Somalia: verso il ritiro delle truppe del Burundi

Rischia di sfaldarsi il supporto militare dei contingenti africani alle forze somale. Il presidente del Burundi, Pierre Nkurunziza, ha minacciato il ritiro delle truppe dispiegate in Somalia nell’ambito della missione dell’Unione africana (Amisom), se non verranno pagati i salari arretrati dei militari.

“Se questa questione degli stipendi dei nostri soldati non viene risolta, siamo pronti a ritirare le nostre truppe dalla Somalia a gennaio”, ha ammonito il Capo dello Stato. Lunedì scorso, il ministro della Difesa, Emmanuel Ntahonvukiye, ha riferito in Senato di 11 mesi di arretrati da saldare ai soldati burundesi di Amisom.

Con 5.432 soldati, il Burundi è il secondo Paese per numero di militari dispiegati in Amisom dopo l’Uganda (6mila soldati) dei 22 mila della forza pan-africana.
I salari della missione sono finanziati dall’Unione europea, ma da mesi l’Ue non ha più versato al governo di Bujumbura i 5 milioni di euro mensili destinati al pagamento degli stipendi delle truppe di stanza in Somalia. Bruxelles vorrebbe infatti pagare direttamente i militari, bypassando il governo burundese per evitare che il denaro venga utilizzato per altri scopi interni.

Sanzioni internazionali sono in atto contro il Burundi, dopo la crisi politica seguita alla decisione di Nkurunziza di ricandidarsi per un terzo mandato e la sua rielezione, contestata dall’opposizione interna, nel luglio 2015. L’Ue ha sospeso gli aiuti diretti al paese dell’Africa centrale nel marzo scorso.
La Ue ha comunque reso noto nel 2016 il taglio del 20 per cento dei fondi per sostenere Amisom, decisione che ha indotto anche l’Uganda ad annunciare il ritiro delle sue truppe dalla Somalia entro la fine del 2017.

A rendere ancora più precaria la situazione in Somalia contribuisce anche la notizia dell’ennesimo rinvio delle elezioni presidenziali che erano previste (dopo tre rinvii) il 28 dicembre. L’ex colonia italiana è scossa da un clima generale di intimidazioni, accuse di frodi, sanguinose rivalità tra i clan e la minaccia degli estremisti islamici di al-Shabab.

Il presidente non doveva essere scelto direttamente dal voto popolare ma dai 275 membri del Parlamento nominati a loro volta da circa 14 mila delegati espressione dei vari clan nazionali.

Foto AMISOM

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