IL SEMOVENTE PALMARIA PROTAGONISTA A SIRTE

Nella battaglia combattuta dalle milizie di Misurata per liberare Sirte un ruolo da protagonista lo ha avuto il semovente italiano da 46 tonnellate Palmaria.

Dotato di un obice da 155/39 (evoluzione dell’obice trainato FH-70) e una mitragliatrice da 7,62 o 12,7 millimetri, il mezzo corazzato venne prodotto da Oto Melara negli anni ’80 in 235 esemplari destinati a Libia (210) e Nigeria (25) più due dozzine di torrette vendute all’Argentina.

L’esercito di Gheddafi ne aveva in servizio ancora 160 nel 2007 e un numero ancora cospicuo all’epoca della guerra del 2011 dove alcuni di questi mezzi facevano parte della colonna inviata da Tripoli per sedare la rivolta a Bengasi distrutta dai cacciabombardieri francesi, episodio che diede il via all’intervento internazionale contro il regime libico.

Il conflitto civile vide la distruzione o l’abbandono di molti Palmaria ma almeno uno è operativo nelle mani delle milizie di Misurata mentre altri saranno stati probabilmente cannibalizzati per reperire ricambi.

 

Come tutti i mezzi corazzati anche il Palmaria richiede un supporto tecnico e logistico superiore generalmente alle capacità espresse dalle milizie libiche.

Il ruolo del semovente italiano nella battaglia contro lo stato Islamico è stato raccontato dal Vincenzo Nigro nel reportage pubblicato da Repubblica il 12 agosto di cui ripotiamo un brano insieme a un’ampia serie di immagini del semovente in Libia.

Poco fuori dal centro Ouagadougou, appoggiato alla corazza del suo carro armato, incontriamo uno degli eroi di questa battaglia.

Il motore del carro brontola poderoso mentre parliamo. Questa è l’arma finale che Misurata ha usato per vincere la battaglia di Sirte, questo è il cannone di Misurata che ha sconfitto il Daesh: l’obice semovente “Palmaria” che spara colpi da 155 millimetri anche da 13 chilometri.

Il signore e padrone di quest’arma è l’ingegnere Ahmed, «vivo a Tripoli ma sono di Kikla».

Lui è il capocarro e con lui c’è solo il pilota.

«Le spiego come abbiamo usato il cannone: innanzitutto quando gli inglesi ci davano le coordinate, noi potevamo sparare anche da 10 chilometri contro le aree in cui c’erano gli uomini del Daesh: i terroristi erano molto pericolosi con i mortai, ne avevano decine collegati anche simultaneamente e potevano sparare granate con un raggio di interdizione di 500 metri.

La nostra fanteria non poteva avanzare, non riusciva a muoversi, e infatti abbiamo perso decine di uomini per i mortai.

Noi prima iniziavamo a colpire da lontano con il cannone, più ci avvicinavamo e più abbassavamo il cannone, gli sparavamo in faccia, nei palazzi in cui si nascondevano.

Questo cannone si è fatto tutta la strada da Misurata a Sirte combattendo: abbiamo iniziato con Abu Grain, siamo arrivati qui a Sirte».

Foto: Oto Melara, AP, AFP e  Twitter

 

 

 

 

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