LE NUOVE RECLUTE DELL’ISIS ARRUOLATE VIA SMARTPHONE

L’ultima serie di attentati che ha sconvolto l’Europa ha dimostrato – non che ce ne fosse bisogno – la relativa semplicità con cui lo Stato Islamico riesce ad adattarsi alle difficili condizioni in cui versa attualmente e continuare la propria offensiva ideologica e militare.

In seguito alla crescente pressione russo-siriana da una parte e irachena dall’altra, infatti, dovendo rinunciare a grandi iniziative di terra, il Califfato ha concentrato i propri sforzi per rendere la propaganda l’arma più efficace con cui rispondere ai successi dei “Crociati”. Per fare ciò, gli addetti alle psy-ops jihadiste hanno iniziato, sempre con maggiore decisione, a veicolare un semplice messaggio: il buon musulmano può sostenere la causa di Allah senza dover necessariamente lasciare l’Occidente.

L’organizzazione di attacchi a casa degli infedeli, infatti, è stato in tutto e per tutto equiparata alla jihad nel Levante, che comunque continua ad avere un’importanza fondamentale nella retorica estremista.

I risultati di tale svolta si sono drammaticamente visti subito, come confermano la strage di Nizza e gli attacchi di Würzburg e Ansbach.

L’elemento forse più rilevante del nuovo corso jihadista è rappresentato dalla scelta di accettare una sorta di arruolamento 2.0 di tutti quei soggetti che altrimenti avrebbero difficilmente raggiunto la Siria, l’Iraq o la Libia.

Negli ultimi mesi, infatti, si è assistito all’affermazione di lupi solitari che, radicalizzatisi in tempi estremamente brevi e principalmente grazie a Internet, hanno giurato fedeltà all’ISIS via smartphone e sono stati riconosciuti come veri e propri combattenti solamente dopo la morte.

Questo in particolare permette al Califfato di risparmiare risorse preziose che altrimenti dovrebbero essere impiegate per mettere in piedi reti internazionali di assistenza o provvedere alla formazione degli aspiranti martiri.

Per i reclutatori di Al-Baghdadi, quindi, è sufficiente lanciare un proclama tramite un qualsiasi canale web e aspettare.

I media di tutto il mondo, infatti, provvedono immediatamente a pubblicizzare il messaggio – spesso senza precauzioni – lasciando che questo venga commentato nella maggior parte dei casi da non-addetti ai lavori, i quali inevitabilmente finiscono per concentrarsi sull’efferatezza delle immagini usate dal Califfo, facendo così il gioco di quest’ultimo.

Inoltre, come si è già visto in passato, per il curioso o il simpatizzante indeciso se passare o no all’azione, è estremamente facile trovare online tutto il materiale necessario per radicalizzarsi, restare informato sui successi (veri o finti che siano) dell’ISIS e imparare le tecniche migliori per realizzare il massimo danno con il minimo sforzo.

Questa diversa strategia comporta un prezzo da pagare, in quanto le azioni di questi individui sono tendenzialmente meno “spettacolari” ed “efficaci” (anche se il caso di Nizza ha rappresentato una drammatica eccezione) oppure possono anche essere fallimentari, ma sicuramente tali criticità sono mitigate dal fatto che l’apertura all’arruolamento di massa permette un notevole ampliamento del bacino di potenziali simpatizzanti.

Il panico generato dagli attacchi condotti da persone insospettabili o considerate naturali nemiche dell’estremismo (come il migrante che fugge dalle zone di guerra), comunque, pare essere proprio l’obiettivo dell’ISIS, come conferma anche l’ultimo numero di Dabiq (Break the Cross).

Nel giornale jihadista (la cui uscita è stata pubblicizzata prima dai media occidentali che da quelli vicini al Califfo), infatti, viene chiaramente riportato l’invito a continuare ad approfittare di qualsiasi occasione per attaccare gli infedeli in Patria: “Non fate piani complicati, ma, invece, agite semplicemente e in modo efficace. Se potete procurarvi un’arma, fatelo e usatela prima possibile e in un posto dove vi sia il massimo danno e panico, uccidendo o ferendo i nemici di Allah, i miscredenti.”

L’edizione n°15 di Dabiq, comunque, è interessante anche perché permette di constatare, ancora una volta, come gli esperti di propaganda dell’ISIS abbiano una notevole conoscenza della cultura religiosa giudaico-cristiana.

Quest’ultima, in particolare, viene abilmente sfruttata per cercare di raggiungere quegli individui che, già affascinati dall’Islam o esclusi dalla propria società e pertanto in cerca di certezze, potrebbero essere così portati a convertirsi.

Ampio spazio, infatti, viene dato alle storie di persone che hanno abbandonato la propria fede per abbracciare l’insegnamento di Maometto e unirsi alla causa del Califfo.

È comunque opportuno ricordare che questo genere di messaggi non sarebbero altrettanto efficaci se lo Stato Islamico e i suoi sostenitori non avessero provveduto a creare una moltitudine di pagine web-satellite in cui le notizie dell’agenzia di stampa di Al-Baghdadi vengono costantemente ripubblicate e rese fruibili ad un pubblico molto più ampio.

Prendendo ad esempio il caso balcanico – peculiare in quanto estremamente vicino a noi – l’aspirante martire può contare sul portale Vijesti Ummeta che, nonostante i diversi tentativi di renderlo inagibile, ormai da anni contribuisce a diffondere il “verbo” dell’ISIS tra i cittadini musulmani dell’ex-Jugoslavia. C

ome è facile immaginare, però, questo sito ha raggiunto un livello di “fama” tale per cui è conosciuto alle forze dell’ordine locali, agli esperti dell’area e anche a buona parte della stampa generalista.

Ecco che, a questo punto, diventa fondamentale l’apporto della galassia di blog che, pur senza dichiararsi espressamente seguaci dello Stato Islamico, forniscono tutte le informazioni utili per abbracciare la visione ultra-ortodossa della religione.

A tal proposito, è difficile stabilire con certezza se lo scopo dei creatori di questi contenuti sia proprio quello di realizzare un assist al Califfato, ma è certo che alcuni temi trattati, nonché la frequente assenza di qualsiasi condanna del terrorismo, possono spingere l’aspirante martire a leggerli come un’ulteriore giustificazione del suo desiderio di morte.

Si tratta di un aspetto rilevante, soprattutto perché anche nel nostro Paese stanno cominciando a moltiplicarsi le pagine dedicate al proselitismo e orientate a prendere spunto dagli insegnamenti dell’Islam saudita piuttosto che da quelli di realtà più moderate e aperte al progresso.

Senza per forza collegare questo tipo di interpretazione della religione all’estremismo, resta comunque irrisolto il problema di farla rientrare all’interno dei canoni costituzionali e propri della cultura europea, un grattacapo di non poco conto se lo scontro fra civiltà continuerà ad inasprirsi e il divario fra “noi” e “loro” ad aumentare.

Foto AFP, Dabiq e Stato Islamico

Triestino, analista indipendente e opinionista per diverse testate giornalistiche sulle tematiche balcaniche e dell'Europa Orientale, si è laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche all'Università di Trieste - Polo di Gorizia. Ha recentemente pubblicato per Aracne il volume “Aleksandar Rankovic e la Jugoslavia socialista”.

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