I SOLDATI USA SONO STANCHI DI COMBATTERE

di Maurizio Stefanini da Libero Quotidiano del 24 settembre

No a nuove campagne per esportare democrazia. E a Hillary e Trump preferiscono Johnson, che vuole tagliare il budget del Pentagono I soldati americani non ne possono più di guerre di esportazione della democrazia, e in linea generale ciò li porta più vicini alla politica del «piede in casa» di Donald Trump che non a Hillary Clinton.

Piuttosto che scegliere tra l’uno e l’altra, però, molti preferiscono votare per il libertario Gary Johnson. Sono i dati che risultano da due ricerche fatte da Military Times, un autorevole gruppo di riviste molto seguito da chi si occupa di uomini in divisa a Stelle e a Strisce.

La prima, fatta su un campione di 2.200 militari in servizio con la cooperazione del Syracuse University’s Institute for Veterans and Military Families, partiva dalla domanda se il governo Usa dovrebbe continuare a usare militari e soldi per stabilire democrazie in Medioriente e Nord Africa. I no sono stati il 55%, contro un 23% di sì e un 22% di non risposte.

Secondo Phil Carter, direttore del Military, Veterans and Society Program, ex-ufficiale dell’esercito e reduce dall’Iraq, «c’è un salutare scetticismo sul nation building». «E la più grande fonte di obiezione è l’idea di poter intervenire quando l’appoggio locale non esiste, o le condizioni locali non sono favorevoli».

Ciò non vuole ovviamente dire che i militari si rifiuterebbero di fare il loro dovere. Ma vorrebbero che il potere politico prendesse le decisioni con la massima ponderazione possibile.

Alla domanda sul tipo di attività in cui vorrebbero essere più o meno ingaggiati il massimo di ostilità lo trova l’idea di portare aiuto all’estero: 62% di assolutamente contrari, contro il 26% per cui non bisogna né aumentare né diminuire e un 10% di favorevoli.

Appena un po’ meno impopolari sono le operazioni di nation building: 51% no, 26% uguale, 19% sì. Maggior equilibrio ma sempre con prevalenza di scettici per le operazioni militari convenzionali all’estero: 38% meno, 31% più, 28% eguale.

I soldati sono invece massicciamente favorevoli all’antiterrorismo: 62% più, 30% no, 7% uguale. Più popolare in assoluto è la difesa del territorio nazionale: 68% ne vorrebbero di più, per il 27% bisogna continuare sugli standard eguali, e solo il 7% pensa che ci si potrebbe dedicare di meno.

Anche il secondo sondaggio è stato fatto su un campione di 2200 militari in servizio attivo, dagli stessi soggetti e a inizio settembre.

Il dato bruto è che il 37,6% dei militari voterebbe per Trump, il 36,5 per Johnson, il 16,3 per Hillary Clinton, l’1,2 per la verde Jill Stein, il 3,2 per altri candidati e il 5% non voterebbe.

C’è però una netta differenza tra gli ufficiali e la truppa. Tra i primi, che sono ovviamente i più indottrinati sulle mission fatte dalle varie Amministrazioni, Johnson conduce con il 38,6, contro il 28 di Hillary e il 26 di Trump.

Hillary non riesce dunque a sormontare la storica antipatia che i militari hanno per il partito più a sinistra, ma anche Trump non convince tutti e dunque gli ufficiali votano il libertario: anche se, pur volendo tagli al bilancio del Pentagono, dal punto di vista di una politica non interventista non è che il programma di Johnson differisca molto da quello di Trump.

Al contrario, tra la truppa è l’idea di Trump del «tutti a casa» la più popolare: 39,8% delle intenzioni di voto contro il 36,1 di Johnson, lo scarsissimo 14,1 di Hillary. Scomponendo invece per Forza Armata, Trump appare fortissimo in particolare tra i Marines: 50,4% contro il 26,7 di Johnson e l’appena 10,2 di Hillary. Ma con lui è anche l’Esercito: 40,6 contro 35,6 di Johnson e 14,2 di Hillary.

La Marina e l’Aeronautica sono invece schierate con Johnson: per la U.S. Navy, 42,3%, contro il 28,4% di Trump e il 21,2% di Hillary; per la U.S. Air Force, 37,8% contro il 34,8% di Trump e il 18,3% di Hillary.

Da ricordare però che il campione, composto all’85% da maschi e al 15% da femmine e con età media 29 anni, era per il 73% bianco.

E, come ha detto Romano Prodi, «se votassero solo i bianchi Trump sarebbe il vincitore sicuro».

Foto US DoD, AP e Isaf

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