Migranti, la vera opzione rimane la difesa delle frontiere

da Il Mattino del 10 luglo 2017

Dopo aver rimedito una serie di sconfitte internazionali, dalla Ue al G-20, nella campagna per ottenere maggiore solidarietà nella gestione dei flussi migratori illegali dalla Libia, il governo italiano sembra propenso a valutare qualche contromisura nei confronti dei partner europei. Tra le diverse opzioni in valutazione quella che sembra essere più probabile prevede l’uscita dell’Italia dall’operazione europea Triton, gestita dall’agenzia delle frontiera Frontex.

Un’operazione composta da una mezza dozzina di navi militari che ha in teoria il compito di sorvegliare i confini dell’Europa ma che in realtà si limita, come l’altra flotta europea (Eunavfor Med) e le forze navali italiane a raccogliere i migranti illegali da gommoni e barconi e a sbarcarli nei porti italiani.

L’uscita dell’Italia dall’Operazione Triton di fatto determinerebbe la fine di quella missione che, come la gemella Operazione Poseidon richiesta da Atene, nacque in seguito all’esigenza manifestata dall’Italia di avere supporto nel le operazioni di soccorso gestite nel 2013-14 quasi interamente dalle navi militari italiane dell’operazione di soccorso Mare Nostrum.

Difficile infatti immaginare che i partner europei accettino l’uscita dell’Italia da Triton e ordinino alle loro navi di sbarcare nei porti di casa i migranti soccorsi in mare.

Se non fossero bastati i no decisi di Francia e Spagna, la solidarietà solo di facciata espressa dalla Commissione europea e l’esito del Vertice di Tallinn, a silurare ogni speranza di Roma di suddividere con i partner gli immigrati illegali in arrivo dalla Libia ha provveduto in modo lapidario il documento finale del G20 che sul tema migranti ha sottolineato “il diritto sovrano degli Stati di gestire e controllare i loro confini e stabilire politiche nell’interesse della sicurezza nazionale”.

Cioè esattamente quello che l’Italia non ha mai fatto da quando, nel 2013, riesplose l’emergenza migranti dalla Libia destabilizzata grazie alla guerra della Nato contro il regime di Muammar Gheddafi.

Per queste ragioni se la “rappresaglia” di Roma porterà davvero all’uscita dall’Operazione Triton che l’Italia stessa aveva richiesto (accettando, o pretendendo, come ha rivelato l’ex ministro degli Esteri, Emma Bonino, che tutti i migranti illegali venissero sbarcati in Italia), il rischio è che le flotte europee ritirino dal Canale di Sicilia le lorio navi, una decina in tutto contando anche quelle dell’operazione Eunavfor Med, missione a comando italiano ma che difficilmente potrebbe sopravvivere a un’iniziativa di Roma di “rottura” nei confronti della Ue.

Potrebbero andarsene anche le 10 navi delle Ong, accusate in più occasioni dalla Guardia costiera libica di essere in combutta con i trafficanti, che hanno già fatto sapere di non voler accettare il codice di condotta concordato da Roma e Bruxelles che prevedrebbe la presenza a bordo di agenti di polizia italiana, il divieto di spingersi nelle acque libiche e di spegnere i trasponder per non farsi rilevare oltre alla trasparenza su equipaggi e finanziamenti.

Con una ventina di navi soccorso europee militari e civili in meno in mare, lo scenario operativo diventerebbe lo stesso del 2013, quando Marina, Guardia Costiera e Guardia di Finanza italiane gestivano da sole i flussi di barconi dalla Libia con la necessità oggi di mobilitare un maggior numero di navi con conseguenti oneri finanziari alle stelle.

Un contesto difficile sul piano operativo, che vedrebbe l’Italia isolata sul piano politico ed esposta all’impatto di nuovi massicci esodi dalle coste libiche tesi proprio a saturare le capacità di soccorso provocando molti morti in mare per suscitare sdegno e costernazione internazionale.

Si può stare certi che anche i trafficanti stanno valutando quali iniziative assumere per scongiurare ripercussioni negative sul loro business. Negli ultimi giorni, in coincidenza con il dibattito sollevato dall’Italia nei consessi internazionali, i flussi dalle coste libiche sono stati casualmente sporadici come mai prima d’ora.

Il sospetto è che stiano preparandosi a far salpare un numero mai visto prima di barconi e gommoni con l’obiettivo di provocare tragedie in mare e di riempire le navi delle Ong creando un contesto drammatico sul piano umanitario e quindi politico in cui il governo italiano debba rinunciare alle pretese chiudere i porti o di condividere e frenare i flussi.

L’occasione sarebbe invece propizia per cogliere la raccomandazione insita nel messaggio del documento conclusivo del G20 di Amburgo e ricominciare a difendere frontiere e interessi nazionali chiedendo il supporto delle presenti flotte europee per risbarcare in Libia i migranti soccorsi in cooperazione con la Guardia Costiera di Tripoli, che già svolge questa missione pur con i limiti imposti dai suoi poveri mezzi.

Si tratta dell’unica opzione concreta in grado di salvare vite, combattere i trafficanti e far cessare i flussi dimostrando l’inviolabilità dei confini marittimi italiani ed europei.

Foto Frontex

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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