Gli iracheni strappano Tikrit allo Stato Islamico

Dopo avere annunciato ieri la liberazione di Tikrit dopo un mese di aspri combattimenti per riprendere la città natale di Saddam Hussein occupato l’estate scorsa dalle milizie dell’ISIS, il primo ministro iracheno Haider al Abadi è giunto nella città a nord di Bagdad, capoluogo della provincia di Salahuddine, per celebrare la prima significativa vittoria conseguita dalle forze irachene.

Un’operazione militare pianificata e gestita dalle forze regolari e condotta da circa 30 m ila uomini per due terzi miliziani sciiti delle Brigate Badr affiancate da formazioni tribali sunnite filo governative. “Siamo nel cuore di Tikrit, sottolinea un membro  della milizie irachene.

La città e tutti gli edifici pubblici sono stati completamente liberati”.

Le milizie sciite appoggiate da consiglieri militari dei pasdaran iraniani hanno giocato un ruolo decisivo nella battaglia per isolare la città e poi stanare casa per casa gli ultimi difensori barricatisi in alcuni edifici come la sede del governatorato e l’ospedale principale della città. Sui due edifici è stata ammainata la bandiera dello Stato Islamico e issata quella nazionale irachena.

In realtà sembra che i jihadisti controllino ancora alcune aree di Tikrit, come ha dichiarato Kim Michelsen, portavoce della coalizione a guida statunitense. “Alcune zone della città sono sempre sotto il controllo dell’IS e resta da compiere molto lavoro”, ha dichiarato Michelsen evidenziando che ci vorranno ancora giorni per eliminare le ultime sacche di resistenza .

All’interno del centro si procede a rilento sulle strade per i timori che i miliziani possano aver collocato ordigni improvvisati (Ied) che hanno mietuto gran parte delle perdite subite dalle forze di Baghdad. Come accaduto a Falluja nel 2004, i guerriglieri  sunniti hanno costruito una rete di tunnel e bunker protetti. Nei giorni scorsi c’era stato uno stop nell’offensiva per permettere agli aerei della Coalizione,  il cui intervento era stato richiesto da al-Abadi, di colpire gli obiettivi.

L’intervento degli aerei statunitensi, con 28 attacchi dal cielo in cui sarebbero state impiegate anche bombe anti-bunker, aveva determinato il ritiro dal fronte di alcune milizie sciite filo-iraniane critiche nei confronti del coinvolgimento delle forze di Washington in un’operazione che doveva essere “tutta irachena”.

Dopo la caduta della città miliziani sciiti sono stati sorpresi a saccheggiare i negozi nel centro della città di Tikrit. Alcuni miliziani hanno portato  via abiti, shampoo e crema da barca, ma sono stati visti anche due autocarri lasciare la città carichi di nuovi pneumatici, un generatore e uno specchio. Seppur limitati, questi incidenti alimentano il timore di comportamenti violenti nei confronti della popolazione sunnita della città in gran parte fuggita per sottrarsi alla battaglia e per nel timore di rappresaglie sciite che il governo di Baghdad vorrebbe scongiurare..
Dopo il ritiro due mesi or sono da Kobane, città curda siriana, la perdita di Tikrit costituisce la prima grave sconfitta  dal Califfato e ci si interroga se possa costituire l’inizio del tracollo del Califfato.

In realtà se verranno confermate le perdite inflitte all’IS annunciate dalle autorità irachene, appena 320miliziani jihadisti, si potrebbe ipotizzare che Abu Bakr al-Baghdadi avesse deciso di sacrificare la città limitandosi a una strategia difensiva affidata a un pugno di combattenti coraggiosi e votati alla morte il cui obiettivo era solo di ritardare il più possibile l’avanzata delle forze irachene facendo pagare il prezzo più alto possibile agli attaccanti con l’impiego di esplosivi, trappole e ordigni improvvisati .

Se i dati forniti verranno confermati l’obiettivo dell’IS è stato raggiunto assicurando forse qualche settimana in più per preparare le difese di Mosul, prossimo e forse imminente obiettivo delle truppe irachene, delle milizie sciite e dei combattenti curdi.

Senza il controllo di Tikrit, il Cliffato  non riuscirà più a minacciare la provincia di Dyala, riconquistata in gennaio da truppe iraniane e milizie sciite, vede ridotte le capacità  di minacciare il cento petrolifero di Kirkuk e non riuscirà più a lanciare attacchi verso Baghdad da nord anche se la capitale irachena resta esposta agli attacchi dei jihadisti provenienti dalla provincia occidentale di al-Anbar.

I dati forniti dalla missione dell’ONU in Iraq riportano che in marzo il conflitto ha determinato la morte di 997 persone, numero che (come i 2.172 feriti) è riferito ai civili, alle forze militari e di sicurezza irachene e curde ma che non comprende le perdite subite dallo Stato Islamico. Nello stesso mese le vittime della guerra in Siria sono stati 5 mila.

Foto: AP, AFP, TMNews

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