Con l’accordo minerario l’Ucraina passa da alleato a cliente-vassallo degli USA

 

Washington e Kiev hanno firmato il 30 aprile, dopo settimane di tensioni, l’accordo sullo sfruttamento congiunto delle risorse naturali ucraine e l’istituzione di un fondo per la ricostruzione postbellica del Paese.

L’accordo garantisce che gli Stati Uniti e i loro alleati assumeranno la guida di qualsiasi piano di ricostruzione. “Nessuno Stato o persona che abbia finanziato o rifornito la macchina da guerra russa potrà beneficiare della ricostruzione dell’Ucraina”, ha avvertito il Segretario al Tesoro statunitense, Scott Bessent.

Donald Trump, aveva chiesto un risarcimento di 500 miliardi di dollari, circa quattro volte l’importo che gli Stati Uniti hanno versato in aiuti diretti a Kiev: 120 miliardi circa, secondo il centro studi economici tedesco Kiel Institute, senza contare però il costo dei servizi di intelligence, logistici e di altra natura offerti a supporto dell’Ucraina con costi a carico delle forze armate americane.

Al centro dell’accordo c’è il Fondo di investimento per la ricostruzione Stati Uniti-Ucraina, a cui i due Paesi contribuiranno e che supervisioneranno in modo congiunto. I profitti del Fondo saranno investiti esclusivamente in Ucraina, alla quale non verrà chiesto di ripagare alcun “debito”.

Kiev inoltre avrà “il pieno controllo del suo sottosuolo, delle sue infrastrutture e delle sue risorse naturali”, ha assicurato il premier Denys Shmygal. L’accordo finanzierà solo progetti minerari, petroliferi e del gas, nonché infrastrutture e processi di lavorazione in Ucraina per i primi 10 anni, trascorsi i quali “gli utili potranno essere distribuiti tra i partner”.

“Il trasferimento e lo sviluppo di tecnologie sono una componente importante dell’accordo, perché abbiamo bisogno non solo di investimenti, ma anche di innovazione”, ha affermato il ministro dell’Economia, Yulia Svyrydenko per la quale l’intesa non avrà alcun impatto sulla richiesta di integrazione dell’Ucraina nell’Unione Europea.

L’accordo sulle terre rare siglato dall’Ucraina con gli Stati Uniti “ora è veramente equo” ha affermato ieri il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.  “L’accordo è cambiato significativamente durante il processo di preparazione. Ora è un accordo veramente equo che crea opportunità per investimenti significativi in ​​Ucraina”.

Il segretario al Tesoro, Scott Bessent, durante un’intervista a Fox Business Network ha sostenuto che l’accordo  permetterà a Trump “di negoziare con la Russia da una posizione più forte” perché mostrerà a Mosca che “non ci sono discrepanze tra gli ucraini e gli americani, abbiamo gli stessi obiettivi” e l’accordo costituisce “una partnership economica totale: non si tratta solo di terre rare, ma di infrastrutture, energia. È un’opportunità per entrambe le parti”.

Dall’accordo è rimasta esclusa la possibilità, caldeggiata a lungo da Kiev, che gli Stati Uniti rilevassero il controllo delle centrale nucleare di Energodar (nella regione di Zaporizhia) che però è fin dall’inizio del conflitto sotto il controllo delle truppe russe.

 

Perplessità sulla sicurezza

Kiev ha accettato l’accordo per assicurarsi investimenti statunitensi a lungo termine, anche alla luce della politica di disimpegno dell’amministrazione Trump dall’Europa ma Washington ha rifiutato di offrire garanzie di sicurezza all’Ucraina e ha respinto l’ipotesi di una sua adesione alla NATO, affermando genericamente che la presenza di aziende statunitensi sul campo sarà vantaggiosa per l’Ucraina e potrà inibire future aggressioni russe.

Heidi Crebo-Rediker, ricercatrice senior del Council on Foreign Relations, parlando al Wall Street Journal, ha definito l’accordo un’iniziativa “win-win” per gli Stati Uniti e l’Ucraina, perché prepara il terreno per maggiori aiuti militari statunitensi a Kiev, che verranno conteggiati come contributo allo sviluppo minerario dell’Ucraina. “Gli Stati Uniti avranno un interesse personale nelle risorse naturali per le quali gli ucraini combatteranno“, ha affermato.

Valutazioni opinabili soprattutto alla luce dei crescenti intese russo-americane tra cui occorre annoverare anche i progressi nei negoziati tra USA e Iran. Benché non sia credibile un tentativo russo di conquistare i territori ucraini a ovest del Dnepr, tradizionalmente ostili a Mosca, non si può affermare che una simile evenienza ostacolerebbe le attività delle compagnie minerarie o degli investitori a stelle e strisce on Ucraina che potrebbero continuare a operare senza ostacoli da parte di Mosca.

Del resto gli Stati Uniti stanno discutendo di entrare in società con compagnie russe quali Gazprom per ripristinare i gasdotti sottomarini Nord Stream e gestire i gasdotti terrestri che fino al dicembre 2024 trasportavano gas russo verso l’Europa.

Il segretario di Stato americano Marco Rubio, ha definito l’accordo sui minerali una “pietra miliare nella nostra prosperità condivisa e un passo importante per porre fine a questa guerra”. Ritenere che l’intesa rimborsi gli Stati Uniti dei costi sostenuti finora a favore dell’Ucraina e ponga le basi per gestire con società statunitensi il business della ricostruzione postbellica appare un’ipotesi molto credibile e che mira a tagliare fuori almeno in parte gli europei.

Le uniche, labili, garanzie di sicurezza però sono indirette e cioè riposte nella considerazione che il governo statunitense controlli direttamente quello di Kiev per scongiurare nuove azioni militari russe.

Anche l’ipotesi che i proventi minerari finanzino l’acquisto di armamenti statunitensi ribalta completamente la prospettiva delle relazioni bilaterali: da fruitore degli aiuti militari USA, UE e NATO, l’Ucraina diventa così acquirente di prodotti militari statunitensi finanziati attraverso le garanzie offerte dalle risorse minerarie.

Trump, ha affermato che l’accordo sui minerali firmato con l’Ucraina potrebbe dare agli Stati Uniti “molto di più” di quanto Washington abbia speso per gli aiuti a Kiev. Trump ha ripetutamente affermato quanto il sostegno di Washington a Kiev nella sua lotta contro la Russia abbia prosciugato le risorse americane per colpa del predecessore Joe Biden.

“Biden ha consegnato loro 350 miliardi di dollari tra contanti ed equipaggiamento militare e non abbiamo ottenuto nulla”, ha dichiarato Trump a NewsNation dopo la firma dell’intesa sui minerali.

Curiosamente, 350 miliardi di dollari non rappresenta la reale entità degli aiuti statunitensi forniti a Kiev ma è interessante notare che rappresenta stessa cifra che Trump pretende che l’Europa versi agli Stati Uniti ogni anno acquistando energia e armamenti negli USA.

“Abbiamo raggiunto un accordo in cui otteniamo molto di più in teoria dei 350 miliardi di dollari”, ha poi aggiunto a conferma che l’obiettivo della Casa Bianca è recuperare i crediti ed eventualmente acquisire un nuovo cliente per la sua industria della Difesa in un’Europa a cui Washington suggerisce con sempre maggiore fermezza di spendere il 5 per cento del PIL per la Difesa.

Non a caso da Mosca, il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev (nella foto sopra), ha commentato che “Trump ha costretto il regime di Kiev a pagare gli aiuti americani con i minerali. Ora dovranno pagare le forniture militari con la ricchezza nazionale di un Paese che sta scomparendo”

A sostegno delle valutazioni di Medvedev, la britannica BBC ha reso noto ieri che dopo la firma dell’intesa mineraria l”amministrazione Trump approverà la sua prima vendita di equipaggiamento militare all’Ucraina. Il dipartimento di Stato ha certificato una proposta di licenza per esportare oltre 50 milioni di dollari di hardware e servizi per la difesa in Ucraina, secondo una comunicazione inviata alla Commissione per le Relazioni Estere degli Stati Uniti.

Si tratta della prima autorizzazione a forniture militari autorizzata dall’amministrazione Trump, ma in vendita non in regalo.

 

Le risorse in mano agli ucraini

L’accordo è spesso chiamato “sulle terre rare” (17 metalli utilizzati per realizzare magneti che trasformano l’energia in movimento per veicoli elettrici, telefoni cellulari, sistemi missilistici e altri dispositivi elettronici) ma l’Ucraina, tranne un po’ di scandio, fondamentalmente non ne possiede e per questa ragione sarebbe più appropriato parlare di intesa “sui minerali e le risorse critiche”, come ha spiegato all’Agenzia Giornalistica Italia l’esperto di energia Gianclaudio Torlizzi, fondatore della società di consulenza T-Commodity e consigliere del ministro della Difesa su materie prime e materiali rari.

L’Ucraina è il sesto produttore a livello mondiale di titanio, che rappresenta l’attrattiva maggiore per il suo impiego nell’industria militare ed è ricca giacimenti di carbone e gas e di minerali di ferro; il Paese, inoltre, detiene circa il 20 percento della grafite mondiale, che non e una terra rara, ma un minerale strategico e ha il litio, fondamentale per l’industria delle batterie e il business dei veicoli elettrici, i cui giacimenti più promettenti si trovano però nella regione di Zaporizhia, parzialmente sotto controllo russo.

Un report dell’agenzia di stampa Reuters evidenzia che lo U.S. Geological Survey considera 50 minerali critici, tra cui terre rare, nichel e litio, essenziali per settori come la difesa, gli elettrodomestici ad alta tecnologia, l’industria aerospaziale e l’energia verde.

L’Ucraina possiede giacimenti di 22 dei 34 minerali identificati dall’Unione Europea come critici. Secondo l’Istituto di Geologia ucraino, il Paese possiede terre rare come il lantano e il cerio, utilizzati in televisori e illuminazione; il neodimio, utilizzato nelle turbine eoliche e nelle batterie dei veicoli elettrici; e l’erbio e l’ittrio, le cui applicazioni spaziano dall’energia nucleare ai laser. Una ricerca finanziata dall’UE indica inoltre che l’Ucraina possiede riserve di scandio. Il World Economic Forum ha affermato che l’Ucraina è anche un potenziale fornitore chiave di litio, berillio, manganese, gallio, zirconio, grafite, apatite, fluorite e nichel.

Il Servizio Geologico Statale ha affermato che l’Ucraina possiede una delle maggiori riserve confermate d’Europa, stimate in 500.000 tonnellate, di litio, vitale per batterie, ceramica e vetro. Il paese possiede riserve di titanio, principalmente situate nelle regioni nord-occidentali e centrali, mentre il litio si trova al centro, a est e a sud-est.

Le riserve ucraine di grafite, un componente chiave nelle batterie dei veicoli elettrici e nei reattori nucleari, rappresentano il 20% delle risorse globali. I giacimenti si trovano al centro e a ovest.

Oleksiy Sobolev, primo viceministro dell’Economia, ha dichiarato a gennaio che il governo stava lavorando ad accordi con gli alleati occidentali, tra cui Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Italia, su progetti relativi allo sfruttamento di materiali critici. Il governo stima che il potenziale di investimento totale del settore si aggiri intorno ai 12-15 miliardi di dollari entro il 2033.

Il Servizio Geologico Statale ha affermato che il governo sta preparando circa 100 siti da autorizzare e sviluppare congiuntamente, ma non ha fornito ulteriori dettagli.

 

Le risorse in mano ai russi

L’Ucraina possiede anche significative riserve di carbone, sebbene la maggior parte sia ora sotto il controllo della Russia nei territori occupati. Analisti minerari ed economisti affermano che l’Ucraina attualmente non dispone di miniere di terre rare commercialmente operative.

La guerra ha causato danni ingenti in tutta l’Ucraina e la Russia ora controlla circa un quinto del suo territorio. Circa il 40% delle risorse metalliche dell’Ucraina è ora sotto occupazione russa, secondo le stime dei think-tank ucraini We Build Ukraine e dell’Istituto Nazionale di Studi Strategici risalenti a giugno 2024.

Da allora, le truppe russe hanno continuato ad avanzare costantemente nella regione orientale di Donetsk con progressi anche nelle regioni di Kharkiv, Zaporizhia X.  In gennaio, l’Ucraina ha chiuso la sua unica miniera di carbone da coke fuori dalla città di Pokrovsk, che le forze di Mosca stanno cercando di isolare.

La Russia ha occupato almeno due giacimenti di litio ucraini durante la guerra: uno a Donetsk e un altro nella regione di Zaporizhia, nel sud-est. Kiev controlla ancora i giacimenti di litio nella regione centrale di Kyrovograd.

@GianandreaGaiani

Foto: Kyiv Post, TASS, AGEEI, MAGA, Ukrainan Geological Survey, Pokrovsk UA e Anadolu

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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