L’Esercito e la Capacità Nazionale di Proiezione dal Mare

L’Italia dispone come noto di due differenti reparti di forze anfibie: il 1° Reggimento San Marco, unità di manovra dell’omonima Brigata di Marina, e il Reggimento Lagunari “Serenissima”, appartenente invece all’Esercito.

Fucilieri di Marina e Lagunari condividono similitudine di impiego e comunanza di simboli (veneziani), anche se le loro origini storiche sono molto differenti. I primi si ricollegano al Corpo di Fanteria Real Marina ed alle Compagnie da Sbarco del periodo immediatamente post-unitario e ricevono il simbolo della città di Venezia al termine della Grande Guerra, dopo l’eroica difesa del litorale veneziano dagli attacchi austriaci.

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I Lagunari, invece, custodiscono le antiche tradizioni delle milizie imbarcate della Serenissima Repubblica di Venezia e, in particolare, degli intrepidi “Fanti da Mar”.

L’intenzione, più volte emersa negli ultimi decenni, di migliorare la cooperazione interforze e giungere a un elevato grado d’integrazione tra le due componenti si palesò, pur se in forme e con obiettivi differenti, sin dall’immediato dopoguerra.

Nel 1951 veniva, infatti, costituita un’unità interforze denominata “Settore Forze Lagunari” composta di personale sia dell’Esercito che della Marina e posta al comando di un Contrammiraglio.

Solo pochi anni dopo però, nel 1957, nasceva il “Raggruppamento Lagunare” che perdeva rapidamente la componente della Marina Militare.

Da allora le due anime delle fanterie anfibie italiane hanno sviluppato ruoli concettualmente differenti, nonostante le similitudini addestrative e d’impiego.

Il Reggimento Lagunari “Serenissima”, creato nel 1964 su tre battaglioni anfibi ed uno di carri, aveva il vitale compito di provvedere alla difesa del fianco a mare dello schieramento difensivo italiano, imperniato sul 5° Corpo d’Armata quale Grande Unità in prima schiera.

Il rinato Battaglione San Marco della Marina, incentrato per molti anni su una componente operativa assai ridotta e poi lentamente potenziato, aveva un ruolo tutto sommato marginale nella pianificazione complessiva della Marina dell’epoca, tutta assorbita dai compiti principali di mantenimento della libertà di navigazione e di scorta dei convogli di rifornimenti che, in caso di conflitto, sarebbero dovuti giungere dagli Stati Uniti.

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La fine del confronto bipolare e l’avvento di nuove forme d’instabilità nel Mediterraneo e in altre zone d’interesse strategico per l’Italia fecero emergere l’urgente necessità per il nostro Paese di dotarsi di una componente anfibia di adeguate potenzialità, in grado di operare efficacemente nei nuovi scenari internazionali.

Era pertanto ormai evidente l’opportunità di realizzare le necessarie sinergie tra le due storiche componenti delle fanterie anfibie italiane, migliorandone l’interoperabilità in chiave interforze.

Un primo e radicale tentativo in tal senso si ebbe nel 1994 per opera del Capo di Stato Maggiore della Difesa Ammiraglio Venturoni, che pianificò la creazione di una Brigata Anfibia Interforze (BAI), una Grande Unità interforze organica nella quale far confluire i “Lagunari” dell’Esercito e i “Marò” della Marina agli ordini di un unico comandante.

Problemi burocratici ed una mentalità interforze non ancora pienamente matura fecero fallire il progetto, che venne però ripreso pochi anni dopo nella veste rivisitata e per certi versi meno integrata della “Capacità Nazionale di Proiezione dal Mare” (CNPM).

 

Uno strumento interforze

L’idea scaturisce, di fatto, nel 2004 con il documento “Investire in sicurezza” del Capo di SM della Difesa pro tempore, ammiraglio di Paola, che tracciava le linee guida che avrebbero dovuto indirizzare il processo di trasformazione dello strumento militare nazionale.

In tale contesto la “Capacità Nazionale di Proiezione dal Mare” veniva individuata come uno strumento anfibio interforze in grado di condurre operazioni d’ingresso in Teatro con l’uso della forza (“forcible entry“) in ambiente ostile, incerto o permissivo per assolvere una missione predeterminata mediante l’inserimento di una “Landing Force” interforze (Forza da sbarco).

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Tale “Landing Force” può costituire anche una testa di ponte a premessa dell’inserimento in Teatro di ulteriori assetti dal mare, secondo il concetto del “seabasing“, in un contesto multinazionale o di coalizione.

Sulla base di analoghe esperienze internazionali venne ritenuto che la dimensione minima di tale strumento dovesse essere di livello brigata, integrando le componenti anfibie esistenti delle due Forze Armate.

Operativa dal 2006-2007, la CNPM si compone pertanto di reparti provenienti sia dalla Marina che dall’Esercito, tratti da un Capability Basket (CB) che include ed integra assetti, capacità e funzioni esistenti nello strumento militare nazionale.

L’elemento di manovra fondamentale di questa “Expeditionary Joint Force” era ed è costituito da una “Landing Force” in grado di esprimere tutte le funzioni Combat, Combat Support e Combat Service Support e incentrata sul 1° Reggimento “San Marco” della Brigata Marina e per l’Esercito sul Reggimento Lagunari “Serenissima” della Brigata “Pozzuolo del Friuli” e su altri elementi di supporto tattico di cavalleria di linea, genio guastatori, artiglieria terrestre e contraerei, in gran parte tratti dalla stessa Grande Unità Elementare dell’Esercito.

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Tutti questi reparti mantengono le loro rispettive dipendenze gerarchiche e funzionali, cooperando durante determinati eventi addestrativi e nell’ipotesi d’impiego operativo, che avverrebbe agli ordini di un Comandante designato ed alle dipendenze operative e funzionali del Comando Operativo di Vertice Interforze.

Al fine di assicurare l’indispensabile uniformità addestrativa tra le due componenti chiamate a cooperare, veniva inoltre costituito il “Centro di Integrazione Anfibia”, ente interforze comandato da un ufficiale dell’Esercito ma posto alle dipendenze della Forza da Sbarco nella sede di Brindisi.

Da allora il progetto della CNPM non è sembrato decollare pienamente, rivelandosi un tentativo forse timido e parziale, bisognoso probabilmente di una più marcata spinta innovatrice e di un’integrazione interforze ancora più spinta.

Dalle parole pubblicamente pronunciate anche recentemente dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano, convinto sostenitore sia della trasformazione dello strumento militare in chiave interforze che della fondamentale importanza della capacità di proiezione dal mare per garantire la tutela degli interessi nazionali e la sicurezza del Paese, questo indirizzo più incisivo sembrerebbe ormai prossimo a concretarsi.

 

Il ruolo della Brigata Pozzuolo Del Friuli

Il contributo dell’Esercito alla “Capacità Nazionale di Proiezione dal Mare” viene espresso, con l’eccezione di due batterie Stinger del 17° Rgt “Sforzesca” e di eventuali assetti elicotteristici, prevalentemente dalla Brigata “Pozzuolo del Friuli”, che ha il proprio Comando nella città di Gorizia, presso la caserma “Federico Guella”.

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Questa Grande Unità Elementare, che può essere considerata, di fatto, a connotazione anfibia, fornisce la pedina di manovra, il Reggimento Lagunari nella sua interezza, e altre capacità specialistiche tratte dai reggimenti Genova Cavalleria (4°), 3° Genio Guastatori e Artiglieria a Cavallo “VOLOIRE”, che assegnano alla CNPM rispettivamente due squadroni blindo esploranti con blindo Centauro, due compagnie guastatori e due batterie di artiglieria con obici FH-70 da 155/39 mm.

Oltre a essere Force Provider della gran parte della componente Esercito del Capability Basket della CNPM, la Brigata detiene inoltre la training authority in ambito anfibio ed è responsabile dell’approntamento e dell’addestramento degli assetti inseriti nel CB, sia direttamente dipendenti che comunque assegnati.

 

A tal fine, per fronteggiare le sfide tipiche delle operazioni anfibie, tutto il personale dell’Esercito destinato alla CNPM deve affrontare e superare presso la Compagnia Corsi del Reggimento Lagunari, ente scuola anfibia di Forza Armata, il Corso di Qualificazione Anfibia, articolato sulla base del ruolo ricoperto dai frequentatori su tre differenti livelli, analoghi per la parte teorico-dottrinale ma differenziati in quella prettamente pratica e fisica.

La qualifica “Alpha”, ottenuta dopo un corso di 5 settimane, è la più dura e selettiva, superata in media da non più del 50% dei candidati. E’ destinata ai militari impegnati nelle prime ondate di sbarco, quindi ai Lagunari, ai Guastatori del Genio e agli Artiglieri contraerei delle batterie Stinger, che successivamente debbono conseguire anche l’abilitazione anfibia presso la Marina Militare a seguito di un Corso Integrativo di quattro settimane articolato in due fasi.

La prima si svolge ancora presso il Reggimento Lagunari, dove istruttori del San Marco svolgono lezioni teorico-pratiche di addestramento alla cooperazione con gli elicotteri e sulle tecniche di discesa in fast rope e in corda doppia dalla torre di ardimento. La seconda sessione ha luogo invece a Brindisi ed è finalizzata all’acquisizione delle tecniche d’impiego a bordo delle navi da sbarco, anche con rilasci dagli elicotteri.

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La qualifica “Bravo”, leggermente meno impegnativa fisicamente, è rivolta invece al personale degli altri reggimenti inseriti nella Capacità, mentre la qualifica “Charlie” è destinata al personale di staff destinato a operare nel Comando della Landing Force.

Quest’ultimo corso, articolato su tre settimane di attività teoriche e anche pratiche sulle operazioni anfibie, richiede comunque prove di river crossing, ribaltamento battello in laguna e zavorrata con arma e zaino di dodici chilogrammi. Il suo completamento da parte di tutto il personale dello staff è stato fortemente voluto dall’attuale comandante, il generale di brigata Giovanni Parmiggiani, in previsione dell’impiego nell’esercitazione “Joint Stars 2018”, il cui scenario operativo prevedeva, appunto, lo sbarco di truppe dal mare finalizzato a contrastare forze a terra che causano instabilità e crisi in un ipotetico territorio. In quel contesto addestrativo la Brigata ha fornito per la prima volta il comando della Landing Force, ossia dell’organizzazione d’impiego assegnate al “Commander of the Landing Force” (CLF) per condurre un’operazione anfibia.

Da quanto sopra emerge l’estrema versatilità della Brigata “Pozzuolo del Friuli”, che oltre ad essere una Grande Unità Elementare dell’Esercito che per natura, integra tutte le componenti Combat, Combat Support e Combat Service Support necessarie allo svolgimento delle operazioni terrestri, svolge un ruolo sostanziale nelle varie attività anfibie dell’Esercito, ormai consolidato e destinato con ogni probabilità a crescere ulteriormente nel prossimo futuro.

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Inoltre la Brigata, tatticamente e logisticamente autonoma, idonea a condurre il combattimento attraverso la combinazione delle capacità di Comando e Controllo (C2), Intelligence, Manovra, Fuoco, Protezione della Forza, CIMIC e Sostenibilità insiti nella sua normale configurazione organica di Brigata pluriarma, ha sviluppato di recente, in conformità alla dottrina, la capacità di esprimere una potenzialità autonoma in campo anfibio, interarma e single service, avvalendosi in particolare delle competenze specialistiche da sempre possedute dal Reggimento Lagunari.

Si tratta innanzi tutto di rivalutare ed implementare concetti operativi tuttora validi, emersi nelle numerose attività addestrative condotte e rivelatisi pienamente attuali anche in taluni Teatri operativi, come emerso dal ciclo delle lezioni apprese.

Come previsto dalla dottrina dell’Esercito, la Brigata risulta pertanto in grado di essere impiegata anche nella conduzione di operazioni pluriarma che, per mezzi, tecniche, tattiche e procedure utilizzate, possano essere condotte esclusivamente dai Lagunari, unità specialistica opportunamente equipaggiata e addestrata per ingaggiare combattimento in aree costiere, fluviali e lagunari.

 

Le operazioni “Azioni Anfibie Autonome

Queste operazioni, definite “Azioni Anfibie Autonome”, si differenziano dalle operazioni anfibie propriamente dette, che sono per loro natura interforze, per essere single service, cioè condotte autonomamente dall’Esercito, anche in un contesto multinazionale o internazionale.

Esse comprendono le operazioni “riverine, la difesa di un tratto di costa e le operazioni “shore to shore”.

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Le operazioni “riverine” concorrono allo sviluppo della manovra del livello superiore e hanno luogo in ambienti specifici (fiumi, lagune, zone lacustri e litorali) al fine di individuare e neutralizzare forze nemiche, e/o per acquisire il controllo di un’area lagunare o costiera per mezzo di azioni di sorveglianza e d’interdizione d’area.

L’ambiente riverine pone ostacoli naturali rilevanti alla mobilità e richiede unità specialistiche dell’Esercito in grado di operare a bordo di natanti e mezzi anfibi e dotate di spirito d’iniziativa, spiccata aggressività, flessibilità e autonomia spinta sino ai minori livelli organici.

La difesa di un tratto di costa si prefigge di impedire lo sbarco di forze avversarie e prevede l’impiego si unità per la sorveglianza del campo di battaglia e di reparti destinati alla condotta di azioni dinamiche in ambiente lagunare/anfibio, quali puntate offensive, contrattacchi e imboscate.

L’azione si svolge secondo le procedure del combattimento difensivo, prevedendo l’articolazione delle forze in posti di sbarramento e pattuglie.

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Le operazioni “shore to shore” (STS) hanno carattere offensivo e si svolgono di norma a concorso di uno sforzo principale. Prevedono la conquista di un obiettivo che, una volta conseguito, viene mantenuto fino al ricongiungimento con le unità amiche.

Pur comportando uno sbarco anfibio, si differenziano dalle operazioni anfibie per non comprendere l’imbarco sulle navi, poiché l’azione parte direttamente dalla costa e prevede l’avvicinamento in mare con la costituzione di una colonna anfibia, articolata in scaglioni e suddivisa in ondate di sbarco (in passato queste azioni specifiche delle unità lagunari erano definite “sbarchi ad uncino”).

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Tra le operazioni STS riveste particolare importanza il raid shore to shore, azione di durata limitata a carattere offensivo basata essenzialmente sulla sorpresa e finalizzata all’effettuazione di colpi di mano e incursioni contro obiettivi di alto valore, quali posti comando, installazioni radar o missilistiche, centri trasmissioni, installazioni aeroportuali, depositi o posizioni di elevato valore tattico.

Così definite, le Azioni Anfibie Autonome dell’Esercito contraddistinguono fin dalla nascita il Reggimento Lagunari “Serenissima”, del quale costituiscono patrimonio capacitivo specialistico e dottrinale consolidato.

Rivedute ed aggiornate alla luce dei mutati scenari internazionali, costituiscono oggi, per addestramento affine, base di sviluppo operativo comune per tutte le unità dell’Esercito inserite nel Capability Basket assegnato alla Capacità Nazionale di Proiezione dal Mare e dello stesso Comando Brigata “Pozzuolo del Friuli”, Grande Unità sempre più orientata a divenire polo specialistico anfibio della Forza Armata.

Foto: Esercito Italiano e Alberto Scarpitta

 

Alberto ScarpittaVedi tutti gli articoli

Nato a Padova nel 1955, ex ufficiale dei Lagunari, collabora da molti anni a riviste specializzate nel settore militare, tra cui ANALISI DIFESA, di cui è assiduo collaboratore sin dalla nascita della pubblicazione, distinguendosi per l’estrema professionalità ed il rigore tecnico dei suoi lavori. Si occupa prevalentemente di equipaggiamenti, tecniche e tattiche dei reparti di fanteria ed è uno dei giornalisti italiani maggiormente esperti nel difficile settore delle Forze Speciali. Ha realizzato alcuni volumi a carattere militare ed è coautore di importanti pubblicazioni sulle Forze Speciali italiane ed internazionali.

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