Roccaforte Afghanistan

“Roccaforte Afghanistan” (Mursia Editore, 2014). Un military thriller a metà fra Tom Clancy e Andy McNab, con un’unica grande differenza: protagonisti assoluti sono l’Esercito Italiano e i suoi uomini. Afferma nella prefazione Alain D. Altieri, considerato il maestro italiano dell’action-thriller: “Pavan Bernacchi si conferma un solidissimo narratore di intrighi bellici. Da non dimenticare il suo esplosivo, a tutt’oggi profetico, “Non uccidete Bin Laden” (Mursia 2008 e Mondadori 2010)”. Se siete attratti da spionaggio, azione, operazioni militari, l’ex capitano degli alpini vi porterà all’interno di un conflitto cruento che molti vorrebbero spacciare per una missione di pace. Il tutto tra scontri a fuoco, velivoli ipertecnologici con o senza pilota, agenti paracadutati in zone inaccessibili, inseguimenti, blitz, attentati, rapimenti, disinformazione e brutali omicidi. Gli ingredienti per una grande avventura ci sono tutti e ancora una volta Pavan Bernacchi sa combinarli in modo spettacolare. Il libro è curato da Maurizio Pagliano, già editor italiano di Tom Clancy. “Afghanistan 2009. Un omicidio all’interno di una base militare italiana scuote i vertici dei servizi segreti. Narcotrafficanti, pericolosi mercenari e furti di reperti archeologici fanno da cornice a una polveriera in cui individui letali agiscono celandosi dietro una bandiera o un Dio.

Roccaforte Afghanistan racconta come operano l’esercito e i servizi segreti italiani, contro chi, con che logiche. Evidenzia chi siano in realtà i talebani, come si muovano nelle zone tribali a cavallo tra Afghanistan e Pakistan e come siano braccati dagli aerei senza pilota occidentali in una sorta di wargame. A scompaginare le carte il ritrovamento di alcune tavolette d’argilla, in scrittura cuneiforme, redatte circa 4.600 anni prima. Manufatti che, se autentici, potrebbero riscrivere la storia di tutte le religioni e seminare il caos in ogni continente. L’agente dei servizi Mattei, un uomo solo contro tutto e tutti, si paracaduterà in questo girone dantesco senza possibilità di redenzione. Fino all’ultimo colpo.”

Le caratteristiche principali di questo romanzo sono l’attualità degli argomenti trattati, l’esattezza e la precisione di tutte le informazioni tecnico-politico-militari, l’azione e il ritmo. La trama è articolata ma sempre chiara, e i personaggi sono presi di peso dalla realtà. L’Afghanistan, con tutto il suo patos, ne esce vivido. Nulla è improvvisato o lasciato al caso. Sin dalle prime pagine il lettore è messo nelle condizioni di comprendere come operano il nostro esercito e i servizi segreti, contro chi, con che logiche, chi siano in realtà i Talebani e come si muovano nelle zone tribali a cavallo tra Afghanistan e Pakistan. Molte informazioni sono ancora inedite e verranno desecretate tra anni. D’altra parte Pavan Bernacchi, nel suo precedente Non uccidete Bin Laden, aveva predetto, tra le altre cose, che il corpo di Bin Laden, dopo la sua eliminazione, non sarebbe stato a disposizione dell’opinione pubblica. Molti episodi reali ricostruiti, come l’attacco ai paracadutisti della Folgore – 6 morti – la liberazione di ostaggi con l’ausilio delle nostre Forze Speciali o l’uso massiccio di droni, distributori di morte dal cielo, anche in paesi non belligeranti come il Pakistan. La missione militare italiana in Afghanistan è riportata fedelmente grazie alla conoscenza diretta dell’autore di procedure, armi, tattiche, terminologie e mezzi; e alla consulenza di diversi militari di svariati reparti e gradi, “reduci” dal teatro afghano.

L’ossatura del romanzo ruota attorno a un omicidio che porta a delle tavolette di argilla, incise in cuneiforme, nascoste agli occhi del mondo da circa ottocento anni. Manufatti che, se portati alla luce, potrebbero riscrivere la storia di tutte le religioni e accendere focolai di rivolta a ogni latitudine. Il messaggio in esse contenuto, se autentico, proverebbe che le religioni sono state costruite a tavolino da un gruppo di sacerdoti durante un concilio che si perde nella notte dei tempi (2600 a.C.). Obiettivo: soggiogare le masse e piegarle ai desideri di monarchi e religiosi. Non a caso nel retro dell’accattivante ed evocativa copertina troviamo una citazioni di Mark Twain: “L’uomo è l’animale religioso per eccellenza. Nell’opera santa di spianare la via del proprio fratello verso la felicità del Paradiso ha trasformato il mondo in un cimitero.” Si scopre quindi che le tavolette d’argilla hanno dapprima sancito la fortuna dei Templari, che le hanno rinvenute nell’antico Tempio di Salomone nel 1120, per poi decretarne lo sterminio circa duecento anni dopo.  “Roccaforte Afghanistan”, è un grande affresco sulla situazione creatasi in Asia Centrale dopo l’11 settembre 2001, sui nuovi equilibri, sugli eserciti in lotta, i servizi segreti e sulla religione usata come arma di distruzione di massa. Il tutto condito da suspense, colpi di scena e azione.

Filippo Pavan Bernacchi (nella foto) . Capitano degli Alpini, paracadutista, subacqueo, tiratore agonistico di pistola, ha partecipato a missioni militari di vario tipo. Tornato alla vita civile è stato eletto presidente nazionale di Federauto. Nel 2011 ha vinto il premio giornalistico Manager dell’anno. Ha al suo attivo 3 romanzi e due antologie militari. I romanzi: La Penna dell’Aquila (1998), Operazione Erode (2003), Non uccidete Bin Laden (2008). Le antologie: In punta di Vibram (2004), DNA Alpino (2006). Curiosità: Non uccidete Bin Laden (2008) è stato pubblicato prima da Mursia, poi da Mondadori nella collana Segretissimo (2010). Il suo indirizzo internet è: www.pavanbernacchi.it

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