Il futuro delle USFK: Corea e USA puntano sulla flessibilità strategica

 

Secondo quanto riportato da un non meglio identificato alto funzionario di Seul, all’orizzonte si potrebbe intravedere un ampliamento del ruolo delle United States Forces Korea (USFK), dalla loro attuale funzione di deterrenza nei confronti delle minacce nordcoreane a quella di affrontare questioni regionali più ampie nell’Indo-Pacifico.

Le cause potrebbero essere individuate nel contesto delle mutevoli dinamiche regionali, dei cambiamenti tecnologici e della crescente influenza strategica della Cina.

In sostanza, ammodernare l’alleanza significherebbe espandere l’attenzione dell’USFK dalla deterrenza nei confronti della Corea del Nord alla cosiddetta “flessibilità strategica”, che si riferisce alla posizione di lunga data del Pentagono secondo cui le truppe americane di stanza in Corea dovrebbero essere in grado di rispondere alle crisi anche al di fuori della penisola coreana.

Si è a lungo speculato sul fatto che una tale mossa potrebbe comportare una riduzione – temporanea o permanente – dei 28.500 effettivi dell’USFK, spostando parte delle truppe in altre aree della regione, tra cui Guam. Seul si è finora mostrata riluttante a discutere l’argomento, poiché gli oppositori sostengono che tale riduzione minerebbe la posizione difensiva della Corea del Sud nei confronti della Corea del Nord. Inoltre, questo cambiamento potrebbe provocare Pechino, considerando che l’“alleanza aggiornata” sembra avere come obiettivo la Cina.

Il funzionario citato, tuttavia, non è stato l’unico a esprimersi su questa possibilità. Il Ministero degli Affari Esteri ha dichiarato, lo scorso 1° agosto, che il Ministro degli Esteri Cho Hyun e il Segretario di Stato americano Marco Rubio si sono impegnati ad aggiornare l’alleanza per tenere il passo con un ambiente economico e di sicurezza in continua evoluzione, durante il loro primo incontro a Washington.

Secondo il tenente generale in pensione Chun In-bum, ex comandante del Comando di guerra speciale della Corea, l’insistenza di Washington sulla flessibilità strategica “non è nuova, ma lo è il riconoscimento pubblico”.

“La Corea deve considerarla non solo come una richiesta americana, ma come un’opportunità”, ha dichiarato al Korea Times. “Garantire questa flessibilità potrebbe servire come polizza assicurativa contro un eventuale ritiro delle truppe statunitensi”.

Chun ha sottolineato che anche nell’eventualità di uno scenario in cui la Cina attaccasse Taiwan, la missione primaria dell’USFK rimarrebbe la difesa della Corea del Sud. “Una guerra su larga scala tra Stati Uniti e Cina è improbabile”, ha detto. “Ma se dovesse scoppiare un conflitto limitato, la Corea sarebbe inevitabilmente coinvolta in qualche misura. Anche in quel caso, il ruolo principale dell’USFK sarebbe quello di fornire supporto logistico e scorte, piuttosto che condurre operazioni aeree offensive verso Pechino”.

Il rinnovato dibattito sul ruolo dell’USFK getta le basi per un vertice ad alta tensione previsto per la fine del mese. Infatti, i due Paesi stanno ultimando i piani per un incontro tra il presidente Lee Jae-myung e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che dovrebbe tenersi a Washington il 25 agosto.

L’ufficio presidenziale sudcoreano ha confermato che sono in corso discussioni sulla data e su altri dettagli, ma non ha confermato ufficialmente l’incontro. Tuttavia, una fonte diplomatica ha dichiarato al Chosun Ilbo che il coordinamento operativo è stato effettivamente completato, e che mancano solo l’approvazione finale dei due leader e l’annuncio formale.

Quando il presidente Lee Jae-myung e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si incontreranno, dovranno affrontare un’agenda fitta, che comprende la condivisione dei costi della difesa, il trasferimento del controllo operativo in tempo di guerra e il bilanciamento tra flessibilità strategica e priorità di sicurezza della Corea del Sud.

Per quanto riguarda il versante cinese, lo scorso 5 agosto l’ufficio presidenziale di Seul ha ribadito l’impegno della Corea a promuovere legami stabili con la Cina a sostegno della stabilità regionale, chiarendo la propria posizione dopo che un riferimento del ministro degli Esteri Cho Hyun alla Cina come “problematica” aveva suscitato reazioni negative da parte di Pechino.

Il ministro aveva infatti affermato: “nel Nord-Est asiatico, abbiamo un altro problema: la Cina sta diventando un po’ problematica con i suoi vicini. Abbiamo visto cosa sta facendo nel Mar Cinese Meridionale e nel Mar Giallo”.

In passato, i legami bilaterali tra Cina e Corea del Sud si erano deteriorati a seguito della decisione di Seul, nel 2016, di installare il sistema antimissile THAAD (Terminal High Altitude Area Defense) per contrastare le continue provocazioni di Pyongyang.

Pechino aveva protestato con veemenza e, in segno di dissenso, aveva avviato una campagna di rappresaglie economiche, tra cui una significativa riduzione del turismo verso la Corea del Sud.

Le relazioni economiche tra Cina e Corea del Sud si caratterizzano per una marcata asimmetria nei livelli di dipendenza: la Corea del Sud dipende molto più dalla Cina di quanto la Cina dipenda dalla Corea. Per Pechino, la pressione economica resta un mezzo efficace per influenzare la risoluzione delle varie questioni tra i due Paesi.

All’orizzonte si intravede anche il vertice APEC (Cooperazione Economica Asia-Pacifico), in programma dal 31 ottobre al 1° novembre a Gyeongju, nella provincia di North Gyeongsang. L’evento potrebbe offrire l’occasione per una possibile visita di Trump nella penisola coreana. Non è esclusa nemmeno la partecipazione del leader cinese Xi Jinping.

Foto: USFK

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Nato a Cassino nel 1961, militare in congedo, laureato in Scienze Organizzative e Gestionali. Si occupa di Country Analysis. Autore del Blog 38esimoparallelo.com, collabora con il Think Tank internazionale “Il Nodo di Gordio”. Alcuni suoi articoli sono stati pubblicati su “Il Giornale.it", “Affari Internazionali”, “Geopolitical Review”, “L’Opinione”, “Geopolitica.info”.

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