Le intese tra USA e Russia guardano anche al gas per l’Europa

Gli Stati Uniti puntano al controllo delle vie di approvvigionamento energetico dell’Europa. Prima hanno proposto la partecipazione nel ripristino dei gasdotti Nord Stream fatti esplodere nel Mar Baltico (da ucraini o alleati NATO con il via libera di Washington, non certo dai russi) nel settembre 2022.
Poi lo stesso Donald Trump ha chiesto alla Ue di acquistare 350 miliardi di dollari all’anno acquisendo energia (gas e petrolio) negli Stati Uniti per evitare i dazi commerciali. Ora, nell’ambito delle trattative con l’Ucraina sullo sfruttamento del suo sottosuolo, gli Stati Uniti hanno chiesto anche il controllo di un gasdotto cruciale in Ucraina, utilizzato per inviare gas russo in Europa.
Secondo quanto riferito da Reuters, funzionari statunitensi e ucraini si sono incontrati l’11 aprile per discutere le proposte della Casa Bianca per un accordo sui minerali ma i colloqui sono diventati sempre più aspri. L’ultima bozza statunitense è più “massimalista” rispetto alla versione originale di febbraio, che proponeva di fornire a Washington 500 miliardi di dollari in metalli rari, oltre a petrolio e gas.
Citando una fonte vicina ai colloqui, l’agenzia di stampa ha affermato che il documento più recente include la richiesta che l’International Development Finance Corporation del governo statunitense assuma il controllo del gasdotto che si estende dalla città di Sudzha (nella foto la stazione di pompaggio nella città omonima recentemente bombardato dagli ucraini in ritirata dalla regione di Kursk) nella Russia occidentale, fino alla città Ucraina di Uzhorod, a circa 1.200 chilometro.
Si tratta del gasdotto che portato gas russo in Europa fino alla fine del 2024, quando il governo ucraino decretò lo stop ai flussi di gas russo rinunciando a rinnovare l’accordo quinquennale con Gazprom che garantiva a Kiev quasi un miliardo di dollari all’anno di diritti di transito.
Costruito in epoca sovietica, il gasdotto è un’infrastruttura fondamentale per il Paese e un’importante via di trasporto energetico. Il controllo della diramazione ucraina del gasdotto (da definire), così come la partecipazione statunitense nel Nord Stream, perseguono l’obiettivo strategico di porre sotto controllo statunitense le maggiori vie di approvvigionamento energetico europee basate sui flussi di gas da USA e Russia.
Valutazione che si rafforza tenendo conto della pretesa di Trump che l’Europa acquisti 350 miliardi di dollari di gas americano all’anno per evitare l’applicazione di dazi commerciali.
Un’intesa con Mosca anche in questo settore da un lato rientrerebbe nella nuova entente cordiale tra USA e Russia e dall’altro porrebbe la politica energetica europea sotto lo stretto controllo delle due potenze.
Trump ha annunciato che “un accordo con l’Ucraina sulle risorse naturali potrebbe essere firmato già il 24 aprile” ma nelle ultime ore tre elementi di novità sembrano chiarire meglio i possibili sviluppi dell’iniziativa statunitense.
Il primo è che l’accordo tra Stati Uniti e Ucraina su terre rare e le risorse naturali “non è collegato al processo di cessate il fuoco“, ha dichiarato oggi il Dipartimento di Stato USA. “Si tratta di due questioni separate. L’accordo sulle risorse riguarda una partnership economica“, ha precisato la portavoce del Dipartimento, Tammy Bruce, in un’intervista a Fox News. Bruce ha aggiunto che “è importante che i partner europei comprendano che Washington non resterà seduta al tavolo dei negoziati per anni“, riferendosi alla minaccia del presidente Donald Trump di ritirarsi dal processo diplomatico sul conflitto ucraino.
Secondo il Segretario al Tesoro Scott Bessent, i dettagli dell’intesa sono ancora in fase di definizione e si basano su un precedente accordo rifiutato da Volodymyr Zelenskyy a febbraio. L’intesa sulle terre rare era naufragata a fine febbraio durante una visita di Zelenskyy a Washington, terminata con una lite in diretta televisiva tra il leader ucraino e Donald Trump e J.D. Vance.
Il secondo elemento di novità è la possibilità che gli USA si ritirino dai negoziati in caso di impossibilità a trovare un’intesa tra Russia e Ucraina. Il segretario di Stato Marco Rubio ha trasmesso alla NATO la possibile rinuncia di Washington agli sforzi di pace nel caso in cui non si dovesse giungere ad un accordo in tempi rapidi.
Secondo quanto riportato dal Dipartimento di Stato, Rubio ha parlato telefonicamente con il Segretario Generale della NATO Mark Rutte ribadendo che “se non emergerà presto un percorso chiaro verso la pace, gli Stati Uniti si ritireranno dagli sforzi di mediazione per la pace”.
Rubio aveva già rilasciato tali dichiarazioni in un punto stampa durante la sua visita istituzionale a Parigi, trovando anche il sostegno del presidente Donald Trump, che rispondendo oggi alle domande dei giornalisti nello Studio Ovale, ha dichiarato di essere favorevole a questa strategia: “Non ho un numero specifico di giorni, ma dobbiamo farlo in fretta – ha affermato Trump.
“Vogliamo farlo”. Trump ha definito la guerra in Ucraina come una “battaglia feroce”, dichiarando anche di avere “buone possibilità di risolvere il problema.
Se per qualche motivo una delle due parti rendesse le cose molto difficili, diremmo semplicemente: ‘Siete degli stupidi, siete delle persone orribili e passeremo oltre. Ma speriamo di non doverlo fare“. A una domanda sulla possibilità che il presidente russo Vladimir Putin stia temporeggiando, Trump ha risposto: “Spero di no”.
Il terzo aspetto sembra invece indicare la priorità statunitense di ripristinare rapporti stretti con la Federazione Russa al di là della soluzione o meno del conflitto in Ucraina.
Gli Stati Uniti sarebbero “pronti” a riconoscere la sovranità di Mosca sulla Crimea ( e sulle quattro regioni ucraina in gran parte occupate annesse con i referendum del 2022) nel quadro di un accordo di pace tra Mosca e Kiev per porre fine alla guerra in Ucraina, ha riferito “Bloomberg” citando fonti anonime informate sui negoziati. Non è forse un caso che poche ore dopo Vladimir Putin abbia annunciato la “tregua di Pasqua”.
Foto RIA Novosti e Bloomberg
Vignetta di Alberto Scafella

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.