Ankara chiude l’Operazione Scudo dell’Eufrate

(aggiornato alle ore 9,30)

Il Consiglio di Sicurezza Nazionale turco ha decretato la fine dell’operazione militare Scudo dell’Eufrate che l’esercito turco ha condotto per sette mesi nel nord della Siria. Al termine della riunione, presieduta dal presidente Recep Tayyip Erdogan, è stato diffuso un comunicato che sottolinea come la missione sia stata “portata a termine con successo”.

Iniziata lo scorso 24 agosto, ‘Scudo dell’Eufrate’ è nata con l’obiettivo di liberare dall’Isis una parte del nord della Siria, sostenere l’avanzata del Esercito Libero Siriano e spegnere le velleità espansionistiche dei curdi siriani del PYD-YPG, considerati da Ankara terroristi come i curdi di Turchia del PKK.

Ankara ha imposto alle milizie curde dell’YPG (Forze di difesa popolare) di abbandonare la città di Manbij e di far ripiegare tutti i combattenti a est del fiume Eufrate, specificando che se tale confine fosse stato superato le forze curde sarebbero state sottoposte ad attacchi armati.

Durante le operazioni sono stati uccisi migliaia di jihadisti dell’Isis e oltre 200 curdi siriani mentre le forze turche hanno registrato almeno 60 militari caduti.

Press Tv truppe turche in Iraq

I ribelli siriani sostenuti dalla Turchia hanno strappato alle milizie jihadiste diverse cittadine fra cui Jarabulus, Al-Rai, Dabiq e Al-Bab,  località strategica circa 25 chilometri sud della frontiera turca, ultima roccaforte jihadista nel nord della Siria, strappata nel febbraio scorso ai miliziani dello Stato islamico.

Ankara non ha però fatto cenno a un eventuale ritiro delle sue truppe dal territorio siriano e il Primo Ministro,Binali Yildirim, non ha escluso “nuovi interventi”.

Intanto proseguono i preparativi per l’attacco finale a Raqqah, la capitale del cosiddetto “Califfato” in Siria. Al riguardo, il presidente Erdogan ha affermato che la Turchia vuole lavorare con gli alleati nel contesto dell’offensiva, escludendo però la presenza delle milizie curde nelle operazioni.

Turcvhi a Jarablus AFP askanews

Ankara alza la voce a che in Iraq con un comunicato in cui ha espresso il proprio disappunto per la bandiera del Governo Regionale curdo (Krg) issata sul parlamento della città di Kirkuk, nel nord dell’Iraq. Ieri il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha lanciato un monito contro “mosse e decisioni prese unilateralmente.

Troviamo profondamente ingiusta la decisone della amministrazione regionale curda, una mossa da cui non deriva alcun beneficio e che non rispetta le diverse componenti etniche che compongono l’area”.

La regione di Kirkuk (ricca di petrolio) è abitata da una popolazione mista di curdi, arabi e turcomanni ma a difendere la città dalla minaccia dell’Isis hanno provveduto dall’estate 2014 soprattutto le milizie curdo-irakene, macchiatesi secondo molte denunce anche di una sorta di “pulizia etnica” cacciando parte della popolazione araba e turcomanna.

Una preoccupazione turca è condivisa anche dalle Nazioni Unite che in una nota sottolineano come la decisione di issare la bandiera curda “può’ far salire la tensione” nell’area.

Euphrates Shield

“La Turchia sostiene l’integrità territoriale di Siria e Iraq” ha poi concluso Cavusoglu ai microfoni della tv di stato TRT. Kirkuk è al centro di una disputa territoriale tra il governo curdo del Nord dell’Iraq e Baghdad, entrambe decise a non mollare la presa su una città ricchissima di giacimenti petroliferi.

Di fatto, in Iraq come in Siria, le progressive sconfitte subite dal Califfato non consentono di rendere più stabile l regione ma alimentano dissidi e rivalità tra le diverse forze impegnate a combattere l’Isis perseguendo però obiettivi diversi.

(con fonte AGI)

Foto AFP, Press TV e Twitter

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