Il flop globale della diplomazia di Renzi

 

da Il Giornale del  24/10/15

Dal vertice sull’Ucraina a quello sui migranti, il nostro Paese escluso da tutti i tavoli geopolitici che contano

«Vengo anch’io… No tu no!» a fine anni 60 fu un grande successo di Enzo Jannacci. Oggi sembra il leit motiv dei grandi insuccessi di Matteo Renzi in politica estera. L’ultimo risale a ieri quando un’oscura portavoce del presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ufficializza l’esclusione del nostro presidente del Consiglio dal vertice di domani a Bruxelles sull’immigrazione. Un vertice a cui parteciperanno – oltre ai leader di Austria e Germania – tutti i capi di governo dei Balcani, compresi quelli d’una Serbia e d’una Macedonia ancora fuori dall’Unione europea.

Un’estromissione giustificata con il fatto che l’Italia «non è direttamente coinvolta nella rotta balcanica». La giustificazione per un’esclusione già anticipata ieri dal Giornale, oscilla tra il ridicolo e il vergognoso.

Al centro del vertice di domenica a Bruxelles c’è, infatti, la drammatica crisi della Slovenia. Nella piccola Repubblica, attigua ai nostri confini nord orientali, si sono concentrati, nell’ultima settimana, oltre 50mila migranti decisi a marciare verso Austria e Germania.

Cinquantamila migranti che rischiano però di riversarsi verso Trieste, Gorizia e Tarvisio se Austria e Baviera decideranno, come si sente dire a Vienna, di chiudere le frontiere. Ma questo ai nostri amici europei poco importa.

Nella loro considerazione l’Italia guidata dall’ex sindaco fiorentino non è, infatti, soltanto un ectoplasma geopolitico, ma anche una fantasma geografico. E a dimostrarlo c’è l’impareggiabile attitudine del governo Renzi a collezionare estromissioni da tutti i vertici in cui si discutono questioni essenziali per i nostri interessi nazionali.

Il primo clamoroso esonero risale all’agosto del 2014 quando l’allora ministro degli Esteri Federica Mogherini non viene neppure avvisata del summit sull’Ucraina organizzato a Berlino dall’omologo francese Laurent Fabius e da quello tedesco Frank-Walter Steinmeier.

Un’esclusione particolarmente umiliante visto che, in quel momento, l’Italia detiene la Presidenza di turno dell’Unione europea mentre la Mogherini ha già in tasca la nomina di Alto Rappresentante della Politica Estera dell’Unione.

Ma chi ben incomincia è a metà dell’opera. E così, da allora, la carriera di «grande escluso» del nostro presidente del Consiglio non conosce soste.

Una tappa fondamentale del singolare cursus (dis) honorum risale allo scorso luglio quando Matteo Renzi non viene invitato da Angela Merkel e François Hollande all’appuntamento parigino in cui si analizza la crisi greca all’indomani del referendum che fa temere l’uscita di Atene dall’euro.

L’esclusione manda fuori dai gangheri il povero Matteo che alla fine, pur di non perder la faccia, si riduce a giocar alla volpe e dell’uva giurando e spergiurando di esser stato lui a rifiutare l’invito del presidente e della cancelliera.

L’estromissione più paradossale e umiliante risale però a meta dello scorso settembre. In quei giorni Renzi è appena rientrato dall’Assemblea generale dell’Onu dove ha reclamato un ruolo fondamentale per l’Italia in tutte le questioni internazionali, a cominciare dalla crisi libica.

Appena rientrato a Roma scopre però che il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni non è stato neppure avvertito dell’imminente summit di Parigi in cui ministro degli Laurent Fabius e i colleghi di Germania Franck-Walter Steinmeier e Gran Bretagna Philip Hammond, discuteranno tutte le principali questioni internazionali, dalla crisi siriana a quella libica fino alla drammatica situazione di un’Europa attraversata da maree di rifugiati.

La vera ciliegina sulla torta dell’oltraggio è però la partecipazione al vertice di Federica Mogherini. Una Mogherini che dopo esser stata portata alla Farnesina ed esser stata catapultata per volere di Renzi ai vertici dell’euroburocrazia gioca pure lei a spiazzare un ex mentore considerato evidentemente irrilevante.

Foto Ansa, MIA, BBC

 

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Nato a Trieste nel 1960, è uno dei più noti e apprezzati reporter di guerra italiani. Dal 1983 ha seguito sul campo decine di conflitti inclusi i più recenti in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria e Ucraina. Reporter e opinionista per Il Giornale e il sito Gli Occhi della Guerra, nella sua carriera ha collaborato con Corriere della Sera, Repubblica, Panorama, Libération, Der Spiegel, El Mundo, L'Express e Far Eastern Economic Review oltre che con le emittenti televisive CBS, NBC, Channel 4, TF1, France 2, NDR, TSI, RaiNews24, RaiUno, Rai 2, Canale 5 e LA7. Per il suo lavoro di reporter di guerra ha ricevuto il Premio Antonio Russo (2003), il Premio giornalistico Cesco Tomaselli (2007) e il Premio Ilaria Alpi (2011).

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