LE TRE BATTAGLIE DECISIVE DEL CONFLITTO SIRIANO

da Il Mattino del 17 agosto

Tre battaglie che si concluderanno probabilmente entro la fine dell’anno, saranno decisive per far cessare il conflitto in Siria e, di conseguenza, anche per gli sviluppi bellici in Iraq. Si combatteranno senza esclusione di colpi ad Aleppo e Raqqah perché molti dei protagonisti sul campo di battaglia si giocheranno non solo la vittoria ma la loro stessa sopravvivenza.

Nella prima città le milizie ribelli inquadrate nel potente Esercito ella Conquista (che riunisce tutti i gruppi jihadisti agli ex qaedisti di al-Nusra a Salalfiti e Fratelli Musulmani) combattono furiosamente per rompere l’accerchiamento dei quartieri orientali sotto il loro controllo o per mantenere aperta a breccia larga meno di un chilometro conquistata a sud della città dopo aver strappare ai governativi il controllo dell’Accademia aeronautica.

Le truppe di Bashar Assad stanno cercando di riconquistarla con un ampio supporto aereo fornito anche dai bombardieri russi decollati da Latakya e, ieri, per la prima volta dalla base iraniana di Hamadan che offre a Mosca la possibilità di rischierare i bombardieri pesanti Tupolev ad appena 700 chilometri dal fronte siriano invece dei 2mila della base russa di Mozdok.

L’accordo tra Mosca e Teheran consentirà ai russi di aumentare la pressione su tutte le milizie jihadiste (definiti “terroristi” da russi e siriani) intensificando il supporto offerto alle truppe di Assad e ai suoi alleati iraniani ed Hezbollah libanesi.

Un segnale in più che indica la volontà di chiudere la battaglia di Aleppo stringendo l’assedio ai ribelli che hanno fatto affluire tutti i rinforzi disponibili, così come del resto ha fatto Damasco sospendendo temporaneamente le offensive che da Palmyra erano dirette a raggiungere da sud Raqqah, capitale dello Stato Islamico.

Tagliati fuori dal confine turco da dove affluivano armi e rifornimenti provenienti dalle monarchie sunnite del Golfo, i miliziani dell’Esercito della Conquista dovranno rompere l’assedio per non venire condannati a esaurirsi come forza combattente, imbottigliati dal fuoco nemico e a corto di munizioni.

Lo stesso destino delle milizie cosiddette “moderate” dell’Esercito Siriano Libero, che controllano alcune aree di Aleppo est, godono del supporto Occidentale e potrebbero trovare un’intesa con Damasco, punto da tempo oggetto di negoziati tra Russia e Stati Uniti.

Di certo il peso militare che Mosca sta mettendo in campo in Siria indica senza dubbio la volontà di imprimere una svolta alla guerra e consolidare definitivamente Assad sbarazzandosi dei ribelli.

L’occasione del resto è propizia. Non solo il parlamento russo ha appena ufficializzato che la base aerea di Hmeimim, vicino a Latakya, diverrà permanente come lo è già da anni la base navale di Tartus, ma ora i rapporti tornati amichevoli tra Mosca e Ankara sembrano indurre i turchi a chiudere o ridimensionare gli aiuti alle formazioni ribelli.

Un tema di cui hanno discusso nel vertice di San Pietroburgo, a porte chiuse e senza che trapelassero indiscrezioni, Vladimir Putin e Recep Tayyp Erdoigan.

Ai ferri corti con Europa e USA dopo il fallito golpe militare, il presidente turco è “costretto” a recuperare i rapporti economici, energetici e strategici con la Russia facendone pagare il prezzo agli insorti siriani.

La seconda battaglia decisiva nel conflitto siriano sarà quella per conquistare Raqqah, difesa da qualche migliaio di veterani de Califfato ma alla portata sia delle milizie curde e arabe delle Forze Democratiche Siriane (FDS) sia dell’esercito di Damasco. Entrambe queste forze combattenti hanno però dovuto sacrificare a obiettivi diversi la marcia su Raqqah.

Le FDS, sostenute dall’Occidente e affiancate da forze speciali statunitensi hanno le loro avanguardie a meno di 50 chilometri dalla “capitale” del Califfato ma negli ultimi due mesi sono state costrette dalle pressioni occidentali ad attaccare Manbij, città dove i miliziani dell’IS hanno combattuto come leoni prima di ritirarsi verso Jarablus.

Secondo i servizi d’intelligence Manbji era il punto di raccolta dei “foreign fighters” dello Stato Islamico che cercano di rientrare in Europa per compiere attentati.

Da qui i veterani del jihad raggiungevano Jarablus, ultima città sul confine turco in mano al Califfato, per poi entrare in Turchia e mischiarsi ai flussi di immigrati e profughi diretti in Europa.

Interrotto il “corridoio dei foreign fighters” come chiedevano gli sponsor occidentali, le FDS possono ora puntare su Raqqah da nord con l’appoggio delle forze speciali americane e dei bombardieri russi, segnale di qualche progresso nella ricerca di un’intesa tra Mosca e Washington per la lotta congiunta all’IS.

Più difficile invece che possa riprendere in tempi brevi l’offensiva dell’esercito di Damasco da sud almeno finché non finirà la battaglia di Aleppo che assorbe il grosso delle forze siriane.

La terza e ultima battaglia del conflitto siriano si svilupperà probabilmente tra Deir az Zor e al-Qaim, sul confine iracheno, dove secondo molte fonti il Califfato sta concentrando armi e combattenti.

Una sorta di ultima ridotta che potrebbe ospitare anche i miliziani in ritirata da Mosul ove è attesa per l’autunno una vasta offensiva irachena sostenuta dalla Coalizione a guida statunitense.

A Deir-az Zor parte della città e la base aerea sono ancora nelle mami delle forze di Damasco, assediate da due anni e rifornite di viveri e munizioni con aerei ed elicotteri. Anche su questo fronte l’offensiva governativa dipenderà dal successo ad Aleppo e a Raqqah poiché le forze di Assad sono a corto di personale a causa delle forti perdite subite in cinque anni di guerra.

Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), organizzazione basata in Gran Bretagna e vicina ai ribelli cosiddetti “moderati”, i governativi hanno subito le perdite maggiori: 106 mila morti contro i 50 mila ribelli jihadisti, altrettanti miliziani moderati e curdi e 85 mila civili per un totale di 292 mila vittime.

@GianandreaGaian

Foto SANA, AP, Askanews, al-Jazeera e AFP

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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