Ambiguità italiche: marò innocenti ma anche colpevoli…forse

I fucilieri Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono innocenti ma forse anche  colpevoli. Parola del governo italiano. Come il precedente esecutivo guidato da Mario Monti anche quello di Enrico Letta non sfugge a quello stile tutto italiano di gestire le crisi senza mai prendere una posizione netta. Un po’ come è accaduto al recente G-20 dedicato alla crisi siriana nel quale il mondo si è diviso tra fautori e contrari alla guerra e l’Italia è riuscita a farsi annoverare su entrambi i fronti. Nel caso dei marò suscitò stupore, l’anno scorso, il fatto che la Difesa sostenesse l’innocenza dei due militari in base al rapporto redatto dagli stessi marò (suffragato da quello degli altri quattro membri del team e da quanto riferito dall’equipaggio della Enrica Lexie) mentre l’allora viceministro degli esteri Staffan De Mistura, riferì in alcune interviste a media italiani e indiani che i due marò erano colpevoli ma non volevano uccidere. Per il governo tecnico Latorre e Girone erano innocenti “ma anche” colpevoli. Benché l’esecutivo guidato da Enrico Letta abbia definito fin dal suo insediamento la questione dei marò “una priorità” nulla sembra essere cambiato.

Non solo perché De Mistura è rimasto della partita come “inviato speciale”, ma soprattutto perché il governo sembra avere opinioni multiple e poco coincidenti circa la vicenda. A dar fuoco alle polveri ha provveduto nei giorni scorsi il ministro degli esteri Emma Bonino che sulla pagina facebook istituita “per ospitare pareri e commenti sulla vicenda che ha coinvolto i due marò”  ha scritto che “non è accertata la colpevolezza, e non è accertata l’innocenza. I processi servono a questo”.
Il ministro non sembra quindi credere a quanto testimoniato dai due marò, dai loro colleghi e dall’equipaggio della Lexie né sembra ricordare che persino gli imputati di Norimberga furono innocenti fino alla dimostrazione di colpevolezza e alla sentenza. Inutile infierire sottolineando che sarebbe lecito attendersi che almeno gli esponenti del governo italiano sostengano che un eventuale processo ai due militari dovrebbe svolgersi in Italia, non in India. Vale però la pena ricordare che il 6 agosto scorso il Ministro della Difesa, Mario Mauro, aveva sostenuto dopo una visita a Latorre e Girone che nel governo “siamo certi dell’innocenza dei due fucilieri di Marina”. Tutto chiaro allora, per  il governo italiano nulla è cambiato da Monti a Letta:  i due marò sono innocenti ma anche colpevoli….forse.

Allora perché stupirsi se gli indiani continuano ad allungare i tempi delle indagini che anticipano il processo a Nuova Delhi pretendendo di interrogare in India anche i quattro marò Renato Voglino, Massimo Andronico, Antonio Fontana e Alessandro Conte che con Latorre e Girone componevano il team imbarcato sulla Lexie. Certo gli investigatori dell’anticrimine (NIA) pretendono di poter disporre a loro piacimento di militari italiani, pratica illecita in tutto il mondo ma che evidentemente è considerata prassi normale di fronte al calabraghismo italico che di fatto ha rinunciato a ogni principio di sovranità accettando un processo (e quindi un verdetto)  gestito da un “tribunale speciale” indiano. Non a torto gli indiani rammentano che, puri farli rimpatriare, nel maggio 2012 Roma si impegnò a consentire il ritorno dei quattro marò su richiesta della giustizia indiana. Oggi però l’Italia è disponibile solo a farli interrogare in Italia o via videoconferenza e il motivo non sembra dettato da un rigurgito ritardato di orgoglio nazionale ma dal rischio che gli indiani liberino Latorre e Girone per processare Andronico e Voglino.

Nella colpevole leggerezza, improvvisazione con cui è stata gestita l’intera vicenda a livello politico e militare, nell’aprile scorso qualcuno ai piani alti della Difesa ha fatto trapelare il rapporto sulla vicenda redatto dall’ammiraglio Alessandro Piroli nel quale emerge che i fucili che spararono quel 15 febbraio appartenevano ai marò Andronico e Voglino. La notizia venne riportata dal quotidiano “Repubblica”, che ha avuto il rapporto, facendo rapidamente il giro del mondo, India compresa.
Di fronte all’irruzione sulla Lexie della polizia del Kerala, Latorre e Girone potrebbero quindi essersi assunti la responsabilità di aver aperto il fuoco, anche se solo in mare, perché erano i più alti in grado del team. Se così fosse i due militari avrebbero dimostrato in questi quasi 600 giorni in India di avere attributi ancora maggiori di quelli che già tutti riconoscono loro, come uomini e come soldati. Avercene, a Roma, di attributi così.

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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