Strage di Tunisi: assalto alla democrazia

Il 18 marzo 2015 tre attentatori hanno compiuto una strage nel museo del Bardo di Tunisi, ove era in corso una visita guidata di croceristi stranieri, fra i quali molti europei. L’evento ha causato 27 morti, di cui 4 italiani e numerosi feriti.
Molti si sono chiesti se l’obiettivo principale dei terroristi fosse quello di colpire turisti italiani e varie sono state le risposte affermative, che vanno dal dissuadere l’Italia da un suo possibile impegno in Libia, al designare la Tunisia come Paese economicamente e politicamente importante per l’Italia e quindi a considerare l’evento come un attacco trasversale.
Nel dominio dell’Intelligence tutto è possibile, ma ciò che assume rilevanza sono solo le ipotesi più probabili che possono fornire una chiave di lettura di un certo spessore.

Abbiamo già ipotizzato su queste pagine che l’ISIS non nasce improvvisamente ma è un virus che ha almeno un sei anni di incubazione (2006-2012), ed appare alla ribalta nel 2012, quando è entrato nel contezioso siriano al fianco di al-Nusra. Successivamente ha proseguito da solo la sua strada attirando nella sua orbita di influenza altre realtà esterne che hanno dichiarato la loro affiliazione all’ISIS, assumendo il nome di “province” dello Stato Islamico.

In particolare il riferimento va alle attività nella “provincia egiziana del Sinai”, alle “province libiche di Barqa, Tripoli e Derna”, per non dire di al Qaeda nel Magreb, di Boko Haram in Nigeria, di Al Qaeda nella penisola arabica, di al Shabab in Somalia, ecc.. Il disegno strategico appare chiaro ed è quello di creare “aree islamiche affiliate” che devono essere progressivamente allargate fino all’unificazione del “Califfato”, secondo il progetto già a suo tempo tracciato da Osama bin Laden e dai suoi sponsor.Siffatte considerazioni inducono a dedurre che le linee guida dell’organizzazione sono oculatamente dirette da una ben orchestrata regia.

Infatti, la rivendicazione dell’ISIS non si è fatta attendere: «Quello che avete visto a Tunisi è solo la prima goccia di pioggia. …I miliziani del Califfato hanno ucciso e ferito decine di crociati e apostati in Tunisia, portando il terrore nei cuori dei miscredenti” è stato scritto su Twitter. E “Ifriqiyah Media”, altro blog estremista ha rincarato la dose definendo l’azione «troppo semplice» e invitando i “combattenti tunisini” a colpire i visitatori stranieri in ogni parte del Paese.

Questo “proclama” non fa che ripetere e sottolineare il programma già enunciato nel settembre del 2013 con il quale al Zawahiri, invitava i giovani a compiere attacchi “qua e la”, prevalentemente interpretato come carenza di strategia di al Qaeda, ormai alla fine. In verità le esortazioni del nuovo leader costituivano uno scaltro cambiamento strategico, che trasferiva la conflittualità terroristica all’interno dei Paesi occidentali.
Le indagini delle Autorità tunisine indicano che gli attentatori uccisi – muniti di armi sofisticate e di cinture esplosive -appartenevano a gruppo vicino all’Isis e facevano parte del gruppo tunisino Katibat Okba Ibn Nafaa, che avrebbe dichiarato da pochi mesi, fedeltà allo Stato Islamico dopo essere stato legato ad al Qaeda nel Maghreb islamico.

Il massacro è stato celebrato sul web da siti riconducibili allo Stato Islamico nei quali sono corsi, on line, vari messaggi già prima dell’attentato e fra questi uno del 15 marzo, di un miliziano che da Raqqa, in Iraq, ha scritto ai jihadisti tunisini: «Cosa state aspettando?». «Restate in attesa di magnifiche notizie riguardo cose che recheranno gioia a voi e ai musulmani in generale.». Sembra, inoltre, che sugli stessi siti, da tempo, ad opera di jihadisti e sostenitori dell’ISIS venisse sollecitato un attacco in Tunisia a nome del gruppo.

Ci sono state delle lacune nella sicurezza che hanno facilitato l’attacco al museo del Bardo…. La polizia e l’intelligence non hanno garantito la sicurezza del museo,… pur se hanno risposto in modo molto efficace, neutralizzando i terroristi prima che azionassero le cinture cariche di esplosivo … impedendo che ci fossero decine di morti in più, ha affermato il presidente tunisino Beji Caid Essebsi (foto qui sopra a sinistra).

Ancora una volta vengono riversate sull’Intelligence responsabilità che non ha, perché ha individuato e tenuto sotto controllo il gruppo cui appartenevano i terroristi ma non poteva né non può – in un regime democratico – fare il processo alle intenzioni e privarli della libertà personale. Inoltre l’imprevedibilità dell’azione terroristica e la moltitudine degli obiettivi che possono essere colpiti, sono i fattori di potenza su cui contano i jihadisti, difficilmente prevedibili dall’Intelligence, anche attraverso l’impiego dell’infiltrato, come avvenuto in Francia con il caso Merah (marzo 2012) e Charlie Hebdo (gennaio 2015).

L’evento, inoltre, ha dato spazio ad ampi commenti sul web, per lo più ad opera di fanatismi che propongono il “resettaggio” o lo “smaltimento differenziato” degli islamici senza alcuna distinzione, se non addirittura la loro “sublimazione” mediante ordigni NBC.

Anche le pacate valutazioni del Ministro degli affari Esteri italiano, sen. Paolo Gentiloni e di altri autorevoli giornalisti, sono state oggetto di critiche e di scherni. Il terrorismo è un problema con il quale conviveremo nei prossimi anni, ma lo dobbiamo fare senza isterismi e senza sacrificare le nostre libertà. Noi dobbiamo fare la nostra parte….

Ci vuole vigilanza sulle frontiere, ci vuole controllo anche all’interno, ma dobbiamo farlo senza isteria e senza rinunciare alla nostra libertà……per questa oscena propaganda estremista, Roma è un simbolo, è l’idea dell’occidente che vogliono combattere. Bisogna reagire alla minaccia del terrorismo con la forza della democrazia, ha detto il Ministro Gentiloni.

Le libere espressioni di pensiero “postate” sul web in seguito alle valutazioni  espresse da vari commentatori – politici o giornalisti – si possono ricondurre quasi tutte a: Chi ci va a far la guerra ai “leoni del monoteismo” e ai tagliatori di teste, Lei dott. … e Lei…?, che fate bei discorsi dietro le scrivanie?

Gli italiani sono diventati un popolo imbelle, privo di nerbo, caratterialmente inesistente e trincerato dietro un pacifismo di comodo, tremebondo e salottiero… Al massimo sappiamo esprimere qualche centinaio di mercenari, molto ben pagati, che vanno a fingere di fare “peace keeping”, qua e là nel mondo, al guinzaglio degli americani….e quando gli uomini vestiti di nero attraverseranno il Mediterraneo, tutti faranno a gara per comprarsi il Corano!

Il tenore delle critiche e dei commenti mette in evidenza che il mondo globalizzato, che siamo riusciti a costruire, è incentrato su una libertà contaminata da principi dissacratori in cui la responsabilità, il rispetto delle regole ed i controlli sono solo espressioni verbali evanescenti alle quali non è necessario far corrispondere un adeguato comportamento.

Ne consegue un macroscopico errore ed un ulteriore fattore di disgregazione della società democratica a causa del totale abbandono dei pilastri della cultura occidentale (limite, misura, proporzioni ed armonia), eretti per sfuggire agli arbitrii, agli eccessi, alle esagerazioni ed ai contrasti che conducono verso l’irrazionale ed il disumano.

In pratica, si tende a banalizzare un problema di proporzioni gigantesche che, pur se affonda le sue radici nell’irrazionale, trova la sua giustificazione nei valori, nei sentimenti e nelle emozioni di una cultura diversa che si vede derisa, umiliata e maltrattata da un occidente caduto in un vuoto pneumatico di ideologie e di valori.

Un occidente dedito esclusivamente al conseguimento di fini economici e commerciali, magari anche sfruttando video, foto e comunicati – prodotti abilmente dai jihadisti per una penetrante ed efficace propaganda – riproposti tramite i nostri media, senza rendersi conto che:
–    l’ulteriore ed esponenziale diffusione dei citati messaggi mediatici non solo accresce l’allarmismo fra la popolazione ma si trasforma in uno smisurato e valido fattore di potenza per i terroristi. Essa diventa cassa di risonanza per la loro strategia e per le giustificazioni che adducono nel compimento delle loro efferatezze, amplificandole a livello globale;
–    il terrorismo è una tipica arma per poter distruggere la democrazia. Esso, infatti, difficilmente può essere praticato in regimi dittatoriali o in uno “Stato di polizia”.

L’assalto al Museo del Bardo è un chiaro esempio di “guerra alla democrazia” in quanto lo Stato islamico ha colpito l’unica nazione, la Tunisia, che dopo le varie e sfiorite “primavere arabe” è pervenuta alla formazione di un Parlamento mediante libere elezioni in cui sono confluite, per dialogare, istanze laiche ed islamiche. Tutto ciò a dimostrazione che la democrazia non è un’ideologia, che trova invece la sua giusta collocazione nei partiti politici, bensì quell’insieme di regole (diritti e doveri) valide per tutti, impiegate per la costituzione di un governo e per la determinazione di decisioni politiche vincolanti per l’intera comunità. L

a democrazia si configura non solo nel riconoscimento dei diritti ma soprattutto nel rispetto dei doveri.
Sono le regole che:
–    costituiscono l’essenza delle democrazia e della modernità politica;
–    rendono compatibili dottrine politiche antitetiche;
–    definiscono “procedure universali”, accolte come parametri del gioco politico, per consentire lo svolgimento – libero e pacifico – della competizione politica, necessaria per costituire una società equilibrata.

Sulla base di tali assunti Pericle ebbe a connotare la democrazia come il miglior governo possibile, qualificandola quale mediatrice fra gli interessi pubblici e quelli privati. Per costui, lo Stato democratico si incarica di comporre – in un equilibrio dinamico, ancorché carico di tensione – il mondo discorde e contrastante del privato e dell’economia con quello dell’ armonia e della concordia corrispondente al dominio della “cosa pubblica” e della collettività, per raggiungere un accordo valido ed efficace volto a costruire una società armonica.

Erano queste le finalità con cui la Tunisia ha dato il via al suo “new deal”, per stemperare in un dialogo democratico gli estremismi che caratterizzavano la sua struttura sociale e che le “regie terroristiche” hanno inteso “assassinare” affinché il contagio non si propaghi nel mondo islamico.

La democrazia non ha armi per combattere contro il terrorismo se nei talk show radio-televisivi e sul web si dà spazio solo alla violenza ed alla diffusione di espressioni irrazionali che non pongono alcun limite, suscitando imbarazzanti interrogativi:
–    com’è possibile pretendere da altri di abbandonare l’irrazionalità, rientrando nella logica normalità, quando siamo noi i primi a confinarli in quegli orizzonti?

–    perché viene data ampia ed illimitata diffusione ai comportamenti ed alle azioni alienanti dei terroristi e si trascurano iniziative moderatrici tendenti alla conciliazione, che pure abbiamo sotto i nostri occhi?
Sono interrogativi che impongono come risposta:
–    il rafforzamento e la difesa dei pilastri dettati dal Logos (la Ragione), perché le uniche armi che ha la democrazia per affrontare il terrorismo sono quelle indicate dal Sottosegretario con delega ai servizi segreti, Marco Minniti, che ha attribuito a tutti i cittadini l’importante ruolo di difesa della democrazia. L’esponente politico ha sostenuto che qualunque cittadino italiano – credente o non credente, cristiano o mussulmano – che si accorge di qualcosa di anomalo a scuola, all’università o nel proprio condominio è bene che lo segnali alle Autorità. Sono segnalazioni apparentemente inconsistenti ma che possono invece risultare utilissime.

Infatti, in democrazia, la “vigilanza attiva, attenta e continua” è l’unica arma che aiuta a prevenire la sorpresa e l’imprevedibilità degli obiettivi su cui conta il terrorismo. Non si tratta di instaurare un “regime da Stasi” ma di difendere la libertà e la sicurezza che ciascuno di noi ha costruito con grandi sacrifici;

–    la ricerca e la neutralizzazione – tramite l’Intelligence – delle regie occulte che da “aree sicure” e danarose, adagiate in mollezze da mille e una notte, lanciano verso l’olocausto vite fatte di stenti, appartenenti a persone affamate ed indigenti, spesso addestrate, indottrinate e fanatizzate sin da tenera età, per il conseguimento dei loro fini.

Costoro puntano soprattutto sull’ardore irrazionale di giovani – credenti o meno – sfruttati ed ammassati in ghetti fatiscenti delle metropoli del mondo globalizzato, senza prospettive credibili per un loro futuro.

E’ bene chiarire a questi giovani – costituenti il serbatoio di organizzazioni e movimenti sovversivi – che il ricorso ad estremismi, siano essi politici che fideistici, forse potrà appagare gli aneliti di identità, giustizia sociale, rivalsa e libertà che essi ritengono esclusivi bisogni della loro anima ma non li affrancherà dall’arretratezza economica, né dallo sfruttamento, né dalla miseria, né dalla manipolazione ideologico-fideista che li induce ad abbracciare dottrine folli, mandandoli a morire.

Non è una questione di Islam contro Cristianesimo o di barbarie versus democrazia ma di interessi geopolitici, che stanno dietro a tirare le fila e che qualcuno intende raggiungere mediante l’impiego del terrorismo da strumento rivoluzionario a fattore di potenza strategico, come avvenuto con l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001.

Foto: AFP, AP, Reuters, Getty Images

 

Luciano Piacentini, Claudio MasciVedi tutti gli articoli

Luciano Piacentini: Incursore, già comandante del 9. Battaglione d'Assalto "Col Moschin" e Capo di Stato Maggiore della Brigata "Folgore", ha operato negli Organismi di Informazione e Sicurezza con incarichi in diverse aree del continente asiatico. --- Claudio Masci: Ufficiale dei Carabinieri già comandante di una compagnia territoriale impegnata prevalentemente nel contrasto al crimine organizzato, è transitato negli organismi di informazione e sicurezza nazionali dove ha concluso la sua carriera militare.

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