Libano: Trump vuole i caschi blu in guerra contro Hezbollah

Gli Stati Uniti attaccano duramente la missione delle Nazioni Unite nel sud del Libano (Unifil), accusata di lasciar transitare le armi che Iran e Siria inviano alle milizie Hezbollah.

L’ambasciatrice all’Onu, Nikki Haley, ha affermato che la forza di pace di 10.500 uomini, di cui 1.125 italiani, “non sta svolgendo il suo lavoro in modo efficace”. Nel mirino è finito in particolare il comandante di Unifil, il generale irlandese Michael Beary: “Ciò che trovo del tutto sconcertante è il comandante che sembra essere l’unico nel sud del Libano a essere cieco, c’è un’imbarazzante mancanza di comprensione di ciò che accade intorno a lui” ha detto la diplomatica nominata dall’Amministrazione Trump.

Già a inizio settimana la Francia si era opposta al Consiglio di Sicurezza Onu al cambio di mandato della missione Unifil (in cui sono schierati anche 800 militari francesi), proposta dagli Stati Uniti secondo i quali i caschi blu, oltre a monitorare il rispetto del cessate il fuoco nel sud del Paese al confine con Israele, dovrebbero contrastare il traffico di armi che dall’Iran via Siria giungono alle milizie sciite di Hezbollah.

“Chiediamo ai membri del Consiglio di Sicurezza Onu di unirsi a noi nello sforzo per rendere Unifil una missione di peacekeeping più solida, e per contrastare i movimenti terroristici in Libano e nella regione”, sarebbero state le parole dell’ambasciatrice american all’Onu, Nikki Haley (nella foto d’apertura), pronunciate durante un meeting a porte chiuse con altri rappresentanti dei paesi del Consiglio di Sicurezza.

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“Vogliamo mantenere la missione così com’è”, aveva risposto Anne Gueguen, vice rappresentante della Francia alle Nazioni Unite, aggiungendo che l’Eliseo non vede alcuna ragione per modificare la missione il cui mandato è stato aggiornato dopo la guerra dell’estate del 2006 tra Israele ed Hezbollah.

Gli Usa vorrebbero imprimere a Unifil un nuovo mandato, più aggressivo nei confronti di Iran e governo siriano alleati di Hezbollah ma un simile ampliamento dei compiti snaturerebbe la missione mettendo a rischio l’esistenza stessa della forza Onu e la sua legittimazione, nonché la sicurezza dei caschi blu schierati nel cuore del territorio controllato da Hezbollah nel sud del Paese dei Cedri, con assetti tattici non certo idonei al combattimento ma solo a perlustrare il territorio e la “Blue Line” che segna il confine con Israele.

Quello di Washington è quindi un attacco senza precedenti alla missione dell’ONU soprattutto tenendo conto di tre aspetti non certo irrilevanti.

Innanzitutto non vi sono stato significative azioni di attacco a Israele da parte di Hezbollah da quando la missione Unifil, varata nel 1978, è stata riorganizzata dopo il conflitto del 2006.

E’ vero che Hezbollah non ha subito dai caschi blu forti contrasti per bloccare l’afflusso di armi o sequestrare i numerosi depositi ma è necessario sottolineare che la disposizione sul terreno dei militari di Unifil consente il pattugliamento del territorio del Sud del Libano ma non certo la difesa di posizioni e il combattimento.

Infine, aspetto non irrilevante, in Libano sono schierati molti caschi blu europei ma non statunitensi, valutazione che rende più facile a Washington attaccare il ruolo della forza Onu mentre gli USA si limitano a fornire armi ed equipaggiamenti all’esercito di Beirut che però combatte le milizie dell’Isis al fianco di Hezbollah e con il supporto aereo e terrestre dell’esercito siriano.

Un portavoce dell’Onu, Stephan Dujarric, ha ribadito “la totale fiducia” nel generale Beary, ma la nuova sortita Usa rischia di infiammare il dibattito in corso al Palazzo di Vetro sul futuro della missione Unifil.

La linea dell’Amministrazione Trump, dichiaratamente ostile all’Iran e ai suoi alleati (Siria ed Hezbollah) e allineata con gli interessi di Israele e delle monarchie sunnite del Golfo (sauditi in testa) rischia di proseguire l’opera di destabilizzazione del Medio Oriente/Nord Africa inaugurata da Barack Obama (guerra alla Libia, ritiro dall’Iraq, minacciata guerra ad Assad e forniture di armi ai ribelli siriani….) seminando ulteriormente il caos alle porte dell’Europa.

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Una ragione in più per far sentire anche la voce dell’Italia, che di Unifil ha avuto a lungo il comando e vi schiera ancora il più importante contingente europeo.

Su questa vicenda Roma ha l’occasione per trovare un’importante intesa con Parigi, utile per affrontare altri delicati dossier (dalla Libia a STX-Fincantieri) e per far sentire la sua voce agli USA, anche minacciando il ritiro dei nostri contingenti dalle missioni in Afghanistan e Iraq, per noi del tutto marginali in questo momento ma dove schieriamo complessivamente 2.400 militari con 15 aerei ed elicottero.

Un’arma di pressione non indifferente specie ora che Trump ha annunciato l’invio di rinforzi a Kabul chiedendo agli alleati NATO di contribuire con nuove truppe.

@GianandreaGaian

da Nuova Bussola Quotidiana

Foto: AP, Brigata Pozzuolo del Friuli e Reuters

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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