I sauditi hanno l’atomica?

Alcuni giorni fa è apparsa sul canale web-tv in lingua araba MEMRI un’intervista a Dahham Al-‘Anzi (nella foto sotto)  presentato come “analista politico saudita”, il quale ha affermato che l’Arabia Saudita possiede l’arma atomica già da due anni, e che a breve (“entro settimane”) verranno eseguiti dei test sperimentali.

Alla domanda dell’intervistatore -“Questa è una breaking-news! Sento dire questo per la prima volta”- l’analista saudita ha cosi risposto -“Non è una breaking-news, le superpotenze lo sanno già. Avevamo detto che nel caso l’Iran avesse imprudentemente annunciato un test nucleare, allora anche l’Arabia Saudita ne avrebbe annunciato uno a sua volta”-
In effetti non è la prima volta che si parla dell’atomica saudita.

Recentemente, la questione era emersa con un certo rilievo durante un programma dell’anchorman David Asman andato in onda il 16 luglio 2015 sul canale tv statunitense Fox Business.

In quell’occasione, parlando della questione del nucleare iraniano, venne intervistato telefonicamente Duane Clarridge (nella foto sotto), un ex dirigente CIA ora in pensione, coinvolto negli anni ’80 nello scandalo “Iran-Contras”, fondatore e direttore per alcuni anni del “Counter-terrorism Center” della CIA. Alla domanda dell’intervistatore -“Lei è preoccupato della possibilità che l’Arabia Saudita possa fabbricare una bomba atomica?”- Clarridge ha risposto così -“I Sauditi hanno già la bomba”- L’intervistatore, perplesso, ha allora chiesto di nuovo -“Lei sta dicendo che l’Arabia Saudita ha già una bomba atomica? Non una, ma parecchie (several)”.

Passata la sorpresa iniziale, il discorso è continuato sulle modalità attraverso cui l’Arabia ne sarebbe entrata in possesso, e a questo proposito Clarridge ha ricordato che erano stati proprio i Sauditi, a suo tempo, a finanziare con miliardi di dollari il programma nucleare del Pakistan.

Le atomiche sarebbero quindi pakistane ed attualmente, sempre secondo Clarridge, l’Arabia Saudita potrebbe disporre da 4 a 7 ordigni. Quanto alla loro ubicazione – se si trovino in Pakistan oppure in Arabia Saudita – Clarridge si è limitato a dire -“Non posso rispondere a questo domanda”- aggiungendo che comunque i Sauditi avrebbero già la possibilità di impiegarle con i cacciabombardieri F-15 o con i missili di fabbricazione cinese di cui dispongono, cioè il DF-3/CSS-2 e presumibilmente il più avanzato DF-21 (nella foto sotto il sito che ospita i silos con i missili balistici).

Anche in passato, con una certa periodicità e in relazione agli sviluppi della politica nucleare iraniana, la questione si era ripresentata, per lo più in termini di supposizioni, non si sa con quanto fondamento.

Sulla questione ci sono comunque dei punti fermi. Nel 2009, durante un colloquio con l’inviato speciale del governo USA per il Medio Oriente Dennis B. Ross, l’allora Re Abdullah annunciò esplicitamente che i sauditi avrebbero acquisito l’armamento nucleare se l’avesse fatto anche l’Iran (qualcosa di analogo sembra sia avvenuto anche in precedenza con Putin, nel 2007, ma non vi sono mai state conferme da parte russa).

Nel giugno 2011 il principe saudita Turki al-Faisal, in un incontro a livello militare NATO, espresse lo stesso concetto, accennando anche a “possibili drammatiche conseguenze”. Nel 2012 – come riporta sempre Ross – fonti saudite dell’entourage militare tornarono ancora una volta ad esprimere la stessa idea. Nel 2013 Gary Samore, consigliere di Obama sul tema della proliferazione nucleare, dichiarava in tono sibillino in un’intervista -“Credo che i Sauditi siano convinti di avere qualche genere di accordo col Pakistan, in base al quale potrebbero ottenere armi nucleari”.

Nel luglio 2015 infine, come si ricorderà, è intervenuto l’Iran Nuclear Deal, l’accordo sull’uso dell’energia atomica per scopi pacifici da parte dell’Iran, e la ridda di ipotesi ha ripreso immediatamente slancio.

Nel gennaio di quest’anno il Segretario di Stato John Kerry, sollecitato dal giornalista Wolf Blitzer della CNN su un possibile trasferimento di ordigni nucleari dal Pakistan all’Arabia, ha seccamente replicato -“Non si può acquistare una bomba e poi portarsela via”-  ha detto Kerry -“Ci sarebbe tutta una serie di conseguenze (violazione del Trattato di non-proliferazione nucleare, ndr). Ci sarebbero delle enormi implicazioni. E credo che l’Arabia Saudita sappia che questo non servirebbe a renderla più sicura, né che faciliterebbe le cose“ .

Si direbbe dunque che la questione sia ancora del tutto aperta, con tutte le ambiguità del caso (la stessa dichiarazione di Kerry in realtà non è una smentita).

Non vi sono dichiarazioni ufficiali né in un senso né nell’altro, semmai messaggi intrecciati, obliqui, che probabilmente sono anch’essi voluti dato che, in un modo o nell’altro, raggiungono comunque uno scopo preciso, quello di creare incertezze all’Iran, potenziale avversario dei sauditi, un po’ come nel caso di Israele, che ufficialmente non ha mai confermato o smentito di possedere ordigni atomici, solo qualche vaga indiscrezione, ma questo è stato sufficiente a creare una deterrenza contro gli eventuali aggressori.

In una prospettiva di questo tipo, le dichiarazioni dell’analista Dahham Al-‘Anzi non sembrano perciò una sparata a titolo personale. Semmai, sembrano piuttosto dimostrare l’intenzione, da parte dell’entourage politico saudita, di lanciare un certo segnale, che come spesso avviene in questi casi, viene fatto filtrare da una fonte che ha una sufficiente credibilità ma, allo stesso tempo, non è una fonte ufficiale.

E le fonti ufficiali nel frattempo tacciono, senza rilasciare conferme né smentite di alcun genere (“let them knowing without speaking”, ovvero farlo credere senza dir nulla).

Altrettanto si può dire per l’intervista telefonica dell’ex dirigente della CIA Duane Clarridge, che sembra anch’essa appartenere a questo genere di logica. Chi ha rivestito certi incarichi non va mai realmente in pensione, resta comunque collegato a certi ambienti governativi, ed è comunque più facile presumere una professionale riservatezza in chi ha passato la sua vita alla CIA piuttosto che pensare, anche in questo caso, ad una sparata a titolo personale.

Quel che si può dire dunque è che le rivelazioni di Clarridge, giunte pressoché in contemporanea all’accordo sul nucleare iraniano, risultano sicuramente utili a stabilire una deterrenza verso l’Iran a favore dell’Arabia Saudita (dichiarazioni ufficiali da parte di quest’ultima, al contrario, giustificherebbero l’Iran nel dotarsi di armamenti nucleari per stabilire una deterrenza).

Paradossalmente quindi, la questione importante non è tanto stabilire la disponibilità di armi nucleari saudite quanto se è stata stabilita una credibile condizione di equilibrio o comunque una reciproca deterrenza tra le potenze in quella regione o, per meglio dire, nell’intera area di crisi medio-orientale.

Le rivelazioni dell’analista Dahham Al-‘Anzi infatti, oltre a riferirsi allo stato latente di crisi con l’Iran (è di questi giorni la notizia dell’arresto di 32 cittadini accusati di spionaggio a favore dell’Iran)  sembrano collegarsi, come tempistica, anche con la situazione in Siria e alla ventilata ipotesi di un intervento turco, che potrebbe a sua volta provocare un intervento di Mosca, in una escalation dagli esiti imprevedibili.

Un’ultima curiosità. L’intervista ad Dahham Al-‘Anzi è apparsa sul canale web-tv MEMRI, un acronimo per “Middle-East Media Research Institute” , un centro-studi con sede a Washington.

Foto: CNAS, MEMRI, AP, Jane’s,Viewzone e Pres TV

 

Approfondimenti

http://www.viewzone.com/bandarnukes.html

http://english.alarabiya.net/en/News/middle-east/2013/05/21/Will-Riyadh-get-the-bomb-.html

http://www.blacklistednews.com/Saudi_Arabia_to_purchase_nuclear_arms_from_Pakistan%3A_US_Official/44091/0/38/38/Y/M.html

 

 

Padovano, classe 1954, è Colonnello dell'Esercito in Ausiliaria. Ha iniziato la carriera come sottufficiale paracadutista. Congedatosi, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza ed è rientrato in servizio come Ufficiale del corpo di Commissariato svolgendo incarichi funzionali in varie sedi. Ha frequentato il corso di Logistic Officer presso l'US Army ed in ambito Nato ha partecipato nei Balcani alle missioni Joint Guarantor, Joint Forge e Joint Guardian.

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