L’inverno demografico, l’Ucraina e le guerre del futuro

 

Analisi  di Alessandro Leonardi e Edoardo Fontana*

  

L’inverno demografico è diventato una realtà concreta per gran parte dei Paesi avanzati e sarà uno dei principali elementi che condizioneranno le relazioni internazionali, la competizione fra gli Stati e i conflitti del XXI secolo.

L’attuale guerra russo-ucraina rappresenta un importante scenario da studiare per valutare gli impatti della crisi demografica sugli attori bellici, in particolare la società guidata dal governo del presidente Volodomyr Zelensky.

All’inizio della guerra, nel febbraio del 2022, l’Ucraina presentava una popolazione stimata a circa 43 milioni di persone, con un declino demografico pluridecennale che prosegue inesorabilmente dal 1994, mentre il tasso di fecondità è sceso stabilmente sotto la soglia di sostituzione naturale (2,1 figli per donna) dal 1987. Nell’arco di 30 anni, e con il successivo impatto dell’invasione russa, la popolazione è calata di circa 15 milioni di individui a causa del basso tasso di fecondità, un’aspettativa di vita inferiore ai Paesi occidentali e forti flussi migratori in uscita verso le altre nazioni europee ed extra-continentali.

Fonte grafico:  World Population Prospects: The 2024 Revision

 

Allo stato attuale le statistiche dell’ONU hanno stimato nel 2024 la presenza di 37,4 milioni di individui sull’intero territorio ucraino, mentre la CIA (Central Intelligence Agency) riporta circa 35,6 milioni, ma questi dati vanno presi con la necessaria cautela; dal lontano 2001 non è stato più effettuato un censimento della popolazione presente nel Paese e i successivi sconvolgimenti politici, economici e militari hanno sicuramente comportato un’ulteriore riduzione degli abitanti difficilmente stimabile con accuratezza.

Fonte grafico:  Ukraine’s population future after the Russian Invasion, Joint Research Centre (JRC), 2023

 

Al di fuori dei confini nazionali vi sono circa 6,9 milioni di profughi, dislocati in diversi Paesi europei ed extra-europei stando alle ultime rilevazioni dell’UHNCR), inclusi 1,3 milioni di persone in Russia e Bielorussia. Molto probabilmente il numero dei residenti presenti negli Oblast sotto il controllo del governo ucraino si aggira fra i 28 e i 30 milioni di individui

(per l’Ukrainian Institute of the Future – UIF – nel maggio del 2023 la popolazione ucraina al di fuori dei territori occupati era intorno ai 29 milioni di individui), anche se alcuni sospettano che la situazione sia più grave del previsto: secondo i dati riportati dal “The Wall Street Journal” i residenti potrebbero essere solo 25 milioni e nel 2024 sono aumentati i flussi verso altri Paesi.

Le recenti dichiarazioni ministro degli Esteri Andriy Sybiga affermano che gli ucraini residenti all’estero potrebbero essere 7,5 milioni. Invece nei territori sotto il controllo militare russo si stima la presenza di circa 6 milioni di individui (più di 3,5 milioni di individui nelle regioni occupate, Crimea esclusa e più di 2,5 milioni in Crimea da censimento russo del 2021 non riconosciuto dagli ucraini).

In questo contesto estremamente precario e drammatico il tasso di fecondità totale delle donne ucraine è sceso ulteriormente negli ultimi anni, sotto il tasso di 1,3 figli per donna, mentre a livello nominale le nascite si sono quasi dimezzate rispetto al 2018 (da 164.287 nati a poco più di 87.000 nei primi 6 mesi del 2024).

Fonte grafico: Cristian Segura, Ukraine’s demographic drain puts its post-war recovery at risk, El Pais, 11/12 2023

Gli ultimi dati comunicati dal Ministero della Giustizia rivelano che complessivamente nel 2024 le nascite sono calate del 5,7% rispetto all’anno precedente (2023), scendendo a 176.780 unità a fronte di 495,090 decessi registrati.

A causa del continuo declino demografico l’età mediana della popolazione è salita oltre i 44 anni con un evidente sbilanciamento nella piramide della popolazione.

(Fonte grafico: opendatabot.ut, dati dei primi 6 mesi del 2024)

 

Questa struttura irregolare che presenta pochissimi giovani – soprattutto nella fascia fra i 18 e i 25 anni e in quella inferiore ai 5 anni – ha influito nettamente sulle scelte militari perseguite dalla dirigenza ucraina sin dall’inizio del conflitto.

La coscrizione obbligatoria era stata inizialmente impostata per la fascia di popolazione fra i 27 e i 60 anni, salvo poi venire leggermente abbassata a 25 anni nel 2024.

Il peso del declino demografico e il rischio di perdere al fronte (o per fuga all’estero) gran parte dei cittadini più giovani, minando così le prospettive future del Paese e della sua eventuale ricostruzione, hanno costretto il governo Zelensky a limitare le soglie di reclutamento obbligatorio escludendo le coorti fra i 18 e i 24 anni.

Una scelta che ha comportato anche diversi attriti con l’amministrazione americana di Biden, e con alcuni consiglieri di Trump, entrambi favorevoli alla coscrizione di questa fascia della popolazione.

 

Scenari futuri

 Le prospettive demografiche ucraine per i prossimi decenni delineano scenari poco rassicuranti ed estremamente variabili, legati anche all’ipotetica durata e conclusione del conflitto militare. Le proiezioni elaborate nel report “Ukraine’s population future after the Russian Invasion” del Joint Research Centre (JRC) sono state riassunte in 4 scenari:

  • guerra di lunga durata e basso ritorno dei profughi: presenta un’estesa distruzione del Paese, lenta ricostruzione, scarso ritorno dei migranti ucraini e un persistente stato di incertezza
  • emigrazione permanente: la durata della guerra è minore, molti profughi rientrano, ma la ricostruzione è lenta e questo alimenta ulteriori flussi migratori verso l’estero sul lungo termine
  • migrazione circolare: la durata della guerra è minore, molti profughi rientrano nei successivi 10 anni, ma la lenta crescita economica alimenta una circolarità continua della popolazione
  • migrazione transitoria: la durata della guerra è minore, la maggioranza profughi ritornano in Ucraina e la crescita dell’economia, favorita dagli aiuti internazionali, incentiva ulteriori flussi migratori verso il Paese nel successivo decennio 2030-2040.

 (Fonte grafico:  Ukraine’s population future after the Russian Invasion, Joint Research Centre (JRC), 2023)

Questi scenari vanno ritenuti alquanto ottimistici, compreso quello della “lunga guerra”, osservando i dati emersi nell’anno 2024 (dove viene comunicata una popolazione numericamente inferiore nei territori ucraini) e gli eventi militari in corso. La controffensiva ucraina del 2023 è fallita, le forze militari russe continuano ad avanzare conquistando nuovi territori, la fuga degli ucraini verso i Paesi esteri è aumentata negli ultimi mesi, mentre i primi colloqui di pace non sono ancora ufficialmente iniziati e la futura ricostruzione della nazione rimane uno scenario assolutamente nebuloso.

Un insieme di complessi fattori che rende veramente difficile prevedere la traiettoria demografica dell’Ucraina nei prossimi anni. Nella situazione attuale (febbraio 2025) possiamo solo valutare alcuni trend in corso ed ipotizzare il possibile impatto di alcune importanti variabili:

il ritorno dei profughi: l’incertezza che avvolge lo svolgimento e la durata finale della guerra limita le valutazioni quantitative sul rientro dei profughi ucraini. Possiamo ipotizzare che una parte consistente ritornerà in Ucraina nel dopo-guerra, ma questo numero effettivo sarà influenzato dal livello di distruzione occorsa nella parte orientale del Paese (compreso l’elevatissimo inquinamento ambientale e i milioni di ordigni inesplosi & pericolosi lasciati sul terreno: il solo quantitativo di armi a grappolo impiegato nel conflitto rischia di provocare migliaia di vittime nel dopoguerra, la velocità della ricostruzione industriale/economica e la stessa durata del conflitto. Se la guerra dovesse proseguire per vari anni, molti ucraini radicheranno le loro esistenze nei Paesi europei rendendo più difficile un eventuale ritorno.

Una fragile tregua/armistizio/pace potrebbe rallentare ulteriormente il ritorno dei profughi, intimoriti da un ipotetico secondo conflitto su larga scala e dalla possibilità di nuove coscrizioni obbligatorie. In particolare, lo scenario di un conflitto congelato che lasciasse i due schieramenti separati da una fragile linea demilitarizzata, potrebbe spingere la leadership ucraina a mantenere operativa una buona parte dell’esercito di enormi dimensioni formato dal 2022, con il ricorso ad estese campagne di coscrizioni annuali obbligatorie.

Non va dimenticato come una delle motivazioni principali della fuga degli ucraini di sesso maschile sia l’evasione della mobilitazione e la paura di ritrovarsi costretti a combattere. Un loro ritorno potrebbe altresì essere ostacolato dal timore di ritorsioni: anche qualora lo Stato ucraino emanasse un’amnistia per favorire il rientro dei renitenti alla leva, le infiammate frange nazionaliste di un’Ucraina post-bellica potrebbero non vedere di buon occhio il ritorno di questi ultimi.

La paura di subire ritorsioni e repressione ostacolerà il ritorno dei profughi nelle zone del Paese passate sotto controllo russo, specialmente nel caso degli uomini che hanno prestato servizio sotto le Forze Armate Ucraine.

Similmente, discriminazioni su base linguistica da parte delle amministrazioni allontaneranno ulteriormente il ritorno della popolazione esule. La grave crisi demografica che sta investendo le società europee spingerà i governi dell’Unione a ricercare figure specializzate e nuovi lavoratori all’estero, innescando una gara per attrarre i talenti.

Questo potrebbe comportare un ulteriore rallentamento del rientro dei profughi ucraini, specialmente delle figure professionali a media/alta specializzazione. Inoltre l’ascesa di governi ostili ai flussi migratori provenienti da Africa e Asia potrebbe innescare ulteriori politiche lavorative/economiche selettive e preferenziali a favore della parte orientale e più povera dell’Europa, atte a trattenere i profughi ucraini all’interno delle nazioni ospitanti tramite diversi incentivi e opportunità.

la ripresa del dopo-guerra: l’Unione Europea ha promesso di finanziare parte della ricostruzione, ma queste “assicurazioni” sono ampiamente nebulose e condizionate dall’evoluzione del sistema internazionale, sia sul piano geopolitico, sia sul piano economico/finanziario. Nel febbraio del 2024 la Banca Mondiale, in collaborazione con la Commissione Europea, l’ONU e il governo ucraino, aveva annunciato la necessità di quasi 500 miliardi di dollari .

Dopo un altro anno di guerra, e ulteriore distruzione delle infrastrutture del Paese, molto probabilmente la cifra è salita verso i 600 miliardi. Queste stime vanno valutate in modo “conservativo”, soggette all’evoluzione del conflitto militare e rivalutate in futuro in base a reali ed approfondite valutazioni sul terreno.

Sicuramente la ricostruzione e la bonifica del Paese richiederanno centinaia di miliardi di dollari, ma questi finanziamenti saranno assai incerti. Diversi membri dell’Unione Europea sono economicamente in crisi, sottoposti ad alcune restrizioni di bilancio in base al nuovo Patto di stabilità & crescita, con necessità di investimenti interni su altri settori. Le future elezioni politiche nei singoli Stati potrebbero far emergere governi ostili o restii ad investire ingenti capitali nella ricostruzione.

Ulteriori crisi internazionali comporterebbero sicuramente un impatto negativo. La stessa durata del conflitto incide su questi scenari, considerando che molte risorse minerarie sono situate nella parte orientale e in quella sotto il controllo russo, mentre le esportazioni per via navale attraverso il Mar Nero potrebbero essere ostacolate od interrotte da un riacutizzarsi del conflitto. Una fragile tregua/armistizio/pace impedirebbe una rapida ripresa dell’economia, con gli investitori privati timorosi di ulteriori problemi e conflitti.

Gli stessi Stati Uniti, sotto la nuova amministrazione americana di Donald Trump, sembrano essere decisamente meno improntati ad estese donazioni e finanziamenti sul lungo termine in campo internazionale, specialmente se le trattative per la conclusione del conflitto dovessero produrre uno scenario instabile e/o insoddisfacente per i loro interessi strategici.

le iniziative ucraine per la questione demografica: nel settembre del 2024 il governo ucraino ha approvato una nuova strategia per lo sviluppo demografico del Paese da attuare fino all’anno 2040, con la programmazione di iniziative triennali. Queste misure si concentrano principalmente intorno a sei obiettivi:

  • Migliorare le condizioni per il ritorno dei profughi e la riduzione del livello di deflusso degli ucraini verso l’estero
  • Creare le condizioni per alzare il tasso di fecondità totale con nuove misure a sostegno della natalità e delle famiglie
  • Riduzione della mortalità prematura, aumento dell’aspettativa di vita e una serie di misure per gli invalidi di guerra
  • Creazione di posti di lavoro con l’obiettivo della piena occupazione
  • Adattamento della società a fronte dell’invecchiamento demografico e creazione delle condizioni per una longevità attiva
  • Sviluppo delle condizioni per una vita di elevata qualità e trasformazione dell’Ucraina in un polo attrattivo per gli stranieri

Una strategia che avrà bisogno di ingenti risorse e di una programmazione molto complessa, soprattutto per affrontare i numerosi ostacoli che si porranno nei prossimi anni. Alcuni di questi riguardano il ritorno dei profughi e la ricostruzione economica, che abbiamo già evidenziato nei paragrafi precedenti.

Altri riguardano le particolari sfide poste dall’inverno demografico che sta interessando le società industrialmente avanzate. Una serie di Paesi che presentano un potente welfare system (come le nazioni scandinave) o importanti misure sociali/economiche per il contrasto del calo della natalità (Francia, Giappone, Corea del Sud, etc.), non sono riuscite ad invertire la diminuzione del tasso di fecondità, nonostante le risorse a disposizione e una situazione interna nettamente migliore rispetto all’Ucraina.

I cambiamenti socio-culturali intervenuti su scala planetaria all’interno delle società avanzate neutralizzano le misure adottate fino ad oggi, dagli incentivi economici alla creazione di infrastrutture adeguate (asili nido, etc.), fino alle politiche famigliari. Inoltre l’accelerazione digitale sta probabilmente incrementando il crollo della natalità, insieme ad altre problematiche causate dal sistema industriale-tecnologico: crollo della fertilità maschile, malessere psicologico di massa, atomizzazione sociale, incremento della solitudine,  dei single e cambiamento delle priorità esistenziali nelle nuove generazioni.

Questo mix di fattori potrebbe vanificare la strategia ucraina e disinnescare anche i benefici della ripresa del dopo-guerra. I boom demografici osservati in passato nelle situazioni post-conflitto potrebbero non ripetersi nel caso ucraino, specialmente in un contesto sociale europeo come quello del XXI secolo.

L’unica reale speranza nel breve termine per l’Ucraina risiede in un consistente rientro dei profughi, superiore all’ipotetica cifra del 63% stimata nel 2023, e la riattivazione di un ciclo culturale/sociale/politico in grado infondere un profondo ottimismo nella popolazione.

 

Demografia & Guerra in Ucraina

 La guerra russo-ucraina ha reso manifesto un cambiamento epocale nei conflitti odierni: il netto aumento dell’età media delle truppe combattenti a causa della crisi demografica in corso.

Prima del crollo della natalità osservato nei decenni precedenti, gli eserciti erano composti principalmente da giovani 20enni e 30enni, ma con l’invecchiamento della popolazione e la diminuzione delle nascite l’età media dei soldati è aumentata progressivamente; per esempio nella Guerra del Vietnam l’età media dei coscritti americani era intorno ai 22 anni. Nella Guerra del Golfo era salita a circa 27 anni, mentre nelle successive guerre in Iraq & in Afghanistan è arrivata a 33,4 anni intorno al 2010.

L’attuale guerra evidenzia un’età media delle truppe ucraine intorno ai 43 anni, con dati più o meno simili per la controparte russa, anche se i dati sulle perdite russe rilevano un’età media un po’ più bassa, sui 35.

La mancata mobilitazione della fascia di giovani ucraini 18-24 anni ha aggravato il trend in corso, ma è stata determinata dalle condizioni che presenta la piramide demografica del Paese; uno sbilanciamento che impedisce l’utilizzo su larga scala degli individui più giovani, a meno di mettere seriamente a rischio il futuro demografico della nazione, specialmente con un tasso di fecondità totale così basso.

Non va inoltre dimenticato che la fascia di 18-24enni è corteggiata dal sistema di reclutamento dell’esercito, il quale offrendo incentivi e contratti lucrativi mira ad assicurarsi l’arruolamento volontario dei giovani ucraini: ne consegue che, pur essendo esentati dalla mobilitazione obbligatoria, i 18-24enni rappresentano comunque circa il 9.5% delle vittime militari ucraine.

Anche la Federazione Russa presenta gravi problematiche demografiche, ma può contare su una popolazione numericamente superiore all’Ucraina, con un rapporto di quasi 5 a 1. In un violento conflitto d’attrito, come quello in corso, questo conferisce un vantaggio di manpower ai russi, che possono permettersi maggiori rotazioni di truppe in prima linea, una maggiore tolleranza per le perdite sul lungo termine e un reclutamento di tipo diverso, basato estesamente su volontari, mercenari e carcerati.

Le Forze Armate Russe arruolano ogni anno numerosi giovani coscritti, ma essi sono per legge banditi dall’impiego oltre confine.

Arruolando primariamente in maniera volontaria le truppe destinate all’impiego in Ucraina, grazie all’offerta di cospicui incentivi socio-economici ben più che per motivazioni ideologiche, il sistema russo ha sin qui garantito un ridotto impatto sulla società causato dalle perdite subite nel conflitto – in maniera ben diversa dall’Ucraina, costretta a ricorrere ad estese e impopolari mobilitazioni obbligatorie.

Non va tuttavia dimenticato come la Federazione Russa sia stata costretta a ricorrere ad una mobilitazione parziale obbligatoria durante la crisi dell’autunno 2022, con 300mila uomini arruolati, che rappresentano una parte minoritaria ma significativa dello schieramento russo passato dal fronte ucraino.

A febbraio 2025, i mobilitati rappresentavano solo l’11% delle vittime militari russe confermate, la manodopera carceraria il 17%, con i rimanenti prevalentemente volontari e soldati a contratto già in servizio ad inizio invasione.

Da parte russa, sostenere un conflitto convenzionale pluriennale su vasta scala con un fronte attivo di centinaia di chilometri e migliaia di perdite ogni mese, attingendo prevalentemente da un reclutamento volontario-mercenario, rappresenta un elemento di importante novità nella Storia bellica recente.

Questo dislivello a sfavore dell’Ucraina sta comportando notevoli ripercussioni sul piano militare, con i soldati impossibilitati a difendere in maniera ottimale l’intero fronte, con le truppe sempre più esauste, sfiduciate, e un numero di perdite che sta minando l’efficacia delle azioni militari.

Secondo l’analista e ricercatore Ivan Katchanovski l’Ucraina potrebbe avere subito circa 140.000 caduti e 560.000 feriti, mentre le morti militari ucraine verificate da fonti aperte sarebbero già oltre 65mila, cui vanno aggiunti 59mila dispersi conteggiati da fonti governative ucraine a dicembre 2024, probabilmente in gran parte vittime.

Numeri da valutare con attenzione e cautele data la difficoltà a verificare le reali perdite, ma che potrebbero essere compatibili con la violenta guerra d’attrito in corso e le numerose osservazioni accumulate nel tempo.

Questa sistematica carenza di nuove reclute non potrebbe venire colmata in maniera efficace nemmeno con la mobilitazione dei più giovani, viste le problematiche poste dagli ultimi arruolamenti.

L’anemica fascia di 18-24enni ucraini offrirebbe relativamente pochi uomini per il fronte, anche perché il tasso di evasione della mobilitazione ha raggiunto livelli endemici: nel 2024, solamente quattro dei dieci milioni di uomini in età d’armi ucraini avevano risposto alla richiesta del governo di inserire i propri dati nel database delle forze armate; dal 2022 circa 500mila ucraini sono ricercati per avere evaso la mobilitazione dopo essere stati richiamati (38). Quest’ultimo dato suggerirebbe che un ucraino su tre, di fronte al richiamo per la mobilitazione obbligatoria, abbia preferito darsi alla macchia.

I limiti posti dalla crisi demografica pluridecennale hanno impedito fin dall’inizio la mobilitazione totale della popolazione combattente, l’arruolamento delle forze più vitali, più dinamiche e fisicamente giovani, pregiudicando in parte le manovre militari in corso.

Nel caso il conflitto dovesse perdurare nei prossimi anni, queste particolari problematiche si acuiranno sempre di più, incrementando le possibilità di ulteriori ritirate tattiche & strategiche a causa della mancanza di uomini, o addirittura un repentino crollo del fronte in più punti a favore delle forze militari russe. In tal caso, come già ventilato in passato da alcuni esponenti polacchi, l’Ucraina in extremis dovrebbe far ricorso in maniera coercitiva ai profughi dislocati nei Paesi europei (con tutte le conseguenze politiche a livello comunitario), agli individui più giovani rimasti nel Paese e/o al possibile aiuto di contingenti militari alleati. Ipotesi al momento remote, che pongono numerosi problemi, ma da non escludere in uno scenario bellico di lunga durata.

 

Il declino demografico e i conflitti futuri

 L’inverno demografico che sta interessando decine di Paesi nel mondo sarà uno dei mega-trend più importanti a livello globale, con enormi impatti sui conflitti in corso e sulla competizione militare fra gli Stati. Le attuali dottrine belliche dovranno incorporare al loro interno questo cambiamento strutturale delle popolazioni delle società avanzate, che sta mostrando il suo pesante condizionamento nella guerra russo-ucraina.

In particolare, il conflitto ucraino sembra evidenziare una rinnovata importanza degli eserciti di massa, grazie anche alla notevole efficacia dimostrata da economiche formazioni di fanteria leggera armate con droni e armi spalleggiabili.

Emerge, infine, un rischio mortale per le moderne società industrializzate alle prese con un conflitto convenzionale d‘attrito: la difficoltà nel convincere o imporre ai cittadini il servizio militare.

Abbiamo già citato il caso russo, dove nonostante tre anni di guerra durissima l’apparato statale putiniano evita il più possibile il ricorso a mobilitazioni, preferendo metodi alternativi e poco ortodossi. In Ucraina una narrazione spesso romanzata della volontà popolare di combattere l’invasore, nasconde la realtà di una guerra che non certo tutti sembrano disposti a combattere.

Dal febbraio 2022 all’ottobre 2024, il governo ucraino ha dichiarato di aver mobilitato con successo 1,05 milioni di uomini, mentre in 500mila avrebbero evaso la mobilitazione. Mettendo nel conto le forze regolari già esistenti e l’afflusso di volontari, possiamo stimare che nei quasi tre anni d’invasione russa meno del 15% dei maschi ucraini in età militare (10,5 milioni di 18-60enni al 2/2022, nei territori governativi abbia servito in difesa del proprio Paese, di cui la maggioranza in maniera non volontaria, nonostante la costante necessità dell’esercito di espandere i propri effettivi.

Una percentuale che è interessante confrontare con altre lunghe guerre convenzionali, d’attrito o esistenziali: negli otto anni di guerra Iran-Iraq, servirono nelle forze regolari o paramilitari più del 21% dei maschi iraniani dai 18 ai 60 anni – senza contare il largo impiego di Basiji minorenni – così come il ~65% dei maschi iracheni 18-60enni (calcolo su dati da Pierre Razoux , The Iran- Iraq war, The Belknap Press of Harvard University Press Cambridge, Massachusetts London, England 2015; Appendix D,I.).

Le autorità comuniste del Vietnam del Nord mobilitarono nelle forze armate circa la metà della popolazione maschile in età lavorativa del Paese (15-64 anni) nel corso del quindicennio di guerra 1960-1975 (1).

Infine nella Seconda Guerra Mondiale servirono nell’Armata Rossa 5,3 milioni di ucraini (2) e le autorità sovietiche riuscirono a mobilitare circa il 60% della popolazione maschile ucraina in età militare.

Di fronte a queste dinamiche diviene essenziale valutare realisticamente quale parte della popolazione europea sarebbe oggi disposta all’arruolamento in caso di conflitto convenzionale.

Laddove il declino demografico si interseca con le società cosiddette avanzate, individualiste e prive dei fervori ideologici del secolo scorso, è difficile immaginare mobilitazioni obbligatorie consistenti – che potrebbero essere imprescindibili in un conflitto terrestre con un avversario di livello e demograficamente superiore.

È più facile immaginare il ricorso al reclutamento mercenario, seguendo l’esempio russo, che è socialmente più accettabile ma difficilmente sufficiente visto lo scarso pool demografico a disposizione.

Teoricamente potrebbe rivelarsi una risorsa l’ampio reclutamento di manodopera femminile – un qualcosa di tendenzialmente osteggiato dalle istituzioni militari, nonché ancora un tabù, come evidenzia il conflitto russo-ucraino.

Ogni politica estera europea dovrebbe, in primis, tenere a mente questa debolezza strutturale, evidente anche ad attori esterni: il rischio concreto è quello di ritrovarsi a combattere conflitti terrestri senza avere personale a sufficienza, o provocare sconvolgimenti sociali nel tentativo di reclutarlo.

Nei prossimi anni i Paesi europei dovranno elaborare tutta una serie di nuove strategie per conciliare la tenuta di un complesso apparato difensivo con il rapido invecchiamento della popolazione e il ridimensionamento numerico delle nuove generazioni Z e Alpha. In particolare l’Italia, che presenta alcuni dei peggiori parametri socio-demografici a livello mondiale, sarà al centro di questo inevitabile cambiamento che condizionerà le politiche delle istituzioni per tutto il XXI secolo.

Foto: TASS, RIA Novosti,  Presidenza Ucraina, Euromaidan Press e Ministero Difesa Ucraino

 

Note:

1 – Mobilitati totali calcolati sommando effettivi PAVN al 1975 (da Spencer Tucker, Encyclopedia of the Vietnam War: A Political, Social, and Military History, ABC-CLIO, 1998, p.453). Conteggio governativo vietnamita del 2017, (reperibile a https://web.archive.org/web/20181217065036/http://chinhsachquandoi.gov.vn/tinbai/309/Tap-huan-cong-tac-chinh-sach), più feriti PAVN (da Hastings, Max (2018). “Vietnam an epic tragedy, 1945–1975”. Harper Collins.). Media della popolazione in età lavorativa (15-64 anni) nord-vietnamita (1960-74) calcolata sulla base di “The Manpower Situation in Nord Vietnam”, CIA, 1968, e Barbieri, Magali (1995). “La situation démographique du Viêt Nam”)

2 – Soviet Use of Substandard Manpower in the Red Army, David Glantz, in “Scraping the Barrel The Military Use of Substandard Manpower”, Edited by Sanders Marble, p. 164

 

Alessandro Leonardi  Analista, ex giornalista e autore di analisi sul Sistema industriale-tecnologico e la tarda Modernità. Esperto di collassologia, si occupa di evoluzioni e crisi dei modelli di sviluppo, con al centro la crisi climatica e i piani di mitigazione/adattamento connessi ai sistemi complessi, alla geopolitica e ai cambiamenti socio-politici in corso. Scrive su testate giornalistiche e riviste nazionali come “La Svolta”, “Singola”, “Equilibri Magazine”, “Iconografie”, nonché per la Fondazione ENI Enrico Mattei.

Edoardo Fontana  Analista militare. Fondatore di Acta Bellica.

 

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