La spesa militare africana alimenta la corruzione

Secondo un rapporto di Transparency International (TI) la maggior parte dell’Africa è a medio-alto rischio di corruzione nel settore della difesa a causa dell’assenza di controlli e supervisione sulle spese militari e della dilagante pratica della corruzione.

TI ha reso noto a gennaio il Government Defence Anti-Corruption Index 2015 in cui si valuta che una maggiore spesa per la Difesa in molti stati africani non ha comportato miglioramenti nella sicurezza. Troppo spesso decisioni di acquisto vengono prese con poco riferimento ai requisiti strategici, all’efficacia militare, alla capacità del personale di gestire apparati ed equipaggiamenti.

L’Africa ha speso per la Difesa circa 40 miliardi di dollari nel 2014, pari allo 0,2 per cento della spesa militare mondiale ma con un incremento del 91% rispetto al 2005. Di fatto i due terzi dei Paesi africani hanno aumentato le spese militari ma, secondo TI, non è dimostrato che questa spesa sia nell’interesse pubblico mentre chi gestisce il denaro non viene mai chiamato a rispondere in caso di corruzione o sottrazione di fondi.

I bilanci della difesa sono infatti per lo più esenti da controllo esterno mentre quasi il 40% dei Paesi esaminati non rende pubblici i bilanci della Difesa.

Transparency International sostiene che in quasi il 70% dei Paesi presi in esame non c’è alcuna prova che le decisioni in materia di acquisti militari siano basati su una strategia nazionale, una pianificazione specifica o sull’analisi dei requisiti di sicurezza nazionale.

Tra i 47 Paesi presi in esame, 20 non hanno alcuna legislazione che regoli l’acquisizione di mezzi e materiali per la Difesa e tra gli Stato che dispongono di norme in tal senso solo 13 hanno attivato meccanismi di controllo della spesa.

Transparency International ha avvertito che gli scarsi controlli sul personale e la manipolazione dei sistemi di pagamento degli stipendi stanno corrodendo l’efficacia militare.

“Meccanismi per il controllo della corruzione del personale di Difesa sono generalmente debole in tutta la regione mentre tribù , famiglie e clientelismo favoriscono l’assegnazione di posti di lavoro e incarichi bloccando i più capaci e minando le istituzioni.

In Sud Africa l’appartenenza al partito di governo African National Congress favorisce in modo eclatante le carriere militari e le promozioni in forze armate che registrano un numero imbarazzante di alti gradi rispetto alla consistenza degli organici militari.

“In molti Stati, gli stipendi sono particolarmente vulnerabili alla manipolazione da parte di coloro che ne gestiscono l’elargizione, facilitando la diversione di risorse da parte di alti funzionari e comandanti. Ciò ha implicazioni per l’efficacia militare e il morale dei militari, e pone rischi per la sicurezza poiché il personale militare è costretto a trovare altre attività per integrare i suoi redditi.

Ben 34 dei 47 Stati africani presi in esame nel rapporto presentano notevoli carenze nella chiarezza e la trasparenza dei loro sistemi di pagamento del personale militare.

Nell 80% dei Paesi esaminati, il numero esatto di militari non è neppure noto o risulta impreciso favorendo il fenomeno dei “soldati fantasmi” che esistono solo in quanto a stipendi da elargire, problema del resto diffuso anche in altre regioni del globo quali il Medio Oriente e in particolare l’Iraq.

Per esempio, in Uganda, i soldati fantasma sono costati allo Stato 324 milioni di dollari negli ultimi 20 anni mentre in Somalia, nel 2010, ci sono state segnalazioni di centinaia di soldati somali che hanno disertato unendosi le milizie islamiste degli Shabab perché da mesi non ricevevano lo stipendio di 100 dollari mensili.

Transparency International ha evidenziato alcuni casi di forze militari coinvolte in attività commerciali o lucrative.

In Eritrea la popolazione viene militarizzata e costretta a realizzare lavori pubblici, in Ghana le forze armate hanno iniziato ad operare con una propria banca nel 2013, ci sono segnalazioni del coinvolgimento delle forze armate della Tanzania e di altri funzionari della sicurezza  nel commercio altamente lucrativo di zanne di elefante mentre in Somalia c’è una forte evidenza che il personale militare ha trasferito sul mercato o ha venduto direttamente ai guerriglieri Shabab le armi ricevute dalla comunità internazionale.

Per TI in Africa la corruzione sta minando la fiducia del pubblico nel governo e nelle forze armate e costituisce una grave minaccia per il successo delle operazioni contro insorti e terroristi.

Il rapporto rivela che solo in Ruanda e Tunisia il pubblico ritiene ci sia un chiaro impegno da parte del governo per affrontare la corruzione negli apparati della Difesa.

In 15 Paesi l’opinione pubblica ritiene che gli apparati governativi siano in gran parte indifferenti alla lotta contro la corruzione, mentre in altri 23 Stati africani la popolazione valuta insufficiente la capacità e la volontà di combattere la corruzione negli ambienti militari.

Il caso più eclatante in tal senso è la Nigeria, dove l’ex consigliere per la sicurezza nazionale, Sambo Dasuki, è accusato di aver rubato più di 2 miliardi di dollari destinati ad armi ed equipaggiamenti per combattere Boko Haram.

Una delle principali conclusioni della relazione di TI è che la corruzione sta proponendo una grave minaccia per il successo delle operazioni di peacekeeping africane, come quelle in Somalia, Darfur e nella Repubblica Centrafricana, e il rapporto rivela che la corruzione non solo sta minando le prestazioni delle forze militari ma facilita l’insicurezza e a volte porta benefici alle organizzazioni terroristiche e insurrezionali.

Per esempio, alti funzionari kenyani all’interno della missione dell’Unione africana in Somalia si ritiene abbiano facilitato il commercio illecito di zucchero e carbone in Somalia per un ricavato stimato tra 200 e 400 milioni di dollari che si presume abbia arricchito anche il movimento qaedista al-Shabaab.

(con fonte Defenceweb)

Foto Amism, AFP, Reuters, EMA e AP

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