TERRORISTI SUI GOMMONI DEI TRAFFICANTI: C’E’ ANCORA CHI SI STUPISCE?

La politica italiana ed europea continua a stupire per la capacità di mostrarsi sorpresa per ciò che già conosce (o dovrebbe conoscere) molto bene cercando così alibi per giustificare l’immobilismo di fronte alle minacce e il perseguimento di interessi che nulla hanno a che fare con quelli nazionali.

Lo scoop di Lorenzo Cremonesi sul Corriere della Sera con l’allarme lanciato dai servizi segreti libici in base alla documentazione trovata nel comando dello Stato Islamico a Sirte, rappresenta l’ennesimo esempio di un andazzo che risulterebbe quasi comico se non ci fosse in ballo la sicurezza di tutti.

Che i miliziani sconfitti a Sirte possano in parte fuggire in Italia coi gommoni dei trafficanti è credibile solo se si tiene presente che questo può avvenire esclusivamente con la complicità di milizie e tribù che sulla carta sostengono il governo di Fayez al-Sarraj.

I gommoni infatti non salpano da Sirte (lo dice persino la sgangherata Guardia costiera libica), dove tra l’altro la Marina statunitense controlla ogni canotto o salvagente che entri nelle acque del Mediterraneo.

I flussi di immigrati clandestini salpano dalle coste della Tripolitania, tra la capitale e il confine tunisino: coste gestite da milizie e tribù che hanno dichiarato il loro sostegno al governo di salvezza nazionale, cioè i nostri “alleati” libici.

Stupiscono quindi le reazioni tranquillizzanti del governo Renzi, che non ha mai preteso nulla sul fronte dell’immigrazione clandestina da al-Sarraj in cambio del supporto di Roma al suo vago esecutivo.

Così come stupiscono le reazioni del Copasir (il comitato parlamentare per i servizi segreti) che esprimono preoccupazione e parlano di misure di sicurezza rafforzate.

Ma quale sicurezza è possibile se in Italia continuiamo ad accogliere chiunque paghi criminali collusi coi terroristi e di molti clandestini perdiamo in breve tempo le tracce, a volte ancor prima che abbiano accettato o meno di farsi identificare?

Dalle indagini in atto nelle procure italiane emerge che sui gommoni arrivano ragazze nigeriane subito prelevate dai criminali, connazionali che da anni accogliamo in Italia, e che dopo averle violentate, picchiate e drogate le avviano al mestiere più vecchio del mondo.

Dai centri d’accoglienza scompaiono persino molti bambini arrivati in Italia senza famiglia, “arruolati” da organizzazioni criminali gestite per lo più da stranieri (accolti e mantenuti da anni in Italia) o, peggio, destinati al traffico di organi.

Facciamo sbarcare chiunque paghi i criminali e non rimandiamo a casa né controlliamo davvero nessuno: persino coloro che rifiutano di fornire le generalità e di farsi prendere le impronte digitali non vengono rimandati in Africa: ci si limita a dare loro un foglio di via, invitandoli a lasciare l’Italia entro sette giorni.

Una vera pacchia per criminali e terroristi ma anche per i tanti clandestini convinti (dalle nostre istituzioni) di poter fare ciò che vogliono a casa nostra.

Non controlliamo neppure i tanti clandestini affetti da gravi malattie infettive come la tubercolosi: come è emerso da alcuni report dall’Emilia-Romagna, quasi tutti fuggono dagli ospedali in cui vengono ricoverati, con gravi rischi per la salute pubblica.

Di fatto non riusciamo a controllare donne, bambini e malati, figuriamoci i terroristi!  E poi non è certo una novità che tra i flussi di immigrati illegali si infiltrino i jihadisti.

Anche senza voler citare i numerosi rapporti dei servizi d’intelligence degli ultimi anni basti ricordare che già nel 2012 magistrati libici riscontrarono l’infiltrazione di al-Qaeda nella gestione dei flussi di clandestini dal Sahel alle coste libiche (lo raccontò il reporter Gian Micalessin sul Giornale).

In termini ufficiali lo disse per prima il ministro degli Esteri del governo Letta,Emma Bonino nel novembre 2013.

Nel dicembre dell’anno successivo le infiltrazioni dell’Isis tra i clandestini in Italia furono oggetto di un’inchiesta della Procura di Palermo di cui riferì ampiamente la stampa e nel gennaio 2015 vennero ammesse apertamente al vertice di Londra degli Stati mobilitatisi contro l’Isis dal ministro degli Esteri del governo Renzi, Paolo Gentiloni.

“Ci sono rischi di infiltrazione anche notevoli di terroristi dall’immigrazione” disse il ministro.

Un mese dopo rilanciò l’entità della minaccia l’ammiraglio statunitense James Stavridis, già comandante supremo della Nato in Europa, in un’intervista al Sunday Times.

Infine quest’anno, dopo arresti su vasta scala e prove evidenti di terroristi macchiatisi di attentati in Europa, dove erano arrivati come “rifugiati”, sia Europol che Frontex hanno lanciato l’allarme: “l’Isis sfrutta i flussi migratori per infiltrarsi in Europa ed effettuare attentati”

Quindi solo chi ha vissuto negli ultimi anni su un altro pianeta può oggi mostrare stupore per l’infiltrazione di terroristi islamici nella gestione dei flussi migratori e di jihadisti tra gli immigrati.

Oppure chi teme che le ragioni legate alla sicurezza (che un tempo sarebbero state definite “priorità”) possano compromettere un business, quello dell’accoglienza, che in Italia sta generando utili giganteschi soprattutto a enti, cooperative e organizzazioni per lo più di area sinistra e cattolica, ambienti molto vicino alla politica e in particolare alle forze di governo.

Infatti invece di proteggere l’Italia e gli italiani, di mettere al bando la sharia, respingere in Libia i clandestini raccolti in mare e rimpatriare a forza quelli già presenti nella Penisola, a Roma si sprecano gli slogan sui “muri da abbattere e i ponti da costruire” e sono tutti presi dal dibattito di Ferragosto sui “burkini”.

@GianandreaGaian

Foto: Marina Militare, web e Ansa

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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