di chi va per mare in quest’area – ha ricordato il force commander.

In un verso abbiamo riscontrato da parte di qualcuno la totale mancanza di consapevolezza del rischio tuttora presente, per quanto mitigato dalla nostra presenza: mi riferisco, in particolare, alla presenza di piccole imbarcazioni a vela e yachts che navigano lungo le rotte del Golfo di Aden o dell’Oceano indiano come se fossero lungo la Costa Azzurra o tra le splendide isole dell’Egeo, trascorrendo una vacanza, spesso in coppia, ma incoscienti anche a fronte delle piccole disavventure che possono capitare per mare: dal motore che smette di funzionare al carburante che si esaurisce lasciando l’imbarcazione alla deriva quando il vento non aiuta”.

“Ci è capitato più di una volta di dover soccorrere questi turisti a volte un po’ imprudenti, anche perché l’esperienza degli incidenti degli anni passati ci insegna che i pirati sono a volte ‘opportunisti’, nel senso che decidono di passare alle vie di fatto solo quando gli si presenta l’occasione: un bersaglio facile, lento o indifeso, quale lo può essere un’imbarcazione a vela alla deriva con un equipaggio di turisti europei, ottima merce da scambiare con organizzazioni criminali più pericolose dedite ai sequestri di persona.

Dall’altro – ha concluso il contrammiraglio Rando -, abbiamo assistito ad atteggiamenti di eccessivo nervosismo o allarmismo da parte di mercantili che spesso hanno scambiato ‘innocenti”’pescatori o contrabbandieri per pirati, lanciando l’allarme e chiedendo il nostro intervento, puntualmente assicurato, salvo poi a scoprire trattarsi appunto di falsi allarmi: anche in questo è risultata preziosa la conoscenza del ‘pattern of life’ dei pescatori omaniti o yemeniti che inseguono i branchi di tonni sulle loro imbarcazioni veloci, identiche agli skiff usati in passato dai pirati somali, e incuranti delle navi mercantili nelle vicinanze delle quali incrociano la rotta anche a breve distanza (rischiando anche di essere bersaglio dei tiri di avvertimento da parte delle guardi armate presenti a bordo di qualche mercantile)”.

Foto: Marina Militare, Royal Navy, Eunavfor Atalanta, Aeronautica Militare

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