Dai migranti alla Libia per l’Italia il rischio è l’irrilevanza

Dal summit del Gruppo di Contatto euro-africano sulla rotta del Mediterraneo centrale, tenutosi lunedì a Tunisi,  sono emerse svolte o soluzioni possibili ai flussi migratori che dall’inizio dell’anno hanno portato in Italia oltre 90 mila persone.

“Su questi temi non c’è’ un’unica soluzione miracolosa, c’è invece l’idea di mettere in campo un progetto strategico sapendo che nessun Paese può farcela da solo, e che nessun Paese può essere lasciato solo” ha sottolineato il 24 luglio il ministro dell’Interno italiano, Marco Minniti, aggiungendo che “chi ha orecchie per intendere, intenda”.

Il vertice è stato interpretato dall’Italia come un’ulteriore occasione per ribadire ai partner la richiesta di condividere i flussi migratori già respinta in più occasioni nelle scorse settimane al summit Ue di Tallin e al G-20 di Amburgo. Del resto erano presenti a Tunisi i ministri degli stessi Paesi che hanno bocciato ogni ipotesi di accogliere i migranti illegali dalla Libia e che respingono in Italia quanti riescono a superare furtivamente i confini settentrionali della Penisola, sempre più blindati dalle forze di sicurezza dei nostri vicini.

Il 24 luglio anche il Presidente Sergio Mattarella si è espresso con toni insolitamente ruvidi sulla necessità di farsi rispettare a Bruxelles. “Sono certo che questa fermezza negoziale ci consentirà di superare i numerosi ostacoli che impediscono un lungimirante governo del tema che forse è più’ rilevante di tutti di fronte all’Unione Europea, la gestione del fenomeno migratorio”.

“E’ una discussione collegiale, seria e responsabile, quella che chiediamo – ha aggiunto il Capo dello Stato –  senza spazio per battute estemporanee al limite della facezia, che non si addicono al dialogo e al confronto internazionali”.

IFRONTEX

Un chiaro riferimento alle “raccomandazioni” formulate nei giorni scorsi all’Italia da Austria e paesi del Gruppo di Visegrad, giudicate offensive a Roma, anche se le parole di Mattarella non sembrano tenere conto di alcuni aspetti concreti.

Ormai è chiaro che gli europei non apriranno i confini ai migranti illegali presenti in Italia perché ritengono che questo accentuerebbe i flussi dall’Africa e già negli anni scorsi Roma era stata criticata duramente per “l’astuzia” di non aver registrato oltre 100mila migranti illegali poi defluiti in Nord Europa.

A Tunisi è riemersa la proposta di bloccare i flussi dai confini meridionali libici considerandoli “il confine sud dell’intera Africa settentrionale e il confine sud dell’intera Europa” come ha detto Minniti.

In termini pratici però presidiare i confini libici con Niger, Algeria e Ciad, anche per contrastare i movimenti jihadisti e i trafficanti, significherebbe dispiegare forze militari consistenti a costi e rischi molto elevati. Lo sanno bene i francesi che con l’Operazione anti terrorismo Barkhane schierano 3mila militari in tutta la vasta regione del Sahel.

Un impegno che nessuno nella Ue sembra intenzionato a sobbarcarsi soprattutto perché i risultati potrebbero essere deludenti considerando gli immensi spazi desertici da controllare e la possibilità che i trafficanti modifichino i percorsi per sfuggire ai controlli.

Minniti, che vorrebbe dalla Ue in Libia lo stesso impegno finanziario messo a punto con la Turchia per fermare la “rotta balcanica” (che però minacciava la Germania), ha sottolineato i progressi compiuti dalla Guardia costiera libica nel fermare i gommoni e barconi.

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Progressi “certificati” dall’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (Oim) che ha dato conto di 10mila persone soccorse e di 5.000 riportate nei paesi di origine con rimpatri volontari assistiti.

Come ha detto Minniti “è possibile pensare a condizioni di accoglienza in Libia nel rispetto dei diritti umani ed è possibile pensare anche a dei rimpatri volontari assistiti verso i Paesi di provenienza”.

Rafforzare i respingimenti significa però cambiare la politica seguita in questi anni da Roma, chiudendo i porti italiani agli sbarchi e riportando in Libia i migranti soccorsi in mare in cooperazione con la Guardia costiera libica e accordandosi con Oim e Unhcr per accoglierli e rimpatriarli.

Come Analisi Difesa ribadisce da anni, si tratta dell’unica strada percorribile da Roma se vuole evitare di trovarsi isolata in un’Europa sempre meno amica e non solo sul fronte dell’immigrazione.

Il flop sul rinnovo dell’Operazione Sophia

Ieri il Consiglio Europeo ha prorogato fino al 31 dicembre 2018 il mandato di Eunavfor Med, l’Operazione Sophia dell’Ue che avrebbe dovuto seguire il fumoso compito di “smantellare il modello di business dei trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale” ma in due anni li ha solo incentivati soccorrendo e poi sbarcando migranti illegali in Italia.

L’operazione svolge due compiti di sostegno: formare la guardia costiera e la marina libiche e contribuire all’attuazione dell’embargo dell’ONU sulle armi in alto mare al largo delle coste libiche conformemente alle risoluzioni 2292 (2016) e 2357 (2017) del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Il Consiglio ha inoltre modificato il mandato dell’operazione per far fronte a nuovi compiti:

  1. – istituire un meccanismo di controllo del personale in formazione per assicurare l’efficienza a lungo termine della formazione della guardia costiera libica
  2.  svolgere nuove attività di sorveglianza e raccogliere informazioni sul traffico illecito delle esportazioni di petrolio dalla Libia, conformemente alle risoluzioni 2146 (2014) e 2362 (2017) del Consiglio di sicurezza dell’ONU
  3.  migliorare le possibilità per lo scambio di informazioni sulla tratta di esseri umani con le agenzie di contrasto degli Stati membri, Frontex ed Europol

Eunavfor Med non è mai riuscita ad eseguire i compiti assegnati in occasione della sua costituzione ma dovrà espletarne altri peraltro molto confusi sul piano pratico.
Cosa significa nel concreto “monitorare le attività post-formazione della Guardia costiera e della Marina militare libiche”?
Controllare che siano stati ben addestrati? Che facciamo al meglio il lavoro di riportare sulle coste libiche i migranti illegali intercettati?

Paolo Romani, presidente dei senatori di Forza Italia e attento osservatore, ha chiesto se tale impegno sia da mettere in relazione all’ipotesi di accettazione di un’area di competenza SAR (Rcerca e Soccorso) da parte della Libia emersa dalla riunione tenutasi questa mattina alla presenza del commissario europeo alla Migrazione, Dimitris Avramopoulos”.

“Sempre fonti europee infatti parlano di 3.000 migranti salvati in mare dalla Guardia costiera libica e riportati nel Paese e di altri 11.000 bloccati alla partenza: chiediamo dunque se l’operazione Sophia supporterà i libici in questo tipo di operazione”.
Roma del resto aveva fatto sapere di voler condizionare il rinnovo dell’Operazione Sophia alla disponibilità dei paesi che hanno schierato le loro navi a sbarcare i migranti soccorsi nei porti nazionali invece che in Italia.
Pregiudiziale a cui il governo italiano sembra  quindi aver rinunciato anche se, come sottolinea Romani “resta difficile comprendere come la riserva posta dall’Italia al rinnovo dell’operazione sia caduta visto che le richieste di condivisione dell’accoglienza sono state rinviate alla definizione del piano operativo”.

Che è poi lo stesso piano operativo dell’operazione Triton gestita dell’agenzia europea delle frontiere Frontex che verrà aggiornato a settembre.
Nel rinnovo dell’Operazione Sophia non viene citato del resto neppure il punto più importante, cioè il passaggio a quella Fase 3 che consentirebbe alle navi europee di entrare in acque libiche, cooperare con la Guardia costiera di Tripoli e contrastare direttamente i trafficanti bloccando i flussi migratori.

Italia isolata in Europa?

Oltre alla infinita emergenza migranti sono anche altri gli elementi che indicano un progressivo isolamento dell’Italia in Europa. L’annuncio congiunto di Emmanuel Macron e Angela Merkel per la realizzazione di un nuovo aereo da combattimento, il 13 luglio scorso, ha infatti colto di sorpresa l’Italia, terza potenza militare della Ue dopo l’uscita di Londra che non è stata invitata ad aderire al programma benchè da tempo impegnata a sostenere il progetto di Difesa Europea.

Ormai dovremmo avere la consapevolezza che quelli che definiamo partner sono in realtà i nostri più agguerriti competitor e per comprendere il clima di fraternité che i francesi nutrono verso l‘Italia basta notare che Macron non accetta che i cantieri STX passino sotto il controllo di Fincantieri quando Parigi ha “tollerato” per anni che fossero per il 66% di proprietà sudcoreana.

La considerazione in cui è tenuta l’Italia è del resto emersa chiaramente anche dal vertice organizzato dall’Eliseo e tenutosi ieri a La Celle Saint Cloud, non lontano da Parigi, tra i due leader libici rivali, il generale Khalifa Haftar e il premier riconosciuto Fayez al-Sarraj, ospiti di Macron.

Un summit che ha ottenuto il successo di annunciare un accordo tra le due parti per il cessate il fuoco (non contro le milizie dei gruppi jihadisti) ed elezioni il “prima possibile”, ma che punta chiaramente ad assicurare ai francesi la leadership del processo di stabilizzazione libica sottraendo influenza all’Italia.

Macron tenta quindi con la diplomazia il colpo basso che Nicolas Sarkozy (in compagni di Barack Obama e David Cameron) tentò con le armi nel 2011 rovesciando il regime di Muammar Gheddafi con i risultati devastanti che sono oggi davanti agli occhi di tutti.

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A differenza dell’Italia, Parigi incassa il vantaggio di aver mantenuto ottimi rapporti con entrambi i fronti libici, riconoscendo al-Sarraj ma al tempo stesso sostenendo anche sul piano militare l’esercito di Haftar.

La notizia dei colloqui di Parigi, trapelata nei giorni scorsi sui media arabi editi in Gran Bretagna, pare sia stata anticipata da Macron a Londra e probabilmente anche a Washington (durante la visita di Trump a Parigi per le celebrazioni del 14 luglio?), ma non a Roma.

Del resto il summit doveva essere stato preparato da tempo se prima ancora dell’inizio dei colloqui l’Eliseo ha fatto circolare la bozza dell’accordo che è stato poi discusso e approvato.

E poco importa che Macron abbia negato dissidi con l’Italia e fonti dell’Eliseo abbiano precisato che Parigi “è molto rispettosa della forte relazione tra l’Italia e la Libia” e che “lavora e vuole continuare a lavorare strettamente con l’Italia sull’insieme delle iniziative”.

Una sorta di “excusatio non petita” che rafforza la percezione di una progressiva marginalità di Roma che rischia di scivolare nell’irrilevanza.

 

Foto: EPA, Reuters, CNN e Frontex

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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