Dopo i nordcoreani anche l’Italia invierà genieri a sminare in Ucraina?

(Aggiornato alle ore 23,40)
L’ipotesi di inviare militari italiani in Ucraina con compiti di sminamento terrestre e navale, ventilata il 25 agosto dal vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha tenuto banco sui media nazionali determinando qualche approfondimento sugli impieghi precedenti di militari italiani in compiti analoghi oltremare.
Intervenendo al Meeting di Rimini, Tajani ha confermato che nessun soldato italiano verrà inviato al fronte in Ucraina, ma ha offerto la disponibilità a collaborare nelle operazioni di bonifica del territorio dagli ordini esplosivi (mine e munizioni inesplose).
“Non siamo favorevoli a inviare truppe ma vogliamo dare un contributo importante grazie alla grande esperienza che abbiamo nello sminamento, sia marittimo che terrestre. Si sono fatti passi in avanti, anche dal punto di vista del coordinamento, su questa ipotesi. Poi si vedrà come evolveranno le cose”.
Per ora si tratta soltanto di una disponibilità teorica ma secondo fonti al corrente dell’argomento citate da Repubblica, il governo Meloni ne avrebbe già discusso con Gran Bretagna e Francia nel corso di riunioni riservate.
La possibilità di inviare guastatori del Genio per lo sminamento come possibile contributo italiano in caso di cessate il fuoco si presta ad alcune osservazioni.
Innanzitutto, come ha ricordato anche Euronews, già nel 2022 il governo Draghi mise a disposizione navi cacciamine della Marina Militare per sminare i corridoi del Mar Nero utilizzati dalle rotte delle navi cargo nell’ambito degli accordi mediati dalla Turchia per garantire l’esportazione di cereali ucraini nel Mar Nero. Non se ne fece nulla.
Concluso il conflitto, l’Ucraina avrà la necessità di bonificare almeno 100,000 chilometri quadrati di territorio (un sesto della superficie nazionale), e le acque del Mar Nero lungo tutta la costa, la foce del Dnepr e tra Odessa a la Crimea.
Altre aree del territorio ucraino lontane oggi dalla linea del fronte ma oggetto delle operazioni militari nei primi due mesi del conflitto (quando i russi si spinsero nel nord fino quasi a Kiev) sono state bonificate o sono oggetto di lavori di sminamento per consentirne il pieno utilizzo civile e produttivo.
Vale la pena ricordare che anche i russi hanno iniziato già nel 2022 a ripulire da mine e ordigni inesplosi i territori e gli spazi marittimi del Mare d’Azov conquistati, a cominciare dalle città di Mariupol e Berdyansk (nella foto sotto), per poi passare alla regione di Lugansk e alle aree sotto il loro controllo nelle regioni di Donetsk, Kherson e Zaporizhia.
Recentemente i russi hanno avviato anche la bonifica di un migliaio di chilometri quadrati di territorio nella regione di Kursk che per diversi mesi è stata sotto il controllo delle truppe ucraine, poi respinte dopo furiosi combattimenti.
Proprio a Kursk i russi hanno chiesto l’intervento di alcune migliaia di genieri nordcoreani, già peraltro segnalati lo scorso anno in attività nella regione di Donetsk. L’impiego dei genieri di Pyongyang non ha solo un valore politico nell’ambito dell’alleanza tra Russia e Corea del Nord, né solo l’obiettivo di addestrare i nordcoreani a sminare in un contesto reale ma consente a Mosca di bonificare aree da riconsegnare agli abitanti in sicurezza e soprattutto di impiegare i propri reparti del Genio guastatori dove sono oggi maggiormente necessari.
Cioè in prima linea, dove fanno esplodere fortificazioni nemiche e dove sminare significa aprire brecce nei campi minati ucraini per spianare la strada alle proprie truppe all’offensiva.
Oggi in Ucraina le condizioni per uno sminamento umanitario (o se preferite “post-bellico”) non ci sono, né sembra ci saranno a breve termine.
Il conflitto è ancora in corso e dallo sviluppo attuale dei possibili negoziati Mosca non accetterà un accordo che preveda la presenza di truppe o basi di nazioni aderenti alla NATO (come l’Italia) sul suolo ucraino.
Lo ha ribadito oggi il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov nel corso di un briefing con la stampa. “Abbiamo un approccio negativo in merito. Ne abbiamo parlato anche a vari livelli. In realtà, non esiste un esercito europeo: ci sono eserciti di Paesi specifici, e la maggior parte di questi Paesi sono membri della NATO”, ha affermato Peskov.
Il portavoce ha aggiunto che l’espansione dell’infrastruttura militare dell’Alleanza Atlantica e la sua penetrazione in Ucraina rappresentano “una delle cause profonde della situazione di conflitto” in Ucraina.
In questo contesto l’idea di inviare in Ucraina sminatori, ammesso che assuma davvero i connotati di una vera proposta, dovrà essere attagliata a un contesto politico e militare ben preciso.
Perché c’è sminamento e sminamento…
Quello post-bellico/umanitario ha l’obiettivo di aiutare la ricostruzione e il ritorno alla vita normale delle popolazioni, quello militare è un’attività operativa ad alto rischio che impone ai guastatori di muovere e combattere davanti alle altre truppe per aprire la strada attraverso le fortificazioni e i campi minati nemici.
Dovremmo ricordarcelo bene noi italiani, considerato che i genieri del nostro esercito in Afghanistan guidavano le colonne che si muovevano su strade infestate da ordigni esplosivi improvvisati (IED). Non a caso proprio i guastatori erano diventati il bersaglio prioritario dei Talebani, consapevoli che neutralizzare i Nuclei BOE italiani significava paralizzare i movimenti di interi reparti, alleati e dell’esercito afghano.
Occorre quindi guardare alle prospettive attuali in Ucraina con pragmatismo.
Esclusa (da Russia e Stati Uniti) la possibilità di instaurare una tregua che consenta negoziati, l’unica ipotesi plausibile oggi per concludere il conflitto è che l’Ucraina accetti una pace che le imporrà la perdita di territori e la neutralità.
In questo scenario, oggi puramente teorico, è certamente pensabile uno sforzo multinazionale per bonificare le regioni dove si è combattuto e quelle adiacenti da mine e ordigni inesplosi, discorso valido anche per le aree marittime del Mar Nero. Come in altre regioni del mondo interessate da lunghi conflitti, meglio che una missione del genere venga gestita sotto l’egida delle Nazioni Unite.
In tal caso anche la partecipazione di genieri dell’Esercito italiano appartenenti ai Nuclei BOE (Bonifica Ordigni Esplosivi) o di navi cacciamine della Marina (che peraltro sono dotate solo di armamento leggero) potrebbe trovare anche il via libera dalla Russia, specie quando il processo di pace e stabilizzazione si fosse consolidato.
L’opzione oggi sul tavolo in Europa riguarda però l’invio di truppe europee per offrire garanzie di sicurezza all’Ucraina, garanzie che (come abbiamo già evidenziato su Analisi Difesa) per essere tali devono includere anche il rischio di impiego bellico qualora il conflitto dovesse riaccendersi.
Per intenderci, se l’Italia inviasse un reggimento o anche una sola compagnia di guastatori in Ucraina nell’ambito di una “forza di rassicurazione”, come quella immaginata da Londra e Parigi, i russi la considererebbero ostile e gli ucraini si aspetterebbero che supporti il loro sforzo militare in caso di ripresa del conflitto, operando in prima linea per far esplodere capisaldi e aprire varchi nei campi minati russi.
Stesso contesto per l’impiego di cacciamine nel Mar Nero che verrebbero considerati dai russi forze navali che cooperano con Kiev bonificando le mine disseminate dalla Marina Russa.
Il ministro Tajani, tornato oggi sull’argomento, non ha fornito chiarimenti che sgombrino il campo dai dubbi. L’ipotesi di inviare militari italiani in Ucraina “non è all’ordine del giorno” ha affermato in una intervista televisiva. L’Italia ha dato disponibilità a fornire personale per lo sminamento dopo la fine del conflitto “ma il nostro obiettivo è avere un modello di sicurezza” che sia “garantito da un intervento dei Paesi amici in caso di attacco, su modello dell’articolo 5 della NATO”, perché la sicurezza dell’Ucraina “è quella dell’Europa”.
Un compito che Roma ha fino a due giorni or sono escluso di voler ricoprire, respingendo la proposta di alcuni alleati europei “volenterosi” di schierare militari in Ucraina.
Per fare chiarezza anche rispetto ad alcuni precedenti interventi militari italiani, inviare i guastatori non equivale a inviare un ospedale da campo.
Anche se le mine sono per definizione “cattive” (tranne quando vengono usate dai nostri alleati baltici e nordici per difendere i confini dai russi), i reparti del Genio sono assetti pregiati delle forze da combattimento, e come tali verrebbero considerati dai russi.
Sarà quindi lo sviluppo di un preciso quadro politico-strategico e quindi anche giuridico, non le aspirazioni di protagonismo, a rendere credibile o meno la proposta di impiegare i nostri genieri come i “nordcoreani degli ucraini”.
Foto: Difesa.it, Forze Armate Russe e Forze Armate Ucraine

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.