Guerra nei tunnel: i genieri si addestrano a “La Carona” – AGGIORNATO

Il 23 giugno, all’interno dell’area addestrativa “La Carona”, nel Comune di Fornovo di Taro (PR), e successivamente presso l’area addestrativa “Scalo Po” di Piacenza, si è tenuto l’ultimo atto delle esercitazioni “Cerbero & Stige 25”, alla presenza del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Carmine Masiello. Si tratta di attività esercitative pianificate nell’ottica dello sviluppo capacitivo delle unità del Genio Guastatori per la condotta delle operazioni sotterranee e per il potenziamento delle attività tattiche utili all’attraversamento di un corso d’acqua non guadabile.
Nel corso dell’esercitazione è stata testata la capacità fondamentale delle unità del Genio, di supporto generale e di supporto diretto, di operare in stretto coordinamento con unità da ricognizione, elicotteri d’attacco, forze speciali e altre unità di Forza Armata.
L’area addestrativa “La Carona” include un ex deposito sotterraneo di carburante risalente agli anni ‘30 e realizzato in cemento armato e a grande profondità per le esigenze della Regia Aeronautica e per proteggerlo dai bombardamenti aerei alleati durante la Seconda guerra mondiale.
Dotata di ampie sale ricavate dai depositi e da una estesa rete di tunnel, l’area è stata riattivata per scopi addestrativi, permette una vasta gamma di simulazioni e costituisce uno dei pochissimi poligoni in cui le forze militari e di sicurezza italiane e di nazioni amiche ed alleate possono addestrarsi alla “guerra nei tunnel”.
Grazie a questo importante momento esercitativo, nell’ambito del mandato conferito al Comando Genio di sviluppo della capacità, “unica” all’interno del comparto Difesa, di combattimento in ambienti sotterranei, i guastatori paracadutisti dell’8° Reggimento hanno raggiunto la Full Operational Capability per l’esecuzione dei compiti tattici del genio volti a garantire il supporto alla mobilità, contromobilità, protezione e supporto al ciclo intelligence in ambienti confinati.
Il 2° Reggimento Genio Pontieri si è esercitato ad un’attività di forzamento di un corso d’acqua inguadabile in un ambiente caratterizzato dalla presenza di ostacoli di diversa natura sulla sponda lontana, di possibile presenza di forze nemiche con capacità di osservazione a lungo raggio, tipiche dei moderni mezzi tecnologici, che implicano il coordinamento con le attività degli elicotteri d’attacco e delle altre unità da combattimento e supporto al combattimento.
“L’Esercitazione odierna non è un traguardo ma segna un momento significativo del percorso evolutivo dell’Esercito, i cui presupposti sono l’addestramento in scenari realistici, che impongono elevatissima preparazione fisica, tecnica e spirituale, la costante sperimentazione e applicazione di nuove tecnologie e un approccio proattivo e consapevole. Se ci provi, vinci o perdi, se non ci provi, perdi. Questo è il cambiamento culturale, volano della crescita individuale e collettiva in corso, essenziale per vincere le sfide dei nostri tempi e quelle che verranno”, così il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, rivolgendosi agli uomini e alle donne esercitati.
Il generale Masiello poi ha aggiunto: “La complessa manovra di superamento di un corso d’acqua, eseguita nell’area addestrativa di Piacenza, dimostra che i pontieri del 2º reggimento sono tra le capacità di eccellenza dell’Esercito. La piena complementarietà operativa e integrazione dei molteplici assetti, sia convenzionali sia delle Forze Speciali della Forza Armata, sono la chiave per affrontare l’intero spettro dello scenario moderno”.
All’esercitazione, coordinata e condotta dal Comando Genio, hanno partecipato numerosi reparti dell’Esercito: la Brigata Genio con i suoi reparti dipendenti (2° reggimento Genio Pontieri, 6° Reggimento genio Pionieri, Reggimento Ferrovieri, Centro d’Eccellenza CIED, Reggimento Addestrativo, Centro di supporto del Genio alla protezione delle Forze), l’8° Reggimento Genio Guastatori Paracadutisti della Brigata “Folgore” con il concorso dei reparti della Brigata Informazioni tattiche (9° Rombo – 33° reggimento EW), del Comando Trasmissioni (cine-foto e 2° reggimento trasmissioni Alpino), del 3° Reggimento Genio Guastatori, del Comando Artiglieria Controaerei (121° Reggimento artiglieria Controaerei), di equipaggi elicotteri dell’Aviazione dell’Esercito, di binomi cinofili del Centro Militare Veterinario, dei distaccamenti dei reparti del Comando Forze Speciali dell’Esercito (9º Reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin”, 185° reggimento paracadutisti Ricognizione e Acquisizione Obiettivi, 4° reggimento alpini paracadutisti) e degli assetti della Scuola di Commissariato.
Il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha così commentato i due atti addestrativi.
“La sicurezza non è mai scontata: è il risultato di addestramento e prontezza. Senza sicurezza non c’è libertà, e senza libertà non c’è futuro. Nella giornata di ieri avevo previsto di assistere a due importanti esercitazioni dell’Esercito, ‘Cerbero’ e ‘Stige’, finalizzate a rafforzare la capacità di operare in ambienti sotterranei e nel superamento di corsi d’acqua. Purtroppo, la complessa situazione internazionale ha richiesto la mia permanenza a Roma. Voglio, quindi, esprimere il mio apprezzamento al personale impegnato in queste attività, fondamentali per lo sviluppo delle competenze della Difesa. Oggi più che mai dobbiamo confrontarci non solo con ogni scenario ipotizzabile, ma prepararci anche all’imponderabile. Tutti insieme! La sicurezza del Paese è una responsabilità condivisa, da affrontare con determinazione, per essere pronti alle sfide del presente e del futuro“.
L’ex Deposito Carburanti di La Carona
Pubblichiamo qui sotto lo studio realizzato dal Prof. Arch. Dimitri Ticconi. professore a contratto di Storia dell’Architettura contemporanea all’Università sapienza di Roma.
L’ex Deposito Carburanti aeronautici di Fornovo Taro in località “La Carona”, vicino alla linea ferroviaria, è parte di una capillare rete di analoghe infrastrutture dislocate lungo l’intero territorio nazionale a servizio della forza armata che sovrintese alla loro edificazione tra il 1935-1936 fino a poco oltre il 1940. Le fonti di archivio documentano come tale politica infrastrutturale e logistica fosse giustificata da un più generale programma di mobilitazione delle forze armate in prospettiva di un imminente conflitto bellico. Da segnalare come le fonti d’archivio documentano l’ingerenza attiva di Mussolini nella pianificazione infrastrutturale a supporto logistico della Regia Aeronautica.
La neonata forza armata produsse un consistente sforzo progettuale e cantieristico per approntare tipologie edilizie speciali funzionali alle proprie necessità operative che, oltre i depositi carburanti, prevedevano la costruzione di adeguati ricoveri per i propri mezzi aerei, depositi per materiali di ogni sorte e, in particolare, per munizionamenti.
Per quanto dotata di una autonoma organizzazione tecnica, il Genio Aeronautico, la forza armata non poteva disporre di quelle risorse progettuali specialistiche che si misuravano con problematiche del tutto nuove, sia in relazione all’impiego del relativamente nuovo materiale da costruzione, il cemento armato, che avuto riguardo all’invenzione di forme ingegneristico-strutturali e architettoniche che fossero coerenti con le funzioni quali erano destinate.
In quel frangente epocale il contributo di capacità tecnico-scientifiche e di cultura umanistica di Pier Luigi Nervi (1919-1979) assunse un ruolo centrale e dirimente, potendosi attribuire a lui e alla sua impresa di costruzioni fondata con il cugino, la Nervi & Bartoli, l’invenzione di modelli architettonici e strutturali per Hangar e depositi di carburanti sia nella forma di interventi diretti e autografi, spinti financo alla responsabilità cantieristico-realizzativa (vedi gli hangar di Orvieto e Orbetello), che nella formula di consulenze e/o brevetti che poi venivano sviluppati dagli ingegneri militari. A Nervi & Bartoli si devono anche progetti per Hangar ‘incavernati’ da cui discese sicuramente la realizzazione del celebre ricovero di Pantelleria che, seppure sovrinteso progettualmente dagli ingegneri del Genio Aeronautico e precisato nei calcoli strutturali da una società appaltatrice dei lavori esterna, non può che riferirsi all’immaginazione dell’ingegnere di Sondrio.
Se fu la congiuntura bellica ad innescare la ricerca di soluzioni tecnico-strutturali e architettoniche avveniristiche e all’avanguardia, cionondimeno non se ne deve trascurare il riflesso in tema di cultura che tale fenomeno inevitabilmente produsse. Oggi che gli hangar e i depositi di carburanti direttamente attribuibili alla responsabilità di Nervi, ovvero a lui indirettamente riconducibili, sono in stato di dismissione, abbandonati e in alcuni casi avviati alla progressiva distruzione, se ne può apprezzare l’eccezionale valore storico-testimoniale, quale uno dei fattori trainanti il Moderno in architettura nel primo ‘900, conseguendone quindi uno status di “culturalità” conclamato ai sensi dell’attuale legislazione di tutela dei beni culturali.
Hangar o depositi di carburante non nascono per essere destinati alla contemplazione musealizzata, la loro ragion d’essere è assolvere a delle funzioni che ne giustificano l’esistenza. Dimessi da tempo gli hangar di Marsala dell’Aeronautica sono prossimi alla rovina.
L’hangar Nerviano di Pontecagnano (Salerno), ancora destinato all’operatività essendo sede del VII nucleo elicotteri dei Carabinieri, seppure con qualche ruga ed escoriazione ancora assolve degnamente alla sua funzione. L’hangar ‘incavernato’ di Pantelleria, ingiustamente sottratto alla paternità spirituale di Nervi in favore di una acritica lettura presuntivamente filologica delle ‘carte’ d’archivio, fino a pochi anni addietro svolgeva ancora egregiamente le sue funzioni primitive.
I depositi carburanti abbandonati da tempo di Cagliari, Pozzuoli, Siracusa e Palermo, solo per citarne alcuni, sono dei veri relitti di archeologia militare del ‘900, imprigionati dentro le strutture urbane delle città. Altri che sono stati dimessi di recente, vedi ad esempio il 64° deposito carburanti di Porto Santo Stefano, sono avviati a poco edificanti destini tra l’abbandono e il degrado, o meno auspicabili operazioni di cosiddetta “rigenerazione urbana”, termine dietro il quale si nasconde la cancellazione di vere opere d’arte della cultura architettonica e tecnica italiana, e diremmo europea, del primo ‘900.
In tale poco edificante prospettiva si inserisce il caso di Fornivo Taro che, chiusi i battenti come deposito militare nel corso del 1999, venne dimesso dal Demanio è venduto ad una società di privati, che ne ha avviato una politica di conservazione e riuso, valorizzandone proprio la sua natura più autentica, e cioè quella di essere una specie di “città” ipogea a tutti gli effetti.
L’impianto tipologico-planimetrico del complesso, infatti, con i suoi cinque “sacelli” circolari costellati da selve di colonne a costituire i contenitori di carburanti veri e propri, è il connettivo di percorsi, camere, slarghi, collegamenti verticali, configurano un vero e proprio “insediamento” umano sotterraneo.
Inteso anzitutto il valore intrinseco di opera d’arte ingegneristica, se ne è intuito da subito anche quello ausiliare d’uso e quindi funzionale, allo scopo di verificarne le concrete prospettive d’investimento per garantirne la sopravvivenza. Se la destinazione primitiva non poteva essere più contemplata, se ne è provveduto alla surroga senza tuttavia tradirne la vocazione originaria, e cioè di installazione destinata a finalità strategico-militari coperte da livelli di riservatezza.
A ben vedere si tratta di un modello comportamentale che articola molteplici virtuosismi. Anzitutto coerentemente con pluridecennali politiche di arresto della consumazione di suolo si recupera ad un uso contemporaneo un frammento di territorio già da tempo attrezzato e organizzato, peraltro in posizione assolutamente strategica dal punto di vista della mobilità, anche di area vasta.
Si attua una concreta vision diretta ad integrare gli interessi d’investimento a sostegno di una attività economica, con un occhio verso obiettivi che abbiano anche ricadute sociali, attraverso il Riuso di manufatti esistenti, con quelli diretti al Recupero di testimonianze costruttive portatrici di valori culturali. Si favorisce, infine, un approccio alla custodia del bene che nel garantirne il Riuso e il Recupero, ne consenta una manutenzione e dunque un Restauro rispetto della sua autenticità storico-materiale”.
Foto Esercito Italiano

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