I ripensamenti sull’F-35 in Europa e Canada favoriscono Rafale e Typhoon

Mentre in Europa e Canada crescono gli interrogativi circa l’acquisizione di prodotti militari statunitensi alla luce delle crescenti tensioni tra gli alleati della NATO, la Francia sembra voler approfittare del momento favorevole per ampliare portafoglio clienti e fatturato della propria industria della Difesa, in grado di offrire prodotti a completa sovranità tecnologica europea (francese).
La società Dassault si è detta disponibile a fornire i propri velivoli da combattimento Rafale (nella foto sotto) alla Forza Aerea Portoghese (FAP) dopo che Lisbona recentemente sembra aver rinunciato a sostituire i suoi vecchi Lockheed Martin F-16 A/B Block 50 con gli F-35A, della stessa azienda statunitense.
L’amministratore delegato di Dassault Aviation, Eric Trappier, ha dichiarato al Journal du Dimanche che la sua azienda è ansiosa di proporre il Rafale al Portogallo, membro della NATO e dell’UE, anche se rimane cauto sull’esito, data la fluidità del panorama politico.

Nuno Melo, ministro della Difesa del governo dimissionario del Portogallo e leader del Partito popolare portoghese (CDS), ha escluso che Lisbona acquisti caccia americani F-35 dagli Stati Uniti per sostituire i propri caccia F-16 attribuendo la decisione alle posizioni assunte dal presidente americano Donald Trump.
“Gli F-16 sono alla fine del loro ciclo e dovremo pensare a come sostituirli. Non possiamo tuttavia ignorare il contesto geopolitico”, ha affermato Melo in un’intervista al quotidiano Pùblico.
“Dobbiamo considerare diverse opzioni, comprese quelle europee, tenendo conto del ritorno che potrebbero offrire alla nostra industria”, ha dichiarato, accennando a una preferenza per gli accordi che potrebbero coinvolgere la produzione locale o le compensazioni.
Il maggiore generale Joao Nogueira della FAP ha reso noto che la forza armata sta esaminando “tutte le opzioni”, incluso l’F-35° precisando se deve ancora essere effettuata un’analisi “pro e contro” dei singoli concorrenti, a conferma che una decisione è ancora lontana.
Nogiueira, direttore della manutenzione dei sistemi d’arma della FAP, parlando con Breaking Defense e altri media a Lisbona, non ha fatto cenno ad altri concorrenti che evidentemente includono il Dassault Rafale, l’Eurofighter Typhoon (nella foto sotto) e lo JAS 39 Gripen.

Secondo le cifre condivise con Diario de Noticias nel 2024 dal capo di stato maggiore dell’aeronautica portoghese, generale João Guilherme Rosado Cartaxo Alves, un’acquisizione di F-35 per sostituire fino a 28 F-16 potrebbe costare 5,5 miliardi di euro (5,9 miliardi di dollari).
I concorrenti europei potrebbero offrire aerei nuovi a prezzi più contenuti dell’F-35 oppure di seconda mano (Gripen ex Aeronautica Svedese, Rafale ex forze aeree francesi e Typhoon Tranche 1) ancora più convenienti.
Il ministro Melo ha rilanciato i timori già emersi in Germania e Canada, entrambi clienti dell’F-35 e più in generale dell’industria della Difesa statunitense
Una delle prime azioni del neo primo ministro canadese Mark Carney è stato l’ordine di fermare il programma di acquisizione di 88 F-35A in vista di una possibile cancellazione. L’aereo era stato scelto nel 2022 dal governo di Justin Trudeau, dopo molte incertezze, per sostituire gli anziani CF-18 Hornet ad un costo di 19 miliardi di dollari canadesi.
Come ricordava ieri il Calgary Herald “il Canada ha partecipato allo sviluppo dell’aereo fin dall’inizio. A partire dal 1997, gli Stati Uniti hanno sollecitato investimenti da potenziali acquirenti che hanno versato circa 4,375 miliardi di dollari nei costi di sviluppo stimati in 40 miliardi di dollari.
Il contributo del Canada è stato di 160 milioni di dollari, e questo ha permesso alle aziende canadesi di fare offerte e acquisire contratti per parti e componenti, che tra il 1997 e il 2021 hanno generato 1,3 miliardi di dollari. I costi di manutenzione e operativi, difficili da stimare con precisione durante la vita dell’aereo, saranno di molte decine di miliardi in più”.

La Royal Canadian Air Force (RCAF) prevedeva di avere uno squadrone operativo nel 2029 e tutti gli aerei consegnati entro il 2034. I primi sedici F-35A canadesi, già pagati, arriveranno entro il 2026.
Anche in Canada il sostituito ideale dei CF-18, escluso l’F-35, potrebbe essere il Typhoon o il Rafale, come del resto in Germania, dove i Typhoon vengono già costruiti e sono da tempo in dotazione alla Luftwaffe.
La possibile rinuncia all’acquisto di 35 F-35A (ma l’anno scorso c’era un’opzione per altri 8/10) da parte di Berlino, ha stimolato Éric Trappier che in una intervista a Handelsblatt si è detto “lieto che la Germania voglia investire massicciamente nella difesa” precisando che si registrerebbe una svolta epocale con l’annullamento dell’ordine degli F-35 da parte del futuro cancelliere Friedrich Merz.
A Berlino i dissidi con l’Amministrazione Trump hanno portato a galla in termini polemici, ciò che ben si sapeva da tempo circa la sudditanza tecnologica nei confronti degli Stati Uniti determinata dall’acquisto degli F-35.
Il 20 marzo il settimanale tedesco Stern, citando documenti contrattuali riservati, ha reso noto che gli USA si sono garantiti la possibilità di interrompere la consegna dei velivoli ”in qualsiasi momento” se ciò fosse nell'”interesse nazionale degli Usa”.

Nel contratto viene precisato che il periodo di consegna e il numero di velivoli ”possono essere modificati in qualsiasi momento con una dichiarazione unilaterale da parte degli Stati Uniti”.
Lo stesso giorno la Suddeutsche Zeitung ha riferito che il governo tedesco (dimissionario) stava preparando un incontro di esperti per verificare la sicurezza dei sistemi d’arma americani in dotazione alla Bundeswehr, ponendo l’accento anche sull’affidabilità degli F-35 che però cominceranno a venire consegnati alla Germania solo dal 2027 dal momento che Berlino li ha ordinati solo nel dicembre 2022.
Il governo tedesco ha smentito una simile iniziativa mentre il probabile prossimo cancelliere Merz ha detto che intende investire massicciamente nel riarmo dichiarando che i futuri contratti di difesa dovrebbero, se possibile, andare principalmente ai produttori europei.
All’inizio di marzo, il capo della divisione militare del produttore di aerei europeo Airbus, Michael Schollhorn, ha messo in guardia il futuro governo dal fare ordini ai produttori americani e ha espresso la speranza che Berlino ordini altri Typhoon prodotti dal Consorzio Eurofighter di cui fanno parte Airbus, la britannica Bae Systems e l’italiana Leonardo

Resta però evidente che la Germania ha già investito molto denaro nella commessa coinvolgendo Rheinmetall nella prodizione in territorio tedesco. Qualche riflessione sul tema delle forniture statunitensi all’Europa è stata espressa il 27 marzo da Giuseppe Cossiga, presidente di AIAD (Associazione delle Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza).
“L’F-35 è presente in quasi tutti i Paesi europei, compresa l’Italia: non è una scelta industriale, ma un’esigenza operativa delle Forze Armate” ha detto Cossiga a Coffee Break, in onda su La7.
“C’è poi il tema dei tempi di consegna. L’industria europea è dimensionata su cicli produttivi ordinari e non può raddoppiare o triplicare la produzione. Se domani serve una batteria antiaerea, la chiediamo agli Usa perché l’industria europea ha già venduto tutto ed è impegnata per anni.

Per questo oggi, a livello europeo e nazionale, si sta lavorando per costruire una nuova industria della difesa che sia in grado di soddisfare le nuove esigenze. Nel momento in cui si parla di ‘comprare europeo’, si sta cercando di intervenire per rendere davvero possibile questa scelta.
Questo richiede due elementi fondamentali: denaro e tempo, e se non siamo in grado di triplicare la produzione in tempi rapidi, il mercato si rivolgerà altrove e guarda caso, continuerà a comprare dagli Stati Uniti. Quando Trump chiede di passare dal 2 al 5% del PIL in spesa militare, è perché sa perfettamente che quel 5 significa una cosa: comprare americano“, ha aggiunto Cossiga.
“Oggi si parla molto di due temi distinti ma connessi: come finanziare il riarmo in Europa, che è responsabilità degli Stati e non della Commissione, e come ottimizzare l’industria della difesa che è molto frammentata. Se vogliamo spendere meglio – ha aggiunto – dobbiamo evitare duplicazioni e far convergere le produzioni. L’Europa lo dice da anni, ma non sta funzionando.
La presidente von der Leyen parla di 800 miliardi per la Difesa. Di questi, 150 potrebbero arrivare se i governi accettano di indebitarsi. Ma gli altri 650 li devono trovare gli Stati. Siamo ancora nella fase delle buone intenzioni i soldi non ci sono, i contratti non si vedono, e siamo in ritardo”.
Foto: Lockheed Martin, Aeronautica Militare Italiana, Dassault e AIAD
RedazioneVedi tutti gli articoli
La redazione di Analisi Difesa cura la selezione di notizie provenienti da agenzie, media e uffici stampa.








