Trump bombarda i siti atomici iraniani. Raid punitivo o “ammuina”? – AGGIORNATO

 

(Aggiornato ore 23.50)

Una dozzina di bombe anti-bunker da 14 tonnellate GBU-57A/B Massive Ordnance Penetrator (MOP) sganciate dai 6 bombardieri B-2 Spirit decollati ieri dal Missouri contro il sito iraniano di arricchimento dell’uranio di Fordow.

I B-2 hanno volato per 18 ore, senza scali e rifornendosi in volo, raggiungendo gli obiettivi sabato sera, la notte in Iran: la missione più lunga dal 2001,  detto il capo di stato maggiore delle forze armate statunitensi, il generale dell’USAF Dan Caine.

Uno o due sottomarini statunitensi di stanza nella regione hanno invece lanciato circa 30 missili da crociera Tomahawk contro i siti di Isfahan e Natanz mentre secondo altre versioni quest’ultimo sarebbe stato colpito anche da due bombe GBU-57 sganciate da un B-2.

L’Operazione Midnight Hammer (Martello di Mezzanotte), come l’ha battezzata il Pentagono  è stata definita in successo dal Segretario alla Difesa Pete Hegseth per il quale  i bombardamenti hanno “devastato” il programma nucleare iraniano senza colpire civili o militari.

Il portavoce delle Israeli Defence Forces (IDF), generale Effie Defrin, ha confermato in conferenza stampa che l’attacco statunitense contro le infrastrutture nucleari iraniane è stato coordinato con le forze armate israeliane. “La nostra cooperazione con gli Stati Uniti si è intensificata nelle ultime settimane. Abbiamo ancora diversi obiettivi da raggiungere e continueremo ad agire per conseguirli“, ha dichiarato Defrin.  Del resto il sorvolo dello spazio aereo iraniano da parte di aerei e missili statunitensi doveva venire coordinato con le IDF che mantengono in volo sull’Iran decine di velivoli e droni che nelle ultime 24 ore hanno colpito diversi obiettivi abbattendo anche almeno due aerei iraniani F-5.

Il presidente americano Donald Trump ha confermato che le forze armate statunitensi hanno colpito tre siti nucleari in Iran – Fordow, Isfahan e Natanz – unendosi formalmente all’offensiva aerea israeliana. La decisione statunitense giunge dopo dieci giorni di bombardamenti israeliani sull’Iran che risponde con attacchi di missili balistici e droni

Con un post su Truth, il presidente ha annunciato che “tutti gli aerei sono ora fuori dallo spazio aereo iraniano e stanno rientrando sani e salvi. Congratulazioni ai nostri grandi guerrieri americani” che hanno fatto quello “che nessun altro al mondo avrebbe potuto fare”. Poi il monito: “E’ l’ora della pace. “Questo è un momento storico per gli Stati Uniti d’America, Israele e il mondo”.

Parlando alla nazione dalla Casa Bianca Trump ha assicurando che “i siti nucleari chiave iraniani sono stati completamente e totalmente distrutti” con “massicci attacchi di precisione” in quello che ha definito “uno spettacolare successo militare” che “mette fine alla minaccia nucleare rappresentata da un Paese che è il principale sponsor globale del terrorismo”.

Quindi ha lanciato un nuovo ultimatum a Teheran, affermando che il futuro dell’Iran è “pace o tragedia” e che “ci sono molti altri obiettivi che possono essere colpiti dalle forze statunitensi. Se la pace non arriva rapidamente, attaccheremo quegli altri obiettivi con precisione, velocità e abilità“, ha minacciato.

Giova però ricordare che l’Iran però stava negoziando con gli Stati Uniti quando è iniziato l’attacco israeliano il 12 giugno e nel 2015 aveva già raggiunto un accordo con ONU e comunità internazionale circa il suo programma nucleare, accordo che proprio Trump denunciò nel 2018 su pressioni israeliane.

Poi ancora su Truth ha avvisato la Repubblica islamica che “qualsiasi ritorsione dell’Iran contro gli Stati Uniti sarà contrastata con una forza molto superiore a quella di questa sera“. Il presidente ha detto anche di aver fatto un “lavoro di squadra” con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che in un videomessaggio si è congratulato per una “decisione coraggiosa che cambierà la storia“.

Le Forze di difesa israeliane sono soddisfatte dell’attacco statunitense contro i siti nucleari in Iran, e stimano che l’impianto di Natanz sia stato completamente distrutto, ha riportato nel pomeriggio l’emittente israeliana Canale 12. Non ci sarebbero invece conferme per quanto riguarda gli impianti nucleari sotterranei di Fordow e Isfahan.

Il vicepresidente statunitense James David Vance in un’intervista a NBC News ha affermato che “non entrerò in dettagli sensibili di intelligence su ciò che abbiamo visto sul campo in Iran, ma abbiamo visto molto e sono molto fiducioso che abbiamo ritardato sostanzialmente lo sviluppo di un’arma nucleare, e questo era l’obiettivo di questo attacco“.

Vance alla NBC ha poi aggiunto che il presidente “aveva la possibilità di annullare questo attacco fino all’ultimo minuto” e ha deciso di procedere ma ha precisato che gli Stati Uniti “non hanno alcun interesse a schierare truppe sul terreno” e ha respinto le preoccupazioni circa un’escalation del coinvolgimento statunitense.

Il segretario alla Difesa Usa, Pete Hegseth, ha ribadito che l’intervento in Iran non si trasformerà in una guerra prolungata con Teheran e ha definito gli attacchi notturni contro i siti nucleari iraniani come “intenzionalmente limitati.  Vorrei solo dire, come ha indicato e chiarito il presidente  che questa non è certamente una decisione illimitata”, ha affermato Hegseth nel corso di una conferenza stampa, aggiungendo tuttavia che ciò non limita la capacità di risposta degli Stati Uniti nel caso in cui fosse necessario.

“Per quanto riguarda questo attacco, è stato gestito e guidato dagli Stati Uniti”, ha detto Hegseth. “Comprendiamo certamente le sfide degli alleati nella regione e siamo stati rispettosi e abbiamo collaborato con loro per quanto riguarda le basi e le questioni delicate in quella regione. In definitiva, hanno molti mezzi e personale in quelle località, dove sono presenti anche truppe americane. Quindi questa è una nostra considerazione. Siamo stati in stretta consultazione con loro e apprezziamo il supporto che abbiamo ricevuto”.

“Penso che il mondo oggi sia più sicuro e più stabile di quanto non fosse 24 ore fa” ha affermato il segretario di Stato statunitense Marco Rubio a Fox News. Respingendo i timori che l’azione potesse scatenare un conflitto più ampio, Rubio ha accusato l’Iran di aver intrapreso “negoziati fasulli” prima dei raid nel tentativo di “giocare” con il presidente Donald Trump, avvertendo Teheran che rischia ulteriori rappresaglie se continua a mandare avanti un programma nucleare in segreto.

 

Obiettivi raggiunti o grande “ammuina”?

La GBU-57, come spiega l’US Air Force, è progettata per “raggiungere e distruggere le armi di distruzione di massa dei nemici collocate in strutture ben protette” e detona le 2 tonnellate di esplosivo della sua testata una volta in profondità, al massimo 60 metri. Forse non sufficienti per raggiungere il bunker si Fodrow, posto forse a 80 o 90 metri di profondità. Per questa ragione sarebbero stati impiegati più ordigni.

Un’analisi delle immagini satellitari condotta dalla CNN ha rilevato che gli attacchi aerei contro l’impianto nucleare iraniano di Fordow sembrano avere lasciato sul terreno almeno sei grandi crateri, indicando l’uso di bombe ‘bunker buster’.

Le immagini catturate dalla compagnia satellitare Maxar hanno mostrato sei crateri da impatto visibili e distinti in due punti. I crateri sono visibili lungo una cresta che sovrasta il complesso sotterraneo. Le immagini satellitari hanno anche mostrato significativi cambiamenti nel colore del versante montuoso che ospita il sito, indicando che una vasta area era ricoperta da uno strato di cenere grigia in seguito agli attacchi. Non è chiara l’entità dei danni alla struttura sotterranea.

I dubbi non mancano. Una fonte iraniana di alto livello ha riferito all’agenzia Reuters che la maggior parte dell’uranio altamente arricchito presente nel sito iraniano di Fordow era stata trasferita in una località segreta prima dell’attacco statunitense della scorsa notte. “La maggior parte del materiale è stata rimossa in anticipo e trasferita in un sito non rivelato” ha detto la fonte, senza fornire ulteriori dettagli sul luogo o sulla quantità di materiale coinvolto.

“Nessuno saprà per giorni” se Teheran abbia spostato parte del suo materiale nucleare prima degli attacchi americani sui siti iraniani. ha ammesso oggi pomeriggio (ora italiana)  il segretario di Stato americano Marco Rubio in un’intervista a CBS News.

Immagini satellitari rivelano che gli accessi in superficie al sito di Fordow erano stati riempiti di terra per attutire l’impatto e l’effetto degli ordigni. Le immagini, scattate dalla società specializzata statunitense Planet Labs, sembrano mostrare anche danni alla montagna stessa, con i tunnel d’accesso che appaiono bloccati, il che significherebbe che sarebbe necessario scavare per entrarvi. In precedenza l’agenzia di stampa ufficiale iraniana Tasnim, citando le autorità locali, aveva riferito che l’impianto di Fordow ha subito solo danni parziali a seguito dell’attacco e la situazione nell’area è tornata alla normalità.

Hassan Abedini, vicedirettore politico della TV iraniana di stato (Islamic Republic of Iran Broadcasting – IRIB), ha detto che  “l’Iran ha evacuato da tempo i suoi tre siti nucleari di Fordow, Natanz e Isfahan, in previsione di un eventuale attacco esterno che potrebbe causare una fuga di radiazioni o minacciare la sicurezza dei civili”.

Secondo CBS News, il giorno prima dell’attacco gli Stati Uniti avrebbero contattato diplomaticamente l’Iran per assicurare che gli attacchi non avrebbero mirato ad un cambio di regime ma solo a colpire i siti atomici. Questo spiegherebbe anche il motivo per cui l’Iran non ha ammesso vittime negli attacchi americani ammettendo solo alcuni feriti che, secondo il portavoce del ministero della Sanità di Teheran, Hossein Kermanpour, “non presentano segni di contaminazione radioattiva”. 

In tarda mattinata il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha confermato che Teheran continua a ricevere messaggi dagli Stati Uniti attraverso canali indiretti. “Stiamo ancora ricevendo messaggi dagli americani tramite vari canali – tramite l’Oman, ma ci sono anche altri che trasmettono i messaggi degli Stati Uniti,” ha dichiarato Araghchi durante una conferenza stampa. Il capo della diplomazia iraniana ha aggiunto che, “se sarà necessario, trasmetteremo la nostra risposta attraverso quei mediatori”.

L’Iran ha minimizzato le conseguenze degli attacchi americani ai propri impianti nucleari. Mohammad Manan Raisi, un parlamentare di Qom, vicino a Fordow, ha dichiarato all’agenzia di stampa semiufficiale Fars che l’impianto non ha subito gravi danni. L’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran ha affermato che non c’erano segni di contaminazione dopo gli attacchi e che non c’era alcun pericolo per i residenti nelle vicinanze.

La tv statale di Teheran ha affermato che l’Iran aveva evacuato i tre siti nucleari qualche tempo fa, le riserve di uranio arricchito sono state trasferite e non sono rimasti materiali che, se presi di mira, potrebbero causare radiazioni.

“Contrariamente a quanto affermato dal presidente Donald Trump” il sito nucleare di Fordow “non ha subito gravi danni” ha detto Raisi. Anche il vicegovernatore di Qom, Morteza Heidari, ha affermato che solo una parte del sito di Fordow è stata attaccata, poiché il sistema di difesa aerea è stato attivato nell’area circostante.

Anche l’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, in una prima valutazione ha fatto sapere che “nessun aumento dei livelli di radiazioni è stato segnalato” dopo l’attacco” come conferma anche la Commissione di regolamentazione nucleare e radiologica dell’Arabia Saudita per la quale ‘non sono stati rilevati effetti radioattivi sull’ambiente del Regno e degli Stati arabi del Golfo a seguito dell’attacco militare americano alle strutture nucleari iraniane”,

In serata (ora italiana) il direttore generale dell’AIEA, Rafael Grossi, ha riferito che l’impianto nucleare di Natanz è stato “completamente distrutto” in seguito agli attacchi aerei condotti dagli Stati Uniti e da Israele.  Alla CNN Grossi ha detto che le strutture sotterranee del sito “hanno sofferto molto” a causa dei blackout elettrici provocati dalle incursioni. Grossi ha inoltre riferito che il sito nucleare di Isfahan ha subito “danni molto significativi”.

Per quanto riguarda l’impianto di Fordow, ha precisato che non è ancora possibile determinare con certezza l’entità dei danni: “Ci sono chiare indicazioni di impatti, ma per quanto riguarda il grado di danneggiamento del sottosuolo, non possiamo pronunciarci“, ha spiegato il numero uno dell’AIEA. “Non si può escludere che ci siano danni significativi”.

L’Agenzia dell’Energia Atomica dell’Iran ha reso noto che continuerà le sue attività nel settore nonostante gli attacchi statunitensi ai siti strategici. “L’Organizzazione iraniana per l’energia atomica assicura alla grande nazione iraniana che, nonostante le malvagie trame dei suoi nemici” – si legge in una nota rilanciata dai media statali – “non lascerà che lo sviluppo di questa industria nazionale, che è il risultato del sangue dei martiri nucleari, venga fermato”.

Curioso non vi via alcun segnale di aumento delle radiazioni dopo attacchi che secondo Trump hanno distrutto tre centri nucleari di cui due dedicati all’arricchimento dell’uranio.

Possibile quindi che l’uranio arricchito sia stato trasferito precedentemente all’attacco e che l’Iran fosse informato dei raid imminenti. Probabile che in questa operazione siano stati coinvolti i russi che hanno propri tecnici nella centrale iraniana di Busher e hanno avuto sempre piena consapevolezza del programma nucleare iraniano.

Mosca ha condannato fermamente gli attacchi statunitensi denunciando il bombardamento “irresponsabile”. “La decisione irresponsabile di effettuare attacchi missilistici e con bombe sul territorio di uno Stato sovrano, indipendentemente dalle argomentazioni addotte, viola palesemente il diritto internazionale”, ha dichiarato il ministero degli Esteri russo. “Preoccupa in modo particolare il danno causato al regime globale di non proliferazione, basato sul Trattato di non Proliferazione delle armi nucleari (TNP) , a seguito degli attacchi contro strutture nucleari iraniane. I bombardamenti contro l’Iran hanno inflitto un grave colpo all’autorità del TNP e al sistema di verifica e monitoraggio dell’AIEA che su di esso si basa”.

Dopo Trump, anche il premier israeliano ha celebrato i raid statunitensi come risolutivi. Benjamin Netanyahu ha parlato di un attacco “coraggioso” e senza sconti che imprime una “svolta storica”.

In un video postato sui social e trasmesso sulle Tv il primo ha ringraziato il presidente statunitense. “Il 13 giugno il capo del governo israeliano ha lanciato il suo Paese in una guerra contro la Repubblica islamica per eliminare la doppia minaccia esistenziale che il programma nucleare iraniano e i suoi missili balistici rappresentano per Israele“. In questa offensiva, prosegue il premier, “Israele ha fatto cose davvero straordinarie”, ma “questa notte, con l’azione di contro le strutture nucleari iraniane, l’America ha dimostrato davvero di essere ineguagliabile, ha fatto ciò che nessun altro Paese al mondo avrebbe potuto fare. La storia ricorderà che il presidente Trump ha agito per annientare il più pericoloso regime del mondo, con le armi più pericolose del mondo” imprimendo una “svolta storica che può aiutare a condurre il Medio Oriente e oltre verso un futuro di prosperità e pace. Il presidente Trump e io lo diciamo spesso: la pace si raggiunge attraverso la forza” ha concluso Netanyahu.

Toni enfatici e celebrativi di una sconfitta dell’Iran e di un annientamento del suo programma atomico tutti ancora da confermare.

Più cauto il presidente israeliano Isaac Herzog, che ha dichiarato alla BBC di non sapere se le capacità nucleari dell’Iran siano state completamente distrutte. Tuttavia, ha affermato: “Per me è abbastanza chiaro che il programma nucleare iraniano è stato colpito sostanzialmente“.

Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha dichiarato nel pomeriggio che l’intervento militare degli Stati Uniti nel conflitto è la prova che Washington è il vero motore dell’offensiva israeliana contro l’Iran e le forze americane si sono unite allo scontro solo dopo “aver constatato l’impotenza di Israele”. Lo riporta Haaretz, citando i media iraniani. Il presidente ha aggiunto che “la nazione iraniana ha più volte dimostrato di non risparmiare sforzi per difendere le acque e il suolo di questa terra”, riaffermando così la determinazione di Teheran a proteggere la propria sovranità di fronte alle aggressioni esterne

 

Il “precedente siriano” del 2017

L’esultanza di Trump e poi anche di Netanyahu subito dopo i raid aerei e missilistici e prima che potesse essere eseguita una valutazione precisa dei danni inflitti ai bunker del programma atomico iraniano, lascia supporre che si sia trattato di una “ammuina”, non dissimile da quella attuata in Siria da Trump durante il suo primo mandato e che è rimasto l’unico atto bellico della sua prima presidenza.

Sotto pressione per rispondere a un attacco chimico che aveva ucciso alcuni civili a Khan Sheykoun, attribuito senza rilevazioni attendibili dall’Occidente alle forze governative di Bashar Assad, Trump ordinò il lancio di 59 missili da crociera Tomahawk da due cacciatorpediniere della US Navy contro la base aerea siriana di Shayarat, da quanto si apprese evacuata dal personale siriano e sulla quale erano stati lasciati solo vecchi aerei Sukhoi non più in operativi.

Anche all’epoca alcune fonti riferirono anonimamente che Trump aveva anticipato il raid punitivo a Vladimir Putin (la Russia aveva diverse basi militari in Siria) che a sua volta aveva informato Assad. La “punizione” del regime siriano venne attuata e celebrata con ampia risonanza mediatica ma senza reali conseguenze. Secondo fonti militari russe, dei 59 missili lanciati dalle due navi americane solo 23 hanno colpito il bersaglio (cioè la base aerea abbandonata) a causa delle contromisure e delle difese antimissile russe.

Il precedente siriano del 2017 resta un caso da manuale di “ammuina” politico-strategica. L’impressione che la notte scorsa sia andata in scena una replica su scala più vasta della stessa commedia potrebbe trovare conferme anche considerando altri aspetti.

Ad esempio che gli attacchi statunitensi con bombe e missili non hanno coinvolto le basi USA nel Golfo Persico e in Medio Oriente (né quelle in Italia) che ospitano 40 mila militari americani e sono situate in nazioni arabe che hanno tutte giudicato negativamente l’attacco di Washington.

I pasdaran hanno minacciato di colpire tali basi ma finora l’unica reazione militare iraniana ha riguardato nuovi lanci di missili balistici che hanno colpito con successo Israele.

Se non vi saranno attacchi iraniani a navi e basi statunitensi nella regione del Golfo Persico sarà ancora più evidente che i raids statunitensi della notte scorsa hanno costituito una via d’uscita dal conflitto non una escalation. Se sarà così lo si vedrà nei prossimi giorni.

 

Le reazioni nella regione del Golfo

“Il governo dell’Iraq condanna l’attacco. Questo rappresenta una grave minaccia alla sicurezza e alla pace nella regione del Medio Oriente, e mette a rischio la stabilità regionale in modo significativo,” si legge nel comunicato ufficiale di Baghdad che ammonisce: “la prosecuzione degli attacchi potrebbe portare a un’escalation pericolosa, le cui conseguenze andrebbero ben oltre i confini di un solo Stato, colpendo la stabilità dell’intera regione e del mondo” .

Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, si è detto “gravemente preoccupato dall’uso della forza da parte degli Stati Uniti contro l’Iran oggi. Questa è una pericolosa escalation in una regione già’ sul baratro e una minaccia diretta alla pace e sicurezza internazionali”.

Il Qatar, che ospita la grande base aerea USA di al-Udeid, afferma che le “pericolose tensioni” create dagli attacchi statunitensi contro l’Iran porterebbero a “ripercussioni catastrofiche” sia a livello regionale che internazionale.

L’Oman, che ha ospitato gli ultimi negoziati sul nucleare tra Iran e USA, ha condannato fermamente oggi gli attacchi statunitensi contro i siti nucleari in Iran. Il sultanato del Golfo “esprime profonda preoccupazione, denuncia e condanna dell’escalation derivante dagli attacchi aerei diretti lanciati dagli Stati Uniti contro siti nella Repubblica Islamica dell’Iran”, ha dichiarato l’agenzia di stampa ufficiale dell’Oman.

L’Egitto ha condannato l’escalation in Iran, avvertendo di “pericolose ripercussioni” per la regione, a seguito degli attacchi statunitensi contro i siti nucleari della Repubblica Islamica. In una dichiarazione, il ministero degli Esteri egiziano ha avvertito del “rischio di vedere la regione scivolare in un caos e in una tensione maggiori”, condannando “un’escalation accelerata che minaccia di avere pericolose ripercussioni sulla sicurezza e la pace regionale e internazionale. Soluzioni politiche e negoziati diplomatici, e non soluzioni militari, sono l’unica via d’uscita dalla crisi”.

“Il Pakistan condanna gli attacchi statunitensi contro gli impianti nucleari iraniani, che seguono la serie di raid israeliani. Siamo profondamente preoccupati per la possibile ulteriore escalation delle tensioni nella regione” si legge in una nota del ministero degli Esteri di Islamabad. “Ribadiamo che questi attacchi violano tutte le norme del diritto internazionale e che l’Iran ha il legittimo diritto di difendersi ai sensi della Carta delle Nazioni Unite. L’escalation senza precedenti di tensione e violenza, dovuta alla continua aggressione contro l’Iran, è profondamente inquietante. Qualsiasi ulteriore escalation delle tensioni avrà implicazioni gravemente dannose per la regione e oltre”, prosegue la nota.

Il presidente della commissione Difesa del Senato del Pakistan, Mushahid Hussain Syed, ha definito su X gli attacchi statunitensi contro gli impianti nucleari iraniani un “crimine di guerra basato su falsità come la guerra in Iraq del 2003! La lobby israeliana ha prevalso, mentre il presidente Donald Trump si è lasciato andare all’inganno e ha tradito la sua promessa di non iniziare nuove guerre!

Il ministero degli Affari esteri del Regno dell’Arabia Saudita ha dichiarato di seguire “con grande preoccupazione” gli sviluppi legati all’attacco condotto dagli Stati Uniti contro gli impianti nucleari della Repubblica islamica dell’Iran.

A Washington l’opposizione Dem protesta per un’azione ritenuta rischiosa e incostituzionale, senza l’autorizzazione del Congresso, con Alexandria Ocasio-Cortez che chiede l’impeachment del presidente. Dai repubblicani arriva invece un vasto consenso a Trump, mentre anche la base Maga sembra allinearsi, pur con molte critiche per l’azione bellicosa di un presidente che nel discorso di insediamento disse di voler passare alla Storia come “il pacificatore”.

Il 16 giugno un sondaggio  dell’Istituto YouGov per il settimanale The Economist rivelò che solo il 16 per cento dei cittadini degli Stati Uniti ritengono che il loro Paese dovrebbe intervenire militarmente nel conflitto tra Israele e Iran: la quota degli incerti raggiungerebbe il 24 per cento. L’Iran sarebbe ritenuto un Paese ostile dalla metà degli statunitensi, non amichevole per il 25 per cento e alleato da appena il 5 per cento.

 

La risposta dell’Iran

Gli Stati Uniti hanno iniziato una “guerra pericolosa contro l’Iran” colpendo i suoi impianti nucleari. A dichiararlo è il ministero degli Esteri di Teheran, secondo una dichiarazione diffusa dall’agenzia di stampa semiufficiale iraniana Tasnim. “Il mondo non deve dimenticare che sono stati gli Stati Uniti, nel bel mezzo di un processo diplomatico, a tradire la diplomazia”, ​​si legge nella dichiarazione. ”Gli attacchi costituiscono una violazione della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale e il governo degli Stati Uniti “si assume la piena responsabilità delle gravi conseguenze e delle terribili ripercussioni di questo crimine efferato”.

E’ “legittimo diritto dell’Iran resistere pienamente e risolutamente all’aggressione militare statunitense e ai crimini commessi da questo regime canaglia e difendere la sicurezza e gli interessi nazionali dell’Iran con tutti i mezzi necessari”, continua, esortando poi l’ONU e i suoi vari organismi, tra cui l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), l’organismo di controllo nucleare, ad “affrontare urgentemente questo flagrante e criminale atto di illegalità”.

Il ministro Araghchi, ha definito i bombardamenti di oggi “oltraggiosi” e ha affermato che il suo Paese ha il diritto di difendere la sua sovranità. “Quanto accaduto questa mattina è oltraggioso e avrà conseguenze eterne”, ha scritto su X aggiungendo che gli attacchi sono stati “illegali e criminali. In conformità con la Carta delle Nazioni Unite e le sue disposizioni che consentono una legittima risposta di autodifesa l’Iran si riserva tutte le opzioni per difendere la propria sovranità, i propri interessi e il proprio popolo”.

Sul piano militare l’Iran ha reagito lanciando una nuova ondata di circa 40 missili balistici (inclusi i recenti Kheibar) e un numero maggiore di droni contro Israele colpendo soprattutto le aree di Tel Aviv, incluso l’aeroporto Bern Gurion e di Haifa.

“La ventesima ondata dell’Operazione Vera Promessa 3 è iniziata utilizzando una combinazione di missili a lungo raggio a combustibile liquido e solido con una potenza di testata devastante”, hanno dichiarato le Forze armate iraniane in un comunicato citato dall’agenzia di stampa Fars. Tra gli obiettivi figurano l’aeroporto, un “centro di ricerca biologica”, basi logistiche e vari livelli di centri di comando e controllo.

Un canale affiliato alle Guardie Rivoluzionarie iraniane ha annunciato che “gli Stati Uniti dovranno sopportare le conseguenze dell’attacco all’Iran. Le loro basi in Medio Oriente saranno ridotte in cenere” mentre dallo Yemen le milizie Houthi hanno reso noto che “Intensificheremo ed espanderemo la portata del conflitto finché questa aggressione (contro l’Iran) non cesserà“, ha dichiarato Mohammed al-Buheiti, dirigente del movimento Ansar Allah citato dalla TASS.

Al-Buheiti ha rimarcato che l’accordo di cessate il fuoco tra Stati Uniti e i ribelli yemeniti è scaduto. All’inizio di maggio, l’amministrazione statunitense e gli Houthi avevano concordato un cessate il fuoco con la mediazione dell’Oman. I ribelli si erano impegnati a non attaccare le navi da guerra americane dopo che gli Stati Uniti avevano cessato di colpire il territorio yemenita.

Il concretizzarsi o meno di queste due minacce, l’attacco alle basi USA nel Golfo e alle navi americane nel Mar Rosso e Golfo di Aden, daranno la misura delle conseguenze dell’attacco statunitense ai siti nucleari.

Tenuto conto che anche gli iraniani dovranno “salvare la faccia“ e mostrare una qualche risposta ai bombardamenti americani, sarà l’intensità degli scontri nei prossimi giorni a indicare se davvero Stati Uniti, Russia, Israele e Iran hanno trovato una soluzione al conflitto con ampia sceneggiatura bellica.

Inoltre, le IDF hanno annunciato di essere entrate in stato di massima allerta per la possibilità che Hezbollah si unisca al conflitto tra Israele e Iran, in seguito ai raid statunitensi. Secondo quanto riferito da fonti militari a Tel Aviv citate dal quotidiano Haaretz, le milizie libanesi Hezbollah sono in stato di allerta sin dall’inizio dell’offensiva israeliana contro l’Iran, ma finora non sono stati registrati attacchi diretti da parte dell’organizzazione libanese. L’IDF ha precisato che l’esercito sta rafforzando il fronte nord e monitorando attentamente i movimenti delle milizie filo-iraniane, preparandosi a scenari di escalation multipla su più fronti. I sei fronti di guerra aperti da Israele (Gaza, Iran, Cisgiordania, Libano, Siria e Yemen) restano tutti caldi.

Il Parlamento iraniano ha approvato nel pomeriggio la chiusura dello Stretto di Hormuz, uno dei passaggi marittimi più strategici al mondo per il trasporto di petrolio, in risposta agli attacchi statunitensi contro i siti nucleari iraniani. Lo ha riferito oggi la televisione di Stato Press TV. Secondo la Tv statale Press Tv, il generale Kowsari, membro della Commissione Sicurezza Nazionale del Parlamento ha precisato che la decisione finale spetterà al Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale, il massimo organo di sicurezza dell’Iran.

Lo Stretto di Hormuz è attraversato da circa un quinto del petrolio trasportato via mare a livello globale, e una sua eventuale chiusura avrebbe gravi ripercussioni economiche e geopolitiche internazionali

 

Salvare la faccia e corsa all’atomica

Al di là delle reazioni peraltro scontate, delle diverse parti in gioco, si fa strada l’ipotesi che il raid americano fosse necessario per salvare la faccia.

Innanzitutto quella di Netanyahu, poiché Israele non ha più molta autonomia né finanziaria né in termini di difese anti missile per contrastare i missili balistici iraniani.

Il premier israeliano ha aperto un nuovo fronte contro l’Iran senza aver vinto in nessuno degli altri 5 fronti aperti, con l’obiettivo di coinvolgere gli USA nel conflitto. Trump potrebbe non aver gradito e sembra invece volerlo aiutare a uscire dignitosamente dal conflitto.

Lo si può cogliere dalle dichiarazioni del premier israeliano. ”Ricorderete che, fin dall’inizio vi avevo promesso che gli impianti nucleari iraniani sarebbero stati distrutti in un modo o nell’altro. ‘Quella promessa è stata mantenuta”.

Se circa la distruzione degli impianti iraniani non c’è in realtà nessuna certezza, in compenso è molto chiaro che Netanyahu aveva un disperato bisogno di annunciare una vittoria per conservare il posto alla guida del governo. Non a caso, a conferma che Israele ha bisogno di un successo da sbandierare sul fronte interno ma non reggerebbe una guerra prolungata, in serata fonti israeliane anonime citate da Ynet hanno riferito che “se domani Khamenei interromperà gli attacchi a  Israele e dirà di voler porre fine a tutto questo, lo accetteremo”.

In serata Netanyahu in conferenza stampa ha detto che “l‘azione in Iran apre opportunità che non possiamo nemmeno immaginare. Immagino un’enorme espansione degli accordi di pace, vedo una cooperazione che al momento sembra immaginaria, ma forse abbiamo già capito che non lo è. Vediamo un futuro luminoso di speranza, cooperazione e anche pace”. 

Valutando gli eventi e le reazioni di 0ggi due aspetti appaiono molto probabili: Washington ha informato preventivamente Mosca degli attacchi ai siti nucleari iraniani e Netanyahu dovrà in futuro essere molto più accondiscendente con Trump.

Poiché tutti hanno una faccia da salvare, è possibile che ci siano presto risposte iraniane altrettanto simboliche contro interessi statunitensi e contro Israele, come minacciano in queste ore molti esponenti del governo di Teheran, prima di avviare trattative.

Che coinvolgerebbero anche la Russia tenuto conto che il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi è arrivato a Mosca questa sera per tenere consultazioni con il presidente russo e altri alti funzionari russi in merito agli sviluppi regionali e internazionali a seguito dell’aggressione militare degli Stati Uniti e del regime sionista contro l’Iran”, scrive l’agenzia di stampa ufficiale IRNA.

In termini strategici però l’attacco americano ai siti atomici ha creato un precedente che lascerà il segno e dimostra pienamente all’Iran, come a tutte le nazioni del mondo e soprattutto a quelle nel mirino degli Stati Uniti e Israele, che per garantirsi sovranità e indipendenza e scongiurare il rischio di subire attacchi dall’esterno occorre necessariamente dotarsi di un deterrente nucleare indipendente.

Lo ha ben evidenziato oggi, col linguaggio brutale ed efficace che spesso lo contraddistingue,  il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, per il quale i raid statunitensi contro l’Iran non hanno avuto un impatto significativo sulla capacità nucleare del Paese e Teheran continuerà il proprio programma atomico.

“Cosa hanno ottenuto gli americani con il loro attacco notturno contro tre siti in Iran? A quanto pare, le infrastrutture critiche del ciclo nucleare non sono state danneggiate, o lo sono state solo in modo marginale”, ha scritto Medvedev su Telegram. Secondo l’ex presidente russo, “l’arricchimento di materiali nucleari – e ora si può dire apertamente, anche la futura produzione di armi nucleari – proseguirà”.

@GianandreaGaiani

Foto: IRNA. Tasnim, US DoD, Planet Labs, MAXAR, Institute for the Study of the War e Casa Bianca.

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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