WASHINGTON ENTRA IN GUERRA ANCHE IN YEMEN

(Aggiornato il 14 ottobre ore 13)

Gli Stati Uniti hanno colpito nel corso della notte con tre missili Tomahawk tre postazioni radar in una area dello Yemen sotto controllo dei ribelli sciiti Houthi, sulla costa del Mar Rosso.

Si tratta di un attacco di “autodifesa”, dopo gli attacco con missili contro il cacciatorpediniere USS Mason, domenica e mercoledì, in navigazione al largo delle coste yemenite, ha affermato il Pentagono.

Gli attacchi, autorizzati dal presidente Barack Obama, sono stati realizzati con missili da crociera Tomahawk lanciati dal cacciatorpediniere USS Nitze.

I missili “avevano come obiettivo i radar coinvolti nei recenti lanci di missili che hanno minacciato l’USS Mason e altre navi che operavano in acque internazionali nel Mar Rosso e nello stretto di Bab al-Mandeb”, tra il Mar Rosso e l’Oceano indiano, ha spiegato il portavoce del Pentagono.

“Questi attacchi limitati di legittima difesa sono stati realizzati per proteggere il nostro personale, le nostre navi e la nostra libertà di navigazione lungo questa importante via marittima”, ha aggiunto.

Secondo i primi rilevamenti dopo l’attacco “i siti sono stati distrutti”, riferisce una nota della Difesa Usa.

I raid Usa non avevano come obiettivo i missili Houthi, ha spiegato la fonte del Pentagono, anche se con la distruzione dei radar è più difficile controllare le armi, ma i ribelli potrebbero usare navi più piccole o siti di tracciamento online per le imbarcazioni per trovare nuovi target.

“Devono smetterla. Non esiteremo” a lanciare nuovi attacchi, ha aggiunto la fonte.

Si tratta della prima azione diretta degli Stati Uniti contro gli insorti sciiti Houthi, appoggiati da parte dell’esercito che hanno cacciato i lealisti di Mansour Hadi, alleati dell’Arabia Saudita e delle altre monarchie sunnite del Golfo.

Finora gli Stati Uniti si erano limitati ad appoggiare con armi e intelligence la Coalizione a guida saudita di 9 paesi arabi schierata in Yemen contro gli insorti e l’intervento diretto di Washington nel conflitto potrebbe suscitare reazioni nella regione.

I tentativi di colpire le navi statunitensi (i due cacciatorpediniere lanciamissili classe Arleigh Burke e la nave ausiliaria Ponce) sono stati effettuati con missili antinave C-802 lanciati da batterie costiere, ordigni cinesi in dotazione all’Iran e alla Siria che li fornirono anche alla milizia libanese Hezbollah che il 14 luglio 2006 li utilizzò per danneggiare gravemente la corvetta israeliana Hanit di fronte alle coste libanesi.

Dalle coste yemenite i C-802, con raggio d’azione di 100 chilometri, possono colpire bersagli navali in tutto lo stretto di Bab el Mandeb e a loro sembra da attribuire la distruzione o il grave danneggiamento, il 1° ottobre scorso, del catamarano da trasporto HSV-2 Swift (nelle foto a lato e sotto), unità statunitense ceduta l’anno scorso in leasing agli Emirati Arabi Uniti e da questi utilizzata per rifornire il contingente militare dislocato nello Yemen.

Dopo gli attacchi allo USS Mason (falliti a causa delle contromisure elettroniche e dei sistemi di difesa di punto della nave) il Pentagono aveva promesso una risposta ”nel tempo e nei modi appropriati”.

La presenza dei C-802 conferma le voci di forniture militari iraniane gli insorti poiché tale arma non risultava in dotazione alle forze armate yemenite prima del conflitto civile.

La risposta di Teheran non si è fatta attendere. Due navi da guerra iraniane, kla fregta Alvand e la rifornitrice Busheir,  sono state inviate nel Golfo di Aden e nello Stretto di Bab el-Mandeb per proteggere “navi commerciali e petroliere” in transito nella regione.

Lo ha riferito ieri l’agenzia di stampa Tasnim, precisando che le navi hanno lasciato il Paese il 5 ottobre scorso.

Probabilmente la missione delle due unità navali iraniane era limitata ai pattugliamenti anti pirateria nel Golfo di Aden ma l’escalation della tensione nel Mar Rosso ha evidentemente indotto Teheran a inviarle nelle acque dello Stretto di Bab el-Mandeb dove si replicherà la situazione di “faccia a faccia” con le navi statunitensi che da anni caratterizza lo scenario militare nelle acque del Golfo Persico.

Il lancio dei missili Tomahawk potrebbe rappresentare una limitata rappresaglia ai due attacchi subiti dalle unità della US Navy oppure costituire il primo passo di un intervento statunitense più consistente nel conflitto yemenita in cui la Coalizione araba non riesce a conseguire un concreto successo sugli insorti.

L’ormai imminente scadenza del mandato de presidente Barack Obama dovrebbe scongiurare il rischio di un pesante intervento americano ma proprio questa Amministrazione è stata artefice di una serie di operazioni militari condotte in modo blando e con forze limitate, dalla Libia nel 2011 alla guerra contro lo Stato Islamico in Iraq e Siria.

Un maggiore impegno nel conflitto yemenita consentirebbe a Washington di rinsaldare i rapporti con gli alleati arabi del Golfo, in particolare con i sauditi che non hanno digerito l’accordo sul programma nucleare iraniano né l’atteggiamento arrendevole degli USA nei confronti dell’intervento russo in Siria.

Il pretesto potrebbe essere fornito dalla minaccia portata dai missili C-802 alla libertà di navigazione e al traffico mercantile nello Stretto di Bab el Mandeb, passaggio obbligato per le navi che attraversano il Canale di Suez.

Del resto le forze americane hanno una buona conoscenza del terreno yemenita dove operano fin dal 2002, soprattutto con velivoli teleguidati e forze speciali, contro i miliziani di al-Qaeda nella Penisola Arabica.

@GianandreaGaian

Foto AFP, US Navy, FARS, al-Masirah TV,

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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