Le nuove missioni militari in Africa indicano una svolta?

da Il Sole 24 Ore del 18 gennaio

Difficile dire se le nuove missioni militari in Africa annunciate dal governo e condivise anche da parte dell’opposizione rappresentino una reale svolta nell’impiego dei militari oltremare rispetto a un passato che, dagli anni ’90, ha visto l’Italia schierare truppe ovunque lo chiedessero gli alleati e soprattutto gli Stati Uniti.

Le nuove missioni in Libia, Tunisia e Niger indicano una maggiore attenzione alle esigenze di difesa europea (non a caso l’intervento a Niamey è coordinato con francesi, tedeschi, belgi e spagnoli) ma non è in antitesi con gli impegni italiani in ambito NATO.

Proprio all’Alleanza Atlantica fa capo infatti la missione di addestramento e consulenza in Tunisia che impegnerà 60 militari italiani col compito di costituire il comando di una brigata interforze che integri militari, polizia e guardia nazionale in operazioni antiterrorismo contro insurrezionali.

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Le nuove missioni impegneranno quest’anno al massimo 600 militari e 100 milioni di euro che verranno bilanciati dal dimezzamento dei 1500 militari schierati in Iraq e dal taglio di 200 dei 900 effettivi dislocati in Afghanistan.

Il ridimensionamento del contingente in Iraq nell’ambito della Coalizione a guida statunitense dell’Operazione “Inherent Resolve” non deve essere interpretato come è uno “sgarbo” a Washington poiché dopo la sconfitta militare del Califfato tutti gli alleati stano ritirando aerei e truppe o stanno pianificando di farlo nel corso dell’anno.

Diversa la valutazione sulla riduzione delle forze italiane in Afghanistan proprio mentre gli Usa stanno rafforzando la loro presenza militare nel paese asiatico a contrasto di Talebani e Stato Islamico chiedendo agli alleati europei di fare altrettanto. Il ritiro parziale italiano non lascia scoperta la sicurezza nell’Afghanistan Occidentale poiché i nostri soldati a Herat verranno sostituiti da quelli di altri membri della NATO.

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Tuttavia la schizofrenica e inconcludente strategia americana nel conflitto afghano -ha generato malcontento presso molti alleati europei, oggi più che mai restii a restare ancora a lungo coinvolti in una guerra priva di prospettive.

Del tutto nazionale è invece la rafforzata missione in Libia che vedrà salire i nostri militari da 270 a quasi 400 integrando la missione sanitaria a Misurata con l’invio di istruttori, tecnici e consiglieri militari che addestreranno le forze fedeli al governo di Fayez al-Sarraj, continuando l’opera già iniziata di ripristino e riparazione dei mezzi militari libici come le motovedette della Guardia costiera impegnate nel contrasto ai traffici di esseri umani e i velivoli cargo C-130 dell’aeronautica.

Le missioni militari quest’anno indicano come il focus strategico dell’Italia si stia spostando da Medio Oriente e Asia Centrale, dove l’Italia è a ruota degli USA, alle “porte di casa”, nel Mediterraneo e in Africa da dove provengono le maggiori minacce alla sicurezza nazionale: terrorismo, destabilizzazione jihadista e immigrazione illegale.

Una svolta che sembra inserirsi nell’ottica di rafforzare i processi di difesa e di cooperazione militare in ambito Ue più volte raccomandati dal governo italiano senza dimenticare che i partner dell’Unione sono anche i nostri principali competitor.

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Il rafforzamento della presenza italiana in Libia è quindi teso a sostenere il ruolo di Roma nella sua ex colonia minacciato dall’influenza soprattutto francese. La missione in Niger, che coinvolgerà nel Sahel anche altri contingenti Ue, da un lato consentirà in prospettiva a Parigi di ridurre il suo importante impegno militare nella regione ma al tempo stesso aprirà spazi alla penetrazione italiana e di altri Stati europei nelle ex colonie francesi.

Circa l’efficacia delle nuove missioni in Africa molto dipenderà dalla loro reale portata in termini di forze schierate e compiti assegnati. E’ evidente che con i 120 militari che schiereremo in Niger da qui a giugno sarà possibile appena costituire una base logistica (probabilmente all’aeroporto di Niamey dove sono già presenti le basi francese, statunitense e tedesca) e avviare l’addestramento delle forze nigerine come previsto dall’accordo di cooperazione militare bilaterale siglato tra Italia e Niger a fine settembre.

Ampliare il contingente e i compiti assegnati spetterà eventualmente al nuovo governo che uscirà dalle elezioni del 4 marzo.

Foto AFP e Difesa.it

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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