Il summit tra Putin e Trump sarà un successo, ma solo per Russia e USA

 

(aggiornato alle ore 21.00 del 15 agosto)

Devono ancora incontrarsi ad Anchorage e hanno pianificato un secondo round di colloqui da tenersi in Russia. Questa notizia, confermata oggi dalla TASS, dovrebbe essere sufficiente a far comprendere a tutti, e soprattutto a ucraini ed europei, che i temi in agenda nel summit tra Vladimir Putin e Donald Trump saranno diversi e per lo più attinenti alle relazioni bilaterali. Insomma, non sarà un vertice sull’Ucraina ma un summit in cui si parlerà anche del conflitto in Ucraina.

“Ci aspettiamo che il presidente degli Stati Uniti visiti la Russia a sua volta. Questo è logico e sottolinea lo sviluppo e l’espansione delle relazioni tra Russia e Stati Uniti, dato che i legami tra le due maggiori potenze geopolitiche non riguardano solo l’Ucraina”, ha dichiarato questa mattina alla TASS Rodion Miroshnik, inviato speciale del ministero degli Esteri russo per i crimini compiuti dal regime di Kiev.

Miroshnik ha sottolineato che Washington e Mosca condividono un ampio programma, che comprende questioni internazionali e globali, nonché scambi diretti economici, culturali, sportivi e di altro tipo, molti dei quali sono stati sospesi e, a suo avviso, dovrebbero essere ripresi nell’interesse di entrambe le parti.

Che il vertice in Alaska, il cui slogan è “Pursuing Peace”,  costituisca l’avvio di un percorso di dialogo e distensione lo si può intuire anche dal fatto che Russia e Stati Uniti non hanno in programma di preparare nessun documento congiunto al termine del summit che si aprirà questa stasera (alle 21 ora italiana) , come ha detto ieri il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.

“Non è previsto alcun documento sui risultati del vertice, non è stato preparato nulla. Ed è improbabile che ci sarà alcun documento. Tuttavia, dato che ci sarà una conferenza stampa congiunta, il presidente illustrerà naturalmente la serie di accordi e intese che sarà in grado di raggiungere”, ha detto il portavoce.

 

La regia dello show punta sulla suspense  

Una dichiarazione che potrebbe indicare i dubbi e le incertezze circa l’esito del faccia a faccia tra i due presidenti, ma anche un’affermazione che potrebbe far parte di una regia accurata per dare risalto ed enfasi all’incontro messa a punto da Mosca e Washington per assicurare suspense e spettacolarità all’evento descritto da alcuni come una “nuova Yalta”.

Una regia attenta sta infatti guidando i preparativi al summit sui due lati dello Stretto di Bering e non si può escludere che della sceneggiatura, ricca di richiami alla Guerra Fredda,  faccia parte anche l’arrivo alla base aerea che ospita il summit del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, con addosso una felpa con la scritta URSS.

Del resto anche Trump, consumato istrione, ha fatto la sua parte, annunciando il summit ad Anchorage solo poche ore dopo che aveva affermato con durezza di non voler incontrare Putin.Questo incontro prepara il terreno per il secondo, ma c’è il 25% di possibilità che questo incontro non abbia successo”, ha detto ieri Trump a Fox News Radio, rinnovando così l’interesse internazionale per il summit.

Che dire poi del video realizzato  dai ballerini Veronika Popova e Konstantin Soyko, che celebra il summit in Alaska ricordando i momenti storici che hanno visto Russia e Stati Uniti protagonisti del destino di tutto il mondo?

I due ballerini, in costumi che riprendono le due bandiere, danzano sulle immagini che ripercorrono l’incontro tra lo zar Alessandro I e l’ambasciatore americano e futuro presidente John Quincy Adams nel 1809, l’incontro sul fiume tedesco Elba nel maggio 1945 tra le truppe statunitensi e sovietiche, il Festival Mondiale della Gioventù del 1958, il pianista americano Van Cliburn che riceve il Premio Čajkovskij nel 1958, la visita di Nikita Krusciov negli Stati Uniti nel 1959, la missione spaziale congiunta Apollo-Soyuz nel 1975 e ovviamente l’incontro tra Putin e Trump nel 2017 in occasione del G20 in Germania.

Per non lasciare dubbi circa il tenore dell’iniziativa, il video si conclude con lo slogan “Insieme costruiamo il futuro”.

Chi ha dimestichezza con questo genere di eventi sa bene che i summit vengono preparati minuziosamente da funzionari e “sherpa”, e vengono annunciati quando le intese sono già state raggiunte almeno in larga misura, mentre dove non è possibile trovare convergenze vengono messe a punto note di linguaggio utili a ridimensionare le differenze di vedute e sminuire i contrasti.

 

Un successo già confezionato?

Giova ricordare che funzionari statunitensi hanno riferito al Wall Street Journal che da mesi Trump e Putin si sentono al telefono. Inoltre, conoscendo i due personaggi, si può davvero credere che si incontrino con così ampio clamore mediatico senza aver già trovato il modo per definire entrambi il summit un grande successo?  Difficile credere che entrambi rischino la propria immagine e reputazione, in patria e nel mondo, con un flop che li metterebbe alla berlina come dilettanti allo sbaraglio.

Il 12 agosto fonti della Casa Bianca hanno infatti fatto sapere al giornale Politico che il faccia a faccia di Ferragosto potrà essere “l’inizio di una nuova fase” e “un passo verso la fine della guerra in Ucraina” evitando però promesse di annunci di cessate il fuoco o altri accordi.

Alla Casa Bianca ricordano poi come l’idea del vertice sia nata dopo che l’inviato speciale Steve Witkoff, che la scorsa settimana ha incontrato Putin a Mosca, ha riferito a Trump che il presidente russo ha espresso il desiderio di incontrarlo. Inoltre Putin ha “offerto un piano, forse non un piano praticabile, ma c’è qualcosa su carta che mostra un progresso”.

Una storia che sembra confezionata ad hoc, perfetta per i media, anche se forse è più probabile che Witkoff e Putin (nella foto sotto)  abbiano discusso a Mosca dell’agenda dell’incontro ad Anchorage già da tempo messo segretamente in agenda, in cui la guerra in Ucraina sarà probabilmente solo uno dei temi di interesse bilaterale, che saranno almeno una mezza dozzina.

Del resto l’incontro è stato pianificato per avere un forte valore simbolico, a partire dal luogo in cui si tiene. L’Alaska era parte della Russia zarista, venne venduta agli USA nel 1867 ma vi sono ancora comunità che parlano russo e piccole chiese ortodosse nei villaggi che un tempo ospitavano le stazioni commerciali costiere di Mosca.

Separata dalla Kamchatka russa da 80 chilometri dello Stretto di Bering (in realtà l’isola russa di Grande Diomede e quella americana di Piccola Diomede distano meno di 4 chilometri) l’Alaska è stata a lungo luogo simbolo della Cortina di Ferro durante la Guerra Fredda ma appare con questo vertice un trait d’union tra Russia e Stati Uniti.

Ancor più rilevante se si considera che, come previsto, la visita di Putin in territorio americano verrà ricambiata con un secondo faccia a faccia tra i due da tenersi in Russia, forse in ottobre.

 

L’economia prima di tutto

La Casa Bianca ha appena incassato la dura reazione di India e Cina alle ingerenze e alle minacce di dazi. Una disfatta per l’arroganza di Trump (risultata vincente invece con i “vassalli” europei) che ha determinato non solo il consolidarsi dei rapporti strategici tra India, Russia e Cina ma addirittura un’inedita intesa cordiale tra cinesi e indiani che, dimenticando rivalità tra potenze nucleari dell’Indo-Pacifico e crisi militari di confine, hanno deciso di intensificare le relazioni diplomatiche ed economiche.

Dopo aver a lungo contestato Joe Biden e prima Barack Obama per le politiche ostili a Mosca che hanno portato a saldare in modo sempre più stretto l’alleanza tra Russia e Cina, Trump rischia di compiere lo stesso errore con l’uso spregiudicato e arrogante dell’arma dei dazi e delle minacce, col risultato di compattare mezzo mondo contro USA e Occidente.

Trump infatti non ha solo compromesso il lento avvicinamento tra USA e India ma sta rafforzando l’asse militare della Shangai Cooperation Organization (SCO – organizzazione di sicurezza asiatica guidata da Mosca e Pechino ma a cui aderiscono India, Pakistan, Iran  e molte nazioni ex sovietiche tra cui la Bielorussia) e l’asse economico-finanziario dei BRICS, organizzazione sempre più ampia che raccoglie oggi 10 stati membri, 10 associati,  9 che hanno chiesto l’ammissione e 2 osservatori (Turchia e Algeria), determinati a rinunciare al dollaro nelle loro transazioni commerciali.

Un contesto in cui Trump oggi ha più che mai bisogno di avere un buon rapporto con Putin per negoziare sui temi commerciali con i BRICS e su quelli strategici con India, Iran e Corea del Nord, mentre Putin incassa l’uscita dall’isolamento decretato dall’Amministrazione Biden e ha oggi tutto l’interesse a trovare intese che portino ad abrogare le sanzioni alla Russia.

Nella base militare interforze di Elmendorf-Richardson, situata a nord di Anchorage, Trump e Putin annunceranno con ogni probabilità progressi sui fronti strategici, dell’economia e soprattutto dei rapporti bilaterali.

Lo indica anche la composizione delle delegazioni russa e statunitense con i ministri degli Esteri Marco Rubio e Sergei Lavrov, quelli della Difesa Andrei Belousov e Pete Hegseth.

In ambito economico i russi schierano in Alaska l’esperto ministro delle Finanze Anton Siluanov, protagonista della crescita economica russa nonostante le prolungate e rafforzate sanzioni occidentali e Kirill Dmitriev, capo del Fondo sovrano del Cremlino ma con studi negli USA e ottimi rapporti con le élites economiche americane.

Nella delegazione statunitense, oltre al vicepresidente JD Vance (nella foto a lato), ci sarà il segretario al Tesoro Scott Bessent, il segretario al Commercio Howard Lutnick, il direttore della Cia John Ratcliffe e l’inviato speciale di Trump in Russia Steve Witkoff.

Appare quindi intuitivo ritenere che il tema della cooperazione politica ed economica sarà centrale in un summit in cui Mosca chiederà la rimozione delle sanzioni e Washington il supporto russo a trovare intese con i BRICS.

 

La guerra come elemento di disturbo nel rilancio delle relazioni USA-Russia

L’Ucraina sarà quindi solo uno dei temi in agenda e neppure il più importante, con buona pace di Volodymyr Zelensky e dei leader europei, terrorizzati all’idea di trovarsi da soli a gestire la crisi militare con la Russia.

La portavoce del dipartimento di Stato USA, Tammy Bruce, ha sottolineato ieri che Washington non considera il vertice come un negoziato sull’Ucraina.

“Ricordo che il Presidente non definisce questo incontro come un negoziato. Non è stato lui a richiedere questo incontro. Ha osservato che l’obiettivo è capire cosa sta succedendo, cosa è possibile. Quindi ritengo che negoziati sia la parola sbagliata”, ha dichiarato Bruce durante un briefing con la stampa.

Del resto se c’è qualcosa che accomuna Putin e Trump è l’ostentato disprezzo, espresso in più occasioni da entrambi i presidenti, nei confronti dell’Europa, anche se motivato per ognuno di loro da ragioni diverse.

Trump ha usato la spesa militare al 5% del PIL e i dazi imposti a NATO e UE per umiliare gli europei agli occhi del mondo mentre il portavoce del ministero degli Esteri russo, Alexey Fadeev ha affermato nei giorni scorsi che “consideriamo le consultazioni richieste dagli europei [sul vertice del 15 agosto] come un’azione politicamente e praticamente insignificante. Gli europei sostengono verbalmente gli sforzi diplomatici di Washington e Mosca per risolvere la crisi Ucraina, ma di fatto l’Unione europea li sabota”.

Come era apparso evidente già nei mesi scorsi durante i primi colloqui in Arabia Saudita tra Lavrov e Rubio, il conflitto in Ucraina costituisce oggi un elemento di disturbo, un fastidioso dettaglio che ostacola la ripresa in grade stile delle relazioni bilaterali Russia-USA.

Entrambe le super potenze si sono strutturate per incassare vantaggi dal conflitto. I russi perché stanno ottenendo la vittoria sul campo di battaglia e negozieranno con gli USA una nuova cornice di sicurezza ai loro confini occidentali.

Gli Stati Uniti perché si sono garantiti ampi interessi economici in quella parte dell’Ucraina che non finirà sotto il controllo o l’influenza russa ma soprattutto perché hanno messo in ginocchio gli europei che da alleati militari e competitor economici sono stati ridotti in meno di quattro anni allo status di vassalli autocondannatisi al declino economico e alla sudditanza strategica. 

Il summit in Alaska appare quindi destinato ad essere un successo, ma per Stati Uniti e Russia, non necessariamente per Ucraina ed Europa, che hanno visto respinte e umiliate le richieste di sedersi al tavolo con i due presidenti.

Ci sono inoltre alcuni dettagli dell’ultima ora che contribuiscono a disegnare il quadro di cordialità del summit di Anchorage e che innervosiranno ulteriormente le cancellerie europee.

 

Trump apre anche alla Bielorussia

Trump, che accoglierà personalmente Putin al suo arrivo all’aeroporto, parlando con i giornalisti a bordo dell’Air Force One ha detto chiaramente che non negozierà un accordo per conto dell’Ucraina, ma che il suo obiettivo è quello di portare il presidente russo al tavolo dei negoziati. “Non sono qui per negoziare per l’Ucraina”.

Inoltre Trump ha sentito al telefono prima del vertice con l’unico alleato di Putin in Europa, il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko. E ne ha parlato con toni entusiastici.

“Ho avuto una splendida conversazione con il presidente della Bielorussia, Aleksandr Lukashenko, che stimo molto. Lo scopo della telefonata era ringraziarlo per il rilascio di 16 prigionieri. Stiamo anche discutendo il rilascio di altri 1.300 prigionieri. La nostra conversazione è stata molto positiva. Abbiamo discusso di molti argomenti, tra cui la visita del presidente Putin in Alaska. Non vedo l’ora di incontrare il presidente Lukashenko in futuro” ha scritto il presidente americano sul social Truth.

Un attestato di stima al “dittatore” Lukashenko che in Europa non mancherà di provocare molta irritazione, considerato che migliaia di oppositori bielorussi hanno combattuto con le truppe di Kiev e che la UE applica dure sanzioni a Minsk e opera da tempo per destabilizzarne il regime.

Secondo quanto riferito da canale Telegram vicino alla presidenza bielorussa Pul Pervogo, Lukashenko, ha invitato il presidente  Trump, a recarsi a Minsk con la sua famiglia. L’invito “è stato accettato” riferisce la fonte spiegando che “è stato raggiunto un accordo per proseguire i contatti”, recita ancora il messaggio, citato dall’agenzia Interfax.

Trump, in un post su Truth Social, ha definito “splendida” la conversazione con Lukashenko, precisando che i due hanno discusso del prossimo vertice russo-americano e della liberazione, in futuro, di 1.300 detenuti in Bielorussia. Il presidente Usa ha aggiunto di attendere “con impazienza” l’incontro con il capo di Stato bielorusso. (V

 

Pronostici

Fare previsioni in questi casi è sempre un azzardo ma, oltre ai temi già citati, tra i punti strategici che verranno affrontati vi sarà forse anche il rilancio del Trattato INF sui missili balistici a raggio intermedio da cui Trump aveva ritirato gli USA nel 2019 e che Mosca ha fatto sapere il 5 agosto di non voler più rispettare.

Un segnale di distensione che scongiuri il rischio di avere presto missili statunitensi con armi nucleari in Germania puntate su Mosca e missili russi in Bielorussia puntati sull’Europa.

Possibile anche che venga annunciato il “rilancio” del Trattato START che limita il numero di testate nucleari e vettori strategici e da cui Mosca annunciò la sospensione dell’applicazione con un  solenne discorso di Putin ai parlamentari della Duma il 21 febbraio 2023, dopo un anno di guerra in Ucraina, come rappresaglia per gli aiuti militari USA/NATO a Kiev.

Del resto ieri Putin non ha escluso che, se verrà raggiunta un’intesa sull’Ucraina, la prossima fase dei contatti con gli Stati Uniti possa portare al raggiungimento di un nuovo accordo sul controllo degli armamenti, come ha riferito la TASS, agenzia a cui una f0onte ha riferito che nel summit verrà affrontato certamente il tema della sicurezza strategica globale.

L’annuncio del rilancio della cooperazione russo-americana sulle armi atomiche, strategiche e/o di teatro, sarebbe di per sé sufficiente ad assicurare una vasta eco al summit dopo tre anni e mezzo in cui da più parti si evoca l’incubo nucleare come scenario realistico del confronto con la Russia.

Russi e americani imbastiranno probabilmente anche un negoziato sull’Artico, teatro di crescenti tensioni economiche e strategiche, da sviluppare nel summit successivo.

Dopo l’incontro in Alaska con Putin, “il secondo incontro sarà molto, molto importante, perché sarà un incontro in cui si raggiungerà un accordo. E non voglio usare il termine ‘spartirsi le cose’, ma in un certo senso non è un termine sbagliato. Ci saranno scambi di opinioni su confini e territori” ha detto ieri Trump nell’intervista al The Brian Kilmeade Show di Fox News. 

Questo significa che la fine della guerra in Ucraina o un annuncio di Putin circa il cessate il fuoco non è una aspettativa posta in agenda oggi. Se ne parlerà semplicemente ma con “scambi di opinioni” (cioè senza diktat e condizioni) mentre ogni decisione verrà rinviata al secondo incontro in Russia tra i due presidenti.

Ad Anchorage probabilmente Trump prenderà atto della disponibilità di Putin a chiudere la guerra ma solo una volta che Kiev avrà accettato le cessioni territoriali e le altre condizioni poste da Mosca. Una di queste è la non adesione alla NATO, esclusa peraltro anche da Trump.

Trump e Putin si daranno appuntamento al summit in Russia per valutare i progressi verso la pace ma, considerate le condizioni militari disastrose delle forze ucraine e i successi costanti dei russi che avanzano su tutti i fronti, Putin avrà probabilmente il tempo necessario per completare le operazioni militari e chiudere il conflitto. Specie ora che il massiccio sfondamento delle linee ucraine a nord-est di Pokrovsk, nella regione di Donetsk, sembra poter aprire la strada al tracollo dell’esercito di Kiev.

Le diverse ipotesi circolate in questi giorni di “congelamento del conflitto” o di un possibile ritiro russo da alcuni territori non appaiono credibili né coerenti con la posizione di Mosca, che ha sempre chiesto di negoziare la fine del conflitto e la rimozione delle sue cause. A meno che Kiev non accetti tutte le condizioni di pace poste da Putin, i russi non si fermeranno.

Zelensky, sostenuto dagli europei, ha ribadito che non intende “regalare lembi di territorio ucraino a Mosca” ma questi territori i russi li stanno espugnando combattendo, controllano circa il 20 per cento dell’Ucraina e continuano ad avanzare.

In Europa nessuno dovrebbe farsi illusioni: difficile credere che Trump rinuncerà a tutti gli affari che ha in ballo con la Russia e i suoi alleati per pretendere da Putin che cessi immediatamente e senza condizioni l’offensiva in Ucraina. Del resto oggi Trump ha ricordato ai giornalisti che “l’Europa non mi dice cosa devo fare”.

Se anche volesse farlo (e non sembra averne l’intenzione), Trump non avrebbe gli strumenti per mettere all’angolo Mosca né avrebbe interesse a farlo nonostante le sbruffonate anti-Putin rilasciate in alcune dichiarazioni pubbliche a cui la Russia non a caso non ha mai risposto, quasi fossero parte di quella sceneggiatura condivisa a cui abbiamo accennato in precedenza.

Sarà forse in base a questa consapevolezza che Frederikas Jansonas, consigliere del presidente della Repubblica lituana, Gitanas Nauseda, ha affermato ieri che “l’incontro in Alaska tra Trump e Putin è un fatto estremamente preoccupante”.

Oppure che il presidente lettone, Edgars Rinkevics, in un’intervista rilasciata oggi alla CNN, ha detto di auspicare che “in Alaska non si arrivi a decisioni affrettate in modo da trovare una soluzione che accontenti tutte le parti, specialmente quella ucraina. Concessioni territoriali non sarebbero che una ricompensa concessa alla Russia”.

Più lapidaria la valutazione del premier ungherese Viktor Orban (nella foto sopra): “L’Ucraina ha perso la guerra e il suo futuro sarà deciso da altri paesi, mentre la Russia ha vinto questa guerra. L’unica domanda è quando e in quali circostanze le figure occidentali che sostengono gli ucraini ammetteranno che ciò è accaduto, e cosa ciò significherà”.

Foto TASS, Rossija 1 TV e Casa Bianca

 

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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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