Credendino: la Marina ha bisogno di 9.000 militari in più

Dopo l’allarme sui ridotti organici militari lanciato in un’audizione parlamentare dal generale Carmine Masiello, capo di stato maggiore dell’Esercito, che ha chiesto almeno 40 mila uomini in più, anche la Marina ha evidenziato la necessità di adeguare l’organico alle necessità operative portandolo a 39mila persone.
L’ammiraglio Enrico Credendino, capo di Stato maggiore della Marina militare, ha spiegato il 6 marzo in un’intervista a La Repubblica che ”le marine francesi e britannica, simili a noi come numero di navi, hanno 10 mila persone in più. Noi siamo fermi a 30 mila e questo ha un impatto sulla resilienza degli equipaggi che restano in mare per mesi e sulla vita delle loro famiglie, anche se tutti tornano entusiasti dalle missioni. Credo che sarebbe opportuno aumentare l’organico a 39 mila e so che il ministro Guido Crosetto ci sta lavorando perché è molto sensibile alle esigenze del personale”.
Per Credendino le forze della Marina sono sufficienti per fronteggiare le sfide attuali “ma per un periodo limitato. Lo sforzo della Marina è iniziato con l’invasione dell’Ucraina che ha visto l’aumento della flotta russa nel Mediterraneo: ci sono stati fino a tre sottomarini, di cui uno a propulsione nucleare con missili balistici, in azione contemporaneamente e abbiamo dovuto seguirli.
Poi quando gli Houti nell’autunno 2023 hanno cominciato a colpire il traffico mercantile, si è aggiunto l’impegno sotto bandiera Ue nel Mar Rosso: è stata la prima missione combat dalla fine della seconda guerra mondiale.
Gli ultimi attacchi sono avvenuti quattro settimane fa: uno sciame formato da droni e da un missile cruise è stato respinto dal cacciatorpediniere Duilio con i suoi missili e da una squadriglia di velivoli americani diretti dalla nostra nave”.
L’ammiraglio ha ricordato un episodio nelle operazioni in Mar Rosso in cui aerei statunitensi hanno operato sotto controllo italiano: “E’ accaduto più volte. L’esordio risale a diversi mesi fa quando una formazione di droni si è mossa verso la loro portaerei. Era il periodo dei monsoni, con condizioni meteo terribili, e i radar della loro ammiraglia non riuscivano a seguirli: più a nord c’era il cacciatorpediniere Duilio che aveva una buona visibilità e gli hanno affidato il controllo di una coppia di intercettori, che sotto la guida del Duilio hanno abbattuto tutti i sei ordigni”.
Quanto alle unità navali in servizio Credendino ha ricordato che “è’ appena entrato in servizio il Trieste, che aumenta sensibilmente le nostre capacità di intervento anfibio. Può trasportare più mezzi, più truppe da sbarco e pure gli aerei F35B: può’ andare ovunque nel mondo e gestire per sei mesi un’operazione ad alta intensità. Dal 2029-30 arriveranno pure le navi anfibie più piccole che sostituiranno la classe Santi.
Ed è stata decisa la costruzione delle altre fregate Fremm Evo, dei pattugliatori e dei cacciatorpediniere DDX. Stiamo già lavorando ai progetti della generazione successiva: potrebbe essere dotata di propulsori nucleari, grazie alla tecnologia dei nuovi reattori, sia per i caccia che per i sottomarini”.
Circa i possibili mutamenti nella presenza statunitense Credendino ha ricordato che “quando l’amministrazione Obama ha spostato il baricentro nell’Indo-Pacifico, il Mediterraneo è rimasto senza portaerei Usa: in futuro potrebbe accadere in maniera più strutturata. Per noi un mare insicuro è un mare costoso: la nostra economia dipende dalla capacità di tenere libere le linee di comunicazione navali”.
Circa le ricchezze presenti sui fondali marini il capo di stato maggiore ha evidenziato che “se il 70% del pianeta è acqua, allora il 70% delle materie prime è nei fondali. Penso ad esempio ai giacimenti sottomarini di Terre rare a cui oggi non c’è accesso. Quando sarà possibile sfruttarli, bisognerà essere pronti ad agire. Non esiste ancora una normativa internazionale che regoli accessi e movimenti nella sfera subacquea. In Italia c’è un disegno di legge per istituire l’Agenzia per la sicurezza delle attività subacquee (Asas) con il coordinamento della presidenza del Consiglio: si tratta di operare sott’acqua come si fa per il controllo dello spazio aereo”.
Per l’ammiraglio “la prima cosa è disporre di una rete di sorveglianza con sensori attivi e passivi che ci consenta di capire chi transita, dove e perché. Queste informazioni, attività non semplice sott’acqua, vanno trasmesse alle navi madri che le trasferiranno a una centrale operativa a terra.
Nel comando di Santa Rosa, alle porte di Roma, già all’indomani del sabotaggio del Nord Stream abbiamo attivato la centrale operativa per le infrastrutture critiche che mette insieme le informazioni classificate che arrivano dalla Nato, dall’Ue e dai Paesi partner con quelle raccolte dalle aziende che operano nei fondali, ad esempio Eni, Sparkle, Terna. È una realtà unica, come lo è il Polo Nazionale della Subacquea creato a La Spezia che unisce mondo militare, grandi industrie, piccole e medie imprese, università per fare studi, ricerche, sperimentazioni”.
“Come ha detto più volte il ministro Crosetto, ci vorranno finanziamenti paragonabili a quelli destinati allo spazio: il futuro è al di sopra dall’atmosfera e al di sotto del mare. Noi conosciamo solo il 20% degli alti fondali e il 3% di quelli abissali: è un mondo ancora inesplorato. Ma bisogna investire, perché non possiamo rinunciare ai tesori che sono lì sotto. E c’è un’altra lezione da tenere presente: oggi è praticamente impossibile accertare la responsabilità di chi compie attacchi sott’acqua”.
Foto: Marina Militare

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