I migranti dimenticati

 

Marco e Gloria, i due fidanzati italiani morti a Londra nel rogo assurdo di un palazzo senza sicurezza sono il simbolo del sacrificio dei giovani italiani costretti all’emigrazione perché – nonostante la laurea e la buona volontà – per loro le porte in Italia restavano chiuse, senza concrete speranze di lavoro  e di futuro e nonostante il costo di averli fatti crescere e studiare.

Calano le nascite perché non ci sono nuove famiglie, ma anche perché non c’è sicurezza di vita per crearle e anche i migliori devono fare i conti con la disoccupazione o i contratti di formazione gratuiti, gli apprendistati sottopagati, lo sfruttamento di chi può imporre qualsiasi cosa in un mercato del lavoro a senso unico.

Dove sono i bilanci onesti di un quinquennio di job act, di mille statistiche, di voucher cancellati per motivi demagogici (perché alla fine sette euro e mezzo all’ora sono pochi ma molto meglio del nulla e ora – via i voucher – è restato il nulla)?

Siamo una società di folli dove si manifesta “per il lavoro” e per questo si bloccano i servizi, in cui leggi, sindacati, diritti acquisiti sono intoccabili a vantaggio di chi ha già dei diritti, ma non c’è tutela per quelli – ormai la maggioranza – fuori dal mercato del lavoro e che, restandoci sine die, sono costretti ad emigrare.

Alla fine – e non certo contenti – ai  tanti Marco e alle Gloria del nostro paese non resta che scappare, sperando per il meglio: 400.000 giovani italiani solo nell’area di Londra ma quelli in Germania, in USA e Australia sono anche di più.

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Non sono molto diversi dai loro nonni obbligati a salpare per le Americhe. Oggi forse ci arrivano in poche ore in economy class o atterrano a  Londra con Easyjet, ma alla fine scappano allo stesso modo e sono costretti a farlo perché in Italia risposte concrete non ce n’è.

Dobbiamo iniziare a porci delle domande, per esempio se sia drammaticamente meglio spendere miliardi per accogliere i migranti o per assicurare un prestito d’onore ai neolaureati.

E’ meglio – in termini di paese – aiutare centinaia di migliaia di persone che non parlano l’italiano e che si integrano con estrema difficoltà, che volenti o nolenti creano una infinità di problemi o aiutare finalmente altrettanti giovani che potrebbero rilanciare la nazione?

I conti sono presto fatti: ogni migrante ci costa almeno 1000 euro al mese di solo mantenimento, poi c’è tutto l’indotto dall’assistenza sanitaria alla sicurezza.

Migliaia di nostri giovani neolaureati o neodiplomati non meriterebbero forse un periodo di avvio al lavoro o di prestito d’onore a 1000 euro al mese?

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Un arrivo in meno e un italiano aiutato e inserito in più: il conto è pari, visto che solo il 4% dei richiedenti asilo dimostra poi di averne diritto (vedi la tabella più sotto). Non si vuole preconcettualmente buttare a mare nessuno, ma forse è arrivata l’ora di un maggiore equilibrio, filtrando davvero gli arrivi e destinando risorse concrete a chi merita, ma soprattutto investendo nel futuro del nostro paese, ai minimi europei per lo sviluppo.

Quanto “perdiamo” ogni anno per i cervelli che – pur faticosamente formati – se ne vanno all’estero? Senza considerare tutte le problematiche sociali, umane, famigliari, e di mancata innovazione che innescano queste partenze.

E’ un conto drammatico cui non pensa nessuno, tantomeno Palazzo Chigi. Non si tratta di essere o meno “buonisti”, ma mantenere un atteggiamento responsabile e serio davanti al fenomeno dell’immigrazione clandestina. Sono i numeri che sottolineare il fallimento dell’Italia in questo campo e fanno comprendere lo scetticismo europeo nei nostri confronti.

Per esempio a fronte di centinaia di migliaia di arrivi, in tre anni (dal 1.1.2014 al 31.12.2016) dall’Italia sono stati espulse solo 9.925 persone contro i 35.745 della Francia e i 19.859 della Germania.

Guardate il caso dei nigeriani: arrivati nel solo 2016 in 18.542, sono stati accolti (compresi per arrivi negli anni precedenti) solo 521 domande di asilo e quindi 18.521 di loro (solo del 2016) sono ufficialmente clandestini, più tutti quelli che erano arrivati prima.

Eppure nel 2016 sono stati espulsi solo 120 cittadini nigeriani ovvero lo 0,7% di chi doveva esserlo. E poi ci stupiamo se arrivano a frotte e in Europa non vogliono aiutarci sostenendo che siamo poco seri, oppure che a Torino sia in corso un processo con 44 imputati per la mafia nigeriana che ha preso piede in Piemonte?

Foto: Marina Militare

 

Marco ZaccheraVedi tutti gli articoli

Laureato in Economia Aziendale all'Università Luigi Bocconi e in Storia delle Civiltà all'Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, è giornalista pubblicista e dottore commercialista. La lunga carriera politica in Alleanza Nazionale e Popolo delle Libertà lo ha portato a ricoprire diversi incarichi tra i quali consigliere regionale in Piemonte, membro della Camera dei deputati in cui ha fatto parte della commissione Esteri e Difesa, presidente della delegazione italiana alla UEO di Parigi e componente del Consiglio d'Europa a Strasburgo, e sindaco di Verbania. Autore di numerose opere tra cui Diario Romano (2008) e Integrazione (im)possibile? Quello che non ci dicono su Africa, Islam e immigrazione (2018). Impegnato nelle associazioni di volontariato e per la cooperazione internazionale, nel 1981 ha fondato i Verbania Centers, attivi in diversi paesi dell'Africa ed in America del Sud.

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