Il raid russo a Sumy e l’Europa in guerra con la Storia. L’intervista a Gianandrea Gaiani

 

Il 13 aprile, una settimana prima che il presidente Putin annunciasse una tregua di 30 ore per la festività di Pasqua, le forze armate russe hanno sferrato un devastante attacco missilistico nel centro della città ucraina di Sumy, nel cui ambito una serie di vettori balistici Iskander hanno bersagliato il centro congressi dell’università locale.

Il ministro degli Esteri russo Sergij Lavrov, dal canto suo, ha dichiarato che: «abbiamo prove di chi era presente nella struttura colpita a Sumy. C’era un raduno tra comandanti militari ucraini e controparti occidentali, che potrebbero operare sotto mentite spoglie come mercenari o altro.

Erano presenti ufficiali militari dei Paesi della Nato, che hanno il comando diretto […]. Senza quel coinvolgimento, molti missili non avrebbero mai lasciato le loro basi». L’attacco, che ha mietuto decine di vittime, ha suscitato sia reazioni di condanna da parte del governo di Kiev e dei suoi sponsor occidentali (con la vistosa eccezione del presidente Trump che ha parlato di «tragico errore»), sia un acceso scambio di accuse tra autorità locali, vertici istituzionali e dirigenza dei servizi di intelligence.

Il braccio di ferro si è risolto con il licenziamento del governatore militare di Sumy Volodymyr Artyukh, accusato di negligenza per aver autorizzato una cerimonia militare presso la città. Parallelamente, Rodion Mirošnik, alto funzionario del Ministero degli Esteri russo, ha dichiarato che il “piano Kellogg” per la sistemazione dell’Ucraina risponde alla medesima logica coloniale che ispirò l’accordo Sykes-Picot del 1916, in base al quale Parigi e Londra si spartirono le spoglie dell’agonizzante Impero Ottomano.

Francia e Gran Bretagna sono da tempo impegnate in uno sforzo diplomatico e mediatico congiunto che funge da ostacolo ai negoziati russo-statunitensi, e che va coinvolgendo anche l’Olanda e, soprattutto, la Germania. Quest’ultima, sotto la guida del cancelliere in pectore Friedrich Merz, sembra orientata a donare all’Ucraina i missili a lungo raggio Taurus che l’esecutivo appena decaduto aveva sempre rifiutato di concedere. Ne parliamo assieme a Gianandrea Gaiani, giornalista, saggista e direttore della rivista «Analisi Difesa»

 

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