Polemiche strumentali sui rapporti tra Roma e le milizie libiche

da Il Mattino del 1° settembre 2017 (titolo originale “Libia, il sucesso dell’Italia fa invidia”)

Stanno suscitando polemiche le rivelazioni che negli ultimi giorni sono arrivate dalla stampa internazionale che sollevano ombre e dubbi sugli accordi che hanno permesso di congelare, se non ancora di interrompere, la rotta libica che ha portato in Italia 650 mila immigrati illegali dal 2013.

Prima un’inchiesta dell’agenzia Reuters poi una della Associated Press hanno rivelato che un paio di milizie, “Brigata 48” e “al-Ammu”, già note per essere in combutta con i trafficanti nell’area di Sabratha, ora bloccano gli imbarchi dei migranti su gommoni e barconi impedendo loro di salpare. L’ipotesi è che l’Italia le paghi direttamente o indirettamente attraverso il governo di Fayez al-Sarraj cui peraltro le due milizie sono legate e una di esse, al al-Ammu, pare garantisca la sicurezza anche agli impianti dell’ENI nel terminal del gas di Melitha.

Secondo queste fonti di stampa, riprese da grandi media anglo-sassoni, l’accordo tra l’Italia e le milizie ora votate a contrastare i traffici di immigrati illegali, sarebbe stato stipulato un mese or sono e avrebbe un valore di 5 milioni di dollari al mese.

ROME, ITALY - FEBRUARY 01: Italian Interior Minister, Marco Minniti speaks during a press conference after signing an agreement with representatives of associations of Islamic Communities in Italy to strengthen the dialogue and cooperation against religious extremism, in Rome, Italy on February 01, 2017. (Photo by Alvaro Padilla/Anadolu Agency/Getty Images)

Di “accordo diretto” tra Roma e le milizie ha parlato all’AP Abdel-Salam Helal Mohammed, direttore generale del dipartimento del ministero dell’Interno libico per la lotta alla migrazione illegale. Invece secondo il portavoce di al-Ammu, Bashir Ibrahim, “un mese fa le due forze hanno raggiunto un accordo verbale con il governo italiano e quello di al-Sarraj per combattere il traffico. In cambio del loro impegno le milizie hanno ricevuto equipaggiamenti, imbarcazioni e stipendi”.

Nel complesso scenario libico molte milizie hanno anche incarichi istituzionali: al-Sarraj non ha esercito o polizia e si appoggia su milizie che lo sostengono o appoggiano qualcuno dei suoi ministri per affinità politica o tribale, senza per questo rinunciare a gestire anche traffici illeciti.

Così è lo stesso Ibrahim a precisare all’AP che la sua milizia fa capo al ministero della Difesa del governo di al-Sarraj, mentre la Brigata 48 dipende dal ministero dell’Interno: cioè sono in qualche modo milizie ufficializzate.

“L’integrazione delle due milizie nelle forze di sicurezza di al-Sarraj permetterebbe all’Italia di lavorare direttamente con queste forze, non più considerate milizie o trafficanti, ma parte del governo riconosciuto” sottolinea la stessa AP.

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Una valutazione oggettiva in un contesto di critiche piovute sull’Italia dai media di molti paesi, inclusa la tv pubblica tedesca.

“Il governo italiano non tratta con i trafficanti” di essere umani in Libia ha liquidato la questione la Farnesina anche se nella vicenda ci sono diversi aspetti che meritano di essere evidenziati.

Non appena l’Italia è riuscita senza l’aiuto dell’Europa, inaspettatamente per molti nostri “partner”, a ottenere un considerevole successo bloccando in poche settimane gran parte dei flussi di migranti illegali emergono “casualmente” reportage che infangano l’iniziativa di Roma presentandola come frutto di complicità coi criminali libici.

Il successo del “piano Minniti” ha riportato l’Italia al dentro del grande gioco politico in Libia e questo non piace a franco-britannici e tedeschi accomunati dall’ambizione di ridimensionare il ruolo dell’Italia nell’area mediterranea.

Inoltre il successo di Minniti ha lasciato conti in sospeso all’interno del governo dove in molti attendono solo un suo passo falso per ridare slancio, con la scusa umanitaria, “all’industria dell’accoglienza” che quest’anno avrebbe visto stanziamenti pubblici pari a quasi 5 miliardi.

Anche il mondo delle Ong ha il dente avvelenato con il “nuovo corso” in tema di immigrazione illegale: il codice di comportamento imposto da Minniti le ha di fatto quasi del tutto estromesse dal business dei soccorsi mentre grazie alle nuove capacità operative fornite dall’Italia, la Libia ha cacciato le “navi umanitarie” dalle sue acque.

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Non si possono forse considerare strumentali le inchieste giornalistiche ma non si può non sottolineare l’impatto politico di queste rivelazioni.

Il problema del traffico di esseri umani verso l’Italia, che in Tripolitania rappresenta circa la metà del PIL, si può risolvere concretamente in due soli modi. Il primo è attuando respingimenti assistiti affidati alla nostra Narina militare che soccorra i migranti sbarcandoli di forza sulle spiagge libiche col rischio di scontri a fuoco con trafficanti e milizie.

Un’ipotesi certo alla portata dei nostri militari ma che politicamente non è stata finora presa in considerazione da nessuno dei tre governi che hanno gestito queste emergenza (Letta, Renzi e Gentiloni).

Rimane quindi solo l’opzione di negoziare con gli interlocutori sul campo in grado di rispondere all’esigenza italiana di fermare i flussi e questi sono certamente il governo di al-Sarraj, i militari della Guardia costiera (istituzione in passato non sempre trasparente) e le milizie locali che sostengono il governo.

In queste compagini non ci sono né santi né eroi ma le controparti non si possono scegliere e si negozia con coloro che controllano il territorio, anche se il più pulito “ha la rogna”.

A questo servono la diplomazia e i servizi segreti, apparati dello Stato entrambi molto (opportunamente) presenti in Libia.

Libya's UN-backed Prime Minister-designate, Fayez al-Sarraj, flanked by members of the presidential council, speaks during a press conference on March 30, 2016 in the capital Tripoli. Fayez al-Sarraj arrived in Tripoli following months of mounting international pressure for the country's warring sides to allow him to start work. / AFP PHOTO / STRINGER

Meglio ricordare a chi storce il naso che britannici, francesi e statunitensi hanno schierato da tempo in Libia unità di forze speciali che operano al fianco di diverse milizie, quelle tribali colluse con molti traffici illeciti nel sud del paese, quelle di Haftar in Cirenaica, quelle di Tripoli e di Misurata in Tripolitania. Entità politico-militari non certo di specchiata onestà ma che sono alleati indispensabili se si vuole restare presenti in Libia.

Inutile qui di scandalizzarsi se l’Italia sta perseguendo l’obiettivo prioritario di fermare i flussi migratori illegali anche appoggiandosi su milizie riconosciute dal governo libico: una decisone che ci costerà meno in termini finanziari e sociali che assistere in Italia altri 100 mila o più immigrati clandestini attesi entro fine anno.

Del resto Roma sta finanziando con 28 milioni di euro le agenzie dell’Onu per far rimpatriare i migranti bloccati in Libia e sta portando avanti un programma di istruzione e cooperazione con polizia e Guardia costiera libiche (mille uomini verranno addestrati a breve dagli italiani) a tutela dei nostri interessi.

 

Foto:  Getty Images, Ansa, AFP e Marina Militare

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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