L’Isis combatte ancora, anche in Iraq

(aggiornato il 19 marzo ore 10,40)

Lo Stato islamico in Iraq, dichiarato sconfitto nel dicembre scorso dal premier Haider al-Abadi, rappresenta in realtà ancora una minaccia; da qualche settimana, infatti, le milizie jihadiste del “Califfato” stanno conducendo una insurrezione armata “di basso profilo” concentrata soprattutto nelle province di Diyala, Salahuddin e Kirkuk.

Secondo quanto riferiscono diversi rapporti, nell’ultimo periodo decine di civili e di membri delle forze di sicurezza irakene – assieme a miliziani di Daesh [acronimo arabo per lo SI] – sono stati uccisi in attacchi mirati o scontri a fuoco. La coalizione internazionale a guida statunitense continua a sferrare raid aerei contro obiettivi dell’Isis, mentre la diplomazia concentra i propri sforzi sulle elezioni politiche in programma a maggio e sull’opera di stabilizzazione del Paese.

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L’ultimo episodio risale all’11 marzo: in un duplice attentato perpetrato dagli uomini del “Califfato” nelle province di Kirkuk e Ninawa sarebbero morte almeno 25 persone.

I jihadisti hanno ingannato i civili allestendo un finto posto di blocco sull’autostrada che collega Kirkuk a Baghdad, a Diyala. Poi hanno colpito altri 10 civili in un secondo attacco. Il giorno precedente una bomba artigianale aveva ferito diversi combattenti sciiti delle Forze di mobilitazione popolare nei pressi di Kirkuk.

Fonti locali riferiscono che è difficile quantificare il numero e la portata di questi attacchi dei miliziani di Daesh, perché non è sempre possibile verificare le informazioni; tuttavia, è ormai chiaro che vi è un’area del Paese – situata fra la regione autonoma curda a nord e Baghdad, al centro – che è fuori dal controllo delle autorità e in cui i jihadisti possono agire impuniti.

Kirkuk e la sua provincia, un territorio conteso fra Baghdad ed Erbil, ricchissimo di petrolio, sembra essere l’elemento di maggiore criticità. Controllata dai curdi dal 2014 al 2017, dall’ottobre dello scorso anno è tornata – almeno a livello nominale – sotto l’autorità del governo e dell’esercito irakeno. Tuttavia la città, multietnica e multi-confessionale, serbatoio in passato di gruppi jihadisti, oggi è al centro di forti tensioni che riguardano curdi, sciiti, arabi sunniti e turkmeni.

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Secondo un organo di informazione vicino all’Isis, Kirkuk è stata teatro di 58 attacchi jihadisti in 80 giorni, che hanno causato oltre 150 fra morti e feriti. Un bilancio che i vertici dello SI definiscono un “raccolto” e che conferma, una volta di più, la profonda instabilità in cui versa ancora l’Iraq.

Del resto nel recente passato personalità di primo piano della Chiesa caldea hanno ricordato che la minaccia rappresentata da Daesh non è affatto scomparsa dal Paese. Il primate della Chiesa irakena mar Louis Raphael Sako ha ribadito che “senza casa e lavoro” vi è il pericolo concreto di un ritorno dell’Isis. P. Samir Youssef, parroco della diocesi di Amadiya (Kurdistan), ha auspicato una lotta a tutto campo “culturale, politica ed economica unitaria”, altrimenti la minaccia jihadista tornerà “con un volto nuovo”.

Il 9 marzo il premier Haider al-Abadi ha firmato un decreto che integra a tutti gli effetti nelle forze armate le Unità di Mobilitazione Popolare (PMU), che riuniscono 110 mila combattenti appartenenti a 60 milizie per lo più scite istituite dopo la proclamazione del Califfato a Mosul (estate 2014). Le PMU saranno sotto il controllo del premier e avranno una struttura di vertice indipendente da forze armate e polizia con un Consiglio che risponde solo al primo ministro.

TOPSHOTS Iraqi government forces and allied militias fire weaponry from a position in the northern part of Diyala province, bordering Salaheddin province, as they take part in an assault to retake the city of Tikrit from jihadists of the Islamic State (IS) group, on March 2, 2015. Some 30,000 Iraqi troops and militia backed by aircraft pounded jihadists in and around Tikrit in the biggest offensive yet to retake one of the Islamic State group's main strongholds. Iraqi forces tried and failed several times to wrest back Tikrit, a Sunni Arab city on the Tigris river about 160 kilometres (100 miles) north of Baghdad. AFP PHOTO / YOUNIS AL-BAYATI

Un segnale che sembra indicare una rafforzata saldatura dell’asse con l’Iran confermata anche dal memorandum d’intesa per la cooperazione in materia d”intelligence militare firmato il 18 marzo dal Consiglio iracheno per la sicurezza nazionale presieduto dallo stesso al-Abadi.

L”intesa era stata precedentemente firmata il 23 luglio 2017 in Iran dal ministro della Difesa della Repubblica islamica, Hossein Dehghan, e dall”omologo iracheno, Erfan al Hiyali, nell”ambito di una vasta gamma di accordi di cooperazione in ambito militare.

Il memorandum d’intesa riguarda l”espansione della cooperazione e la condivisione delle esperienze nei campi della lotta contro il terrorismo e l’estremismo, la sicurezza delle frontiere, la formazione, la logistica, il sostegno tecnico e militare.

Il 19 febbraio scorso il segretario generale del ministero della Difesa iracheno, Mohammad Jawad Kazim, e il viceministro della Difesa iraniano, Hajtallah Al Quraishi, hanno firmato un’altra intesa volta a rafforzare la cooperazione militare tra Iraq e Iran in cui Tehera si è impegnata a fornire assistenza all’Iraq nel campo degli armamenti, delle munizioni, dei mezzi corazzati e dell”artiglieria.

(con fonti Asianews, CESI e Nova)

Foto: Stato Islamico, al-Jazeera, AFPe AP

 

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