Assad e Putin vincono ad Aleppo

La battaglia di Aleppo è di fatto terminata con la netta vittoria delle forze governative siriane e dei loro alleati. Poco importa che i ribelli ancora in vita accettino di evacuare con i loro famigliari raggiungendo Idlib o altre zone controllate dagli insorti o che in parte decidano di combattere fino all’ultimo proiettile nei due chilometri quadrati che ancora controllano nei quartieri orientali.

L’esito della battaglia era ormai chiaro da almeno un mese quando le forze siriane con l’appoggio russo e, iraniano e degli hezbollah libanesi avevano sfondato le difese dei quartieri orientali nella città. Giorno dopo giorno il territorio in mano ai ribelli, dove si stima che all’inizio della fase finale della battaglia vi fossero tra gli 8mila e i 15 mila combattenti, si è rapidamente ridotto fino alla cessazione di ogni resistenza in cambio della possibilità di lasciare la città impunemente.

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Una soluzione già adottata in molti altre aree del territorio siriano in base ad accordi che garantiscono ai ribelli l’evacuazione insieme ai loro famigliari (in tutto pare 11 mila persone stiano lasciando Aleppo) verso l’area di Idlib sotto il controllo dei movimenti di insorti, per lo più jihadisti di ispirazione qaedista, salafita e dei fratelli musulmani.
Lo scambio degli assediati

Mosca ha confermato che l’intesa è stata sottoscritta dalla quasi totalità dei gruppi ribelli anche se poi alcuni gruppi l’hanno rifiutata e poi rinegoziata. Secondo fonti militari governative la mattina il 15 dicembre “951 persone, tra cui 200 miliziani e 108 feriti” sono salite a bordo del primo convoglio. Bus e ambulanze sono arrivati verso le 2.30 del pomeriggio (ora locale) nella parte sud di Aleppo, nelle mani dell’esercito siriano. L’evacuazione è stata segnata nella fase iniziale da colpi d’arma da fuoco che hanno ucciso una persona e ferite quattro tra i volontari. Ambulanze con malati e feriti, e pullman con civili, hanno attraversato il corridoio di Al Ramusa-Ameriya, a sud della città siriana.

Contemporaneamente le forze governative siriane sono entrate con i bulldozer nei quartieri assediati per rimuovere i sacchi di sabbia e ripulire l’area. Secondo la tv siriana, sono circa 4mila i combattenti con le loro famiglie e 9mila i civili coinvolti nei trasferimenti. Un secondo convoglio è partito nel tardo pomeriggio.

A bordo vi erano “i miliziani ribelli e i membri delle loro famiglie” e ad accompagnarlo, anche i rappresentanti della Croce Rossa Internazionale. In tutto sono state evacuate 1198 persone: 577 uomini, 320 dinne, 301 bambini, e 12 civili feriti. Parallelamente a queste operazioni è partita l’evacuazione di decine di feriti e civili anche da Fua e Kefraya, le due località a maggioranza sciita e assediate dai ribelli anti-Assad nella provincia di Idlib, nel nord-ovest del paese mediorentale devastata da cinque anni di guerra civile. Il numero delle persone evacuate sarebbe identico (15mila persone) a quello che uscirà da Aleppo. Finora ne sono uscite 1.500. Nella provincia di Idlib, a circa 50 km da Aleppo e in mano ai ribelli, affluiscono gli evacuati dalla seconda città della Siria.

L’evacuazione da Fua e Kefraya è parte dell’accordo è stata una condizione imposta dal regime di Damasco e i suoi alleati come parte dell’accordo di Aleppo. I ribelli anti-Assad assediano dal 2015 le due località. L’intero processo è gestito dai russi e dal governo siriano e secondo l’inviato dell’Onu in Siria, Staffan De Mistura, ad Aleppo Est “vi sono ancora tra 1.500 e 5.000 miliziani da evacuare a cui si devono aggiungere le loro famiglie”

La più grande vittoria di Assad

Questo tipo di accordi possono apparire contraddittori poiché permettono a ribelli già intrappolati di uscire dall’assedio e di tornare successivamente a combattere. Oltre a consentire uno scambio” di combattenti e civili assediati Le forze di Assad evitano così però di logorarsi in inutili battaglie all’ultimo sangue, casa per casa, che mieterebbero molte vittime tra i civili come tra i combattenti.
L’esercito di Assad soffre da tempo di una cronica carenza di truppe per l’usura dei reparti dopo cinque anni di guerra con circa 120 mila morti e forse il doppio di feriti.

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Il problema dei rimpiazzi è stato in parte risolto arruolando milizie scite locali e combattenti stranieri (libanesi, afghani, iraniani e iracheni e pachistani) inquadrati dalle forze dei pasdaran iraniani.
Assad non può quindi permettersi perdite troppo elevate e oggi la sopravvivenza del suo regime dipende direttamente dalle truppe alleate.

Il presidente siriano aveva bisogno di una vittoria eclatante e forse decisiva nei confronti dei miliziani sostenuti dalle monarchie sunnite del Golfo e da Usa ed Europa la cui richiesta di tregue umanitarie non è riuscita a nascondere il reale intento di consentire ai ribelli di ricevere aiuti e ricostituire linee difensive dopo lo sfondamento effettuato dalle truppe siriane. La vittoria di Assad e della Russia ad Aleppo è stata invece totale anche se “macchiata” dal contemporaneo successo dell’offensiva dell’Isis più a sud che ha permesso ai jihadisti di riconquistare Palmira.
Il successo nella seconda città del Paese renderà disponibili ingenti forze siriane e alleate necessarie a combattere ancora a Idlib e contro lo Stato Islamico a Palmira, Raqqah e Deir Ezzor.

In un’intervista rilasciata il 14 dicembre alla televisione Russia Today, Assad ha dichiarato che, dopo aver conquistato Aleppo, le autorità di Damasco, coordinandosi con Mosca e Teheran, escogiteranno un piano per cacciare i miliziani dagli altri territori siriani, inclusa Idlib. Ma ormai il capo del regime si sente più che mai sicuro della permanenza al potere, come ha fatto capire quando nella medesima intervista ha affrontato il tema della ricostruzione post-bellica. “La priorità – ha chiarito – verrà data ai paesi amici come la Russia, la Cina, l’Iran e altri”.

Vittime civili e propaganda

L’assenza di osservatori neutrali sul capo di battaglia rende difficile separare nettamente la realtà dalla propaganda che si spreca su entrambi i fronti. Come sempre accade nei conflitti contemporanei in cui i cosiddetti “danni collaterali” hanno una rilevanza strategica spropositata rispetto al passato, anche ad Aleppo il braccio di ferro tra le diplomazie internazionali è incentrato sulle vittime civili.

160822-aleppo-0302_f99cf07c0972e0b6131bd2989932a1b0-nbcnews-ux-2880-1000L’Onu chiede di fermare la “carneficina”, Amnesty parla di “crimini di guerra” compiuti da russi e forze di Damasco, termini utilizzati anche da molti Paesi europei e dagli Stati Uniti che intimano a Damasco di tenere a freno i suoi soldati e garantire la protezione ai civili e alla Russia di moderare i bombardamenti aerei. L’Unicef ieri ha denunciato che decine di bambini, forse oltre cento, erano intrappolati in un edificio ad Aleppo est sotto il fuoco delle forze governative siriane.

Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha parlato di “sparizioni forzate e video scioccanti di cadaveri in fiamme nelle strade” mentre stime dell’opposizione parlano di 6.000 persone arrestate, tra loro soprattutto adolescenti.

L’Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Al Hussein, ha riferito che molti civili che erano riusciti a fuggire sono “stati catturati e uccisi sul posto” riferendo di 82 civili uccisi lunedì dalle forze pro-governative in quattro diversi quartieri, tra cui 11 donne e 13 bambini. I soldati entrano nelle abitazioni e uccidono chiunque si trovi all’interno, anche donne e bambini”.

Al-Hussein è però un principe giordano che non è mai apparso imparziale nella guerra siriana e ieri gli ha fatto da contrappeso al Palazzo di Vetro l’ambasciatore russo Churkin che ha smentito le stragi di civili.

Del resto l’Onu stesso ammette che solo negli ultimi giorni oltre 100 mila persone sono fuggite dai quartieri in mano ai ribelli per rifugiarsi nelle aree controllate dai curdi o dalle forze di Damasco.
In una guerra combattuta senza risparmio anche e soprattutto sul fronte della propaganda va riconosciuto che il temuto bagno di sangue tra la popolazione non c’è stato. Nonostante Europa e Usa accusino Mosca e Damasco di crimini di guerra promettendo nuove sanzioni, l’Onu ha riferito che tra il 17 novembre (quando prese il via l’offensiva finale) e il 10 dicembre 413 civili erano morti ad Aleppo Est più altri 139 uccisi dal fuoco dei ribelli nei quartieri controllati dal governo.

images436q9co9Anche aggiungendo un centinaio di ulteriori vittime relative ai massacri attribuiti lunedì scorso alle truppe siriane arriviamo a meno di 650 civili uccisi in un mese di battaglia che molti osservatori hanno paragonato a quella di Stalingrado. Se anche fossero il doppio si tratterebbe comunque di perdite certo dolorose ma tutto sommato limitate rispetto all’ampiezza e alla ferocia della battaglia.

La reazione dell’Europa

Con la liberazione di Aleppo i siriani “hanno scritto la storia”, ha detto il presidente della Siria, Bashar al-Assad, in un breve video su Facebook e il successo più rilevante del regime dall’inizio della guerra civile nel 2011 manda in soffitta le richieste di arabi e occidentali di un accordo per la transizione del potere in Siria.
Le reazioni, in un’Europa che appare sempre di più un’appendice della Lega Araba guidata dalle petromonarchie del Golfo, non si sono fatte attendere.

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Il ministero degli Esteri britannico ha convocato gli ambasciatori di Russia e Iran a Londra per esprimere “la profonda inquietudine” del governo del Regno Unito sulla situazione di Aleppo. E’ cruciale proteggere i civili e consentire agli aiuti umanitari di arrivare”, ha detto il capo della diplomazia britannica, Boris Johnson, lasciando intendere una sintonia con Parigi, che ha chiesto e ottenuto una riunione urgente e a porte chiuse del Consiglio di sicurezza dell’Onu. “In questi giorni bui per Aleppo è importante che lì giungano osservatori internazionali dell’Onu per monitorare quanto accade”, ha spiegato Francois Delattre, ambasciatore francese alle Nazioni Unite.

Fa sorridere e mostra la pochezza politica e militare dell’Europa osservare che Parigi e Berlino sottopongano al Consiglio Europeo la proposta di mettere in campo un’iniziativa umanitaria per Aleppo: non lo hanno fatto in 4 anni di feroci scontri e vogliono farlo ora che la battaglia è finita?

Il portavoce del governo francese, Stephane Le Fooll, ha spiegato che Hollande e Merkel chiederanno al resto dei leader europei di approvare questa iniziativa, che punta in primo luogo a creare “corridoi” perchè possano essere evacuate 120mila persone che vogliono andarsene dai quartieri di Aleppo circondati dalle forze del regime di Assad; e inoltre punta a portare aiuti umanitari in questa zona della città siriana.

Secondo Le Fooll, l’operazione deve essere condotta sotto la supervisione degli osservatori delle Nazioni Unite ma la proposta franco-tedesca arriva con patetico ritardo. Mentre Parigi e Berlino pianificano di proporre un piano alla Ue i corridoi sono già stati istituiti e i civili sono già stati evacuati dai quartieri orientali di Aleppo dalle forze governative siriane e soprattutto dai russi che hanno anche messo in campo (a differenza della Ue) una mole imponente di aiuti umanitari per gli sfollati.

@GianandreaGaian

Foto AFP e SANA

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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