La Geopolitica e la ricchezza interpretativa

 

di Alberto Cossu – Vision & Global Trends. Progetto Società Italiana di Geopolitica

Il volume “Geopolitica, vettore dell’Ordine Globale. Dinamiche spaziali e attori strategici nella trasformazione del sistema internazionale”, di Aniello Inverso, è un’indagine sulle trasformazioni dell’ordine globale contemporaneo attraverso una lente geopolitica. L’opera, ultimo numero della collana “HEARTLAND – Storia e Teoria della Geopolitica” diretta da Tiberio Graziani, si propone non solo di descrivere i fenomeni geopolitici attuali, ma di configurarli come un “dispositivo analitico e performativo nella comprensione e nella produzione delle dinamiche di potere su scala planetaria”.

La prefazione di Stefano de Falco (Università degli Studi di Napoli “Federico II”) ne sottolinea l’approccio “problem setting” piuttosto che “problem solving”, indicando la volontà dell’autore di interrogare i presupposti concettuali, simbolici e materiali su cui si fondano i problemi globali, svelando i dispositivi di potere che ne orientano la formulazioneAniello Inverso propone una prospettiva metodologicamente composita che integra approcci classici e critici alla geopolitica con il diritto internazionale le relazioni internazionali e gli studi sull’innovazione tecnologica. L’obiettivo primario non è fornire risposte immediate, ma stimolare una riflessione critica profonda sulle categorie di potere, spazio e legittimità nel XXI secolo.

L’autore getta le fondamenta teoriche del volume, esplorando la genesi e lo sviluppo del pensiero geopolitico classico e la sua successiva decostruzione critica. Ricostruisce efficacemente il passaggio da una visione materialista e territorialista del potere a una lettura discorsiva e costruttivista dello spazio.

Inverso parte dall’analisi dei contributi di figure come Friedrich Ratzel e Rudolf Kjellén, che hanno concettualizzato lo Stato come organismo vivente tendente all’espansione, giustificando il “Lebensraum” (spazio vitale) come necessità evolutiva. Questa visione geo-determinista, sebbene ormai datata, è presentata come la base per comprendere le logiche espansionistiche e la giustificazione della sovranità attraverso l’ampliamento territoriale.

E ‘cruciale l’analisi del concetto di “Heartland” di Halford J. Mackinder. La narrazione evidenzia come il controllo dell’Asia centrale, il “perno geografico della storia”, sia visto come la chiave per l’influenza sull’intera massa continentale eurasiatica e, di conseguenza, sul sistema internazionale. Questa prospettiva viene messa in relazione con le teorie talassocratiche, in particolare quelle di Alfred Thayer Mahan, che attribuisce al dominio marittimo un ruolo risolutivo negli equilibri globali.

La capacità di controllo delle rotte commerciali e la proiezione della potenza navale sono presentate come fondamenti dell’egemonia globale, un’interpretazione esplicitamente imperialista del potere. La sintesi offerta da Nicholas J. Spykman, con il suo concetto di “Rimland”, è presentata come un punto di incontro tra le due tradizioni, mostrando la dinamicità degli equilibri di potere che non si riducono a semplici dicotomie terra-mare.

L’autore analizza l’elaborazione teorica della geopolitica critica, che rilegge lo spazio non come dato oggettivo, ma come costruzione discorsiva e strumento simbolico di legittimazione. Attraverso i contributi di Gérard Ó Tuathail, l’analisi mostra come la geopolitica sia un “campo discorsivo in cui si articolano rappresentazioni, strategie e pratiche di dominio”. La critica alla naturalizzazione dei conflitti e la decostruzione delle retoriche di “crisi” sono esplorate tramite le opere di Simon Dalby, che estende l’analisi alle questioni ambientali e securitarie, sottolineando come i linguaggi del rischio contribuiscano a produrre le minacce stesse.

Fondamentale è anche la critica di John Agnew alla “territorial trap” (trappola territorialista), che decostruisce la visione stato-centrica e la concezione del mondo diviso in unità statuali sovrane con confini fissi, proponendo una visione più fluida e interconnessa del potere nello spazio globale. L’autore riesce a dimostrare con efficacia come le categorie spaziali di “Oriente”, “Medio Oriente” e “Sud globale” non siano semplici etichette geografiche, ma “strumenti retorici che orientano l’immaginario geopolitico”, rivelando una matrice coloniale e gerarchica nelle rappresentazioni. Questa sezione del libro dimostra l’impossibilità di comprendere le dinamiche attuali senza decostruire le narrative egemoniche che le hanno plasmate.

Il secondo capitolo si addentra nelle fratture dell’ordine globale, dalla logica bipolare della Guerra Fredda all’attuale policentrismo. La fine della “Cortina di Ferro” non ha inaugurato un’era di cooperazione, ma una ridefinizione egemonica, dove la “comunità internazionale” post-1989 si è arrogata il diritto di definire e rappresentare, spesso al di fuori di un quadro di legalità multilaterale vincolante. L’intervento della NATO in Kosovo nel 1999 è presentato come un “momento paradigmatico” di questa svolta, dove l’azione unilaterale sotto l’egida della “responsabilità umanitaria” ha legittimato l’uso della forza al di fuori del perimetro normativo tradizionale.

Il capitolo esplora l’emergere del multipolarismo contemporaneo, mettendo in discussione l’illusione unipolare successiva al 1989. Vengono approfondite le dinamiche di regionalizzazione e le tensioni tra universalismo e pluralismo normativo.

La riflessione sul “re-centering” propone un decentramento della prospettiva e una ridistribuzione della legittimità cognitiva e simbolica nella lettura del mondo, specialmente dal punto di vista postcoloniale. Il “Sud globale” non è qui inteso come mera periferia geografica, ma come spazio autonomo di produzione di saperi e immaginari geopolitici.

La critica della “governance without politics”, che ha pervaso gli interventi internazionali in aree post-conflitto come i Balcani o l’Afghanistan, è un punto forte del capitolo. Viene evidenziato come l’autorità statale sia stata ridotta a una funzione tecnica, priva di legittimità democratica, con il diritto che diventa “strumento di regolazione esterna più che fondamento di legittimità interna”. Questo approccio critico è fondamentale per comprendere la complessità degli interventi internazionali e le loro conseguenze a lungo termine.

 

Russia, Cina, Turchia

Il terzo capitolo si concentra sul ruolo degli attori revisionisti, approfondendo le strategie geopolitiche di Russia, Cina e Turchia. Per quanto riguarda la Russia, l’autore ne analizza la politica estera tra identità e potere, con un’attenzione particolare al concetto di “Russkij Mir” e alla percezione della perdita dei territori ex-sovietici come “mutilazione dell’identità collettiva”.

L’annessione della Crimea nel 2014 è interpretata non solo come operazione militare, ma come “gesto fondativo, simbolico e normativo, volto al ripristino di un’unità storica violata. L’analisi degli “archi di crisi”, come la Siria e la Libia, mostra come la Russia agisca con strumenti flessibili e indiretti per consolidare la propria presenza internazionale e negoziare posizioni di forza, calibrando l’instabilità come risorsa geopolitica.

L’ascesa globale della Cina è esaminata sotto il profilo economico, diplomatico e della “nuova governance”. Il volume offre una panoramica delle strategie cinesi volte a ridefinire le coordinate del sistema internazionale e a promuovere progetti alternativi. Anche la Turchia è analizzata come potenza revisionista, con un focus sulla sua “espansione selettiva tra eredità imperiale e proiezione marittima”. Il capitolo riesce a delineare la complessità di queste potenze che, pur sfidando l’egemonia occidentale, non sempre propongono un’alternativa universale coerente, ma piuttosto modelli normativi e dispositivi di legittimazione differenziati.

 

La tecnopolitica 

Il quarto capitolo affronta l’intersezione tra diritto, scienza e tecnologia, introducendo il concetto di “tecnopolitica” come nuova forma di governance globale. L’autore sostiene che il diritto internazionale e la diplomazia non sono strumenti neutri, ma “tecnologie simboliche del potere, impiegate tanto per includere quanto per escludere”. La critica al diritto internazionale come “forma gentile di civilizzazione degli interessi nazionali europei” è approfondita, mostrando come il sistema giuridico sia stato plasmato dal confronto coloniale e dalla necessità di dominare il “diverso”. Viene evidenziato come l’applicazione delle norme, pur presentate come eterne e “erga omnes”, sia in realtà selettiva e funzionale agli interessi del potere dominante.

La sezione sulla tecnopolitica globale è particolarmente attuale e perspicace. Vengono analizzati spazi come quello extra-atmosferico, il cyberspazio, la guerra cognitiva e le infrastrutture dual-use, mostrando come la sovranità si eserciti sempre più attraverso la gestione di dati, codici, reti e algoritmi. La tecnologia è presentata non come una dimensione neutra o meramente economica, ma come “forma, linguaggio e condizione della potenza”, dove “chi norma la tecnologia, norma la sovranità”. Questo capitolo chiarisce che la trasformazione dell’ordine globale è un processo non solo geopolitico, ma anche normativo, cognitivo e tecnico, ridefinendo i confini tra civile e militare, interno ed esterno, conoscenza e potere.

 

Conclusione

Il saggio “Geopolitica, vettore dell’Ordine Globale” di Aniello Inverso offre una chiave di lettura complessa e storicamente fondata delle logiche spaziali dell’ordine globale contemporaneo. Il volume mostra come il potere globale si ridefinisca nell’interazione tra geografie materiali, architetture normative e dispositivi tecnoscientifici. La geopolitica, quindi, è un “sapere ibrido” che si esprime tanto nella proiezione militare quanto nella capacità di costruire regimi di verità e immaginari spaziali condivisi.

Il libro evidenzia con forza la crisi dell’universalismo liberale e la transizione verso un ordine multipolare differenziale, dove coesistono modelli normativi e regimi tecnologici prodotti da soggetti con visioni alternative di sovranità e progresso. La funzione performativa del diritto internazionale e della diplomazia, lungi dall’essere neutrali, sono svelate come strumenti sofisticati del potere. L’analisi della tecnologia come fulcro della nuova architettura del potere globale è un contributo particolarmente significativo, proiettando il lettore verso una comprensione più profonda delle dinamiche contemporanee.

“Geopolitica, vettore dell’Ordine Globale” è un’opera che non si limita a informare, ma stimola “riflessioni autonome” e invita a un “confronto critico”, lasciando spazio a elaborazioni personali e interpretazioni molteplici.

 

Geopolitica, vettore dell’Ordine Globale. Dinamiche spaziali e attori strategici nella trasformazione del sistema internazionale

di Aniello Inverso – Prefazione di Stefano de Falco

ISSN 3035-322X 

ISBN 9791281485310

Callive Media&Books 2025

pp. 120

€ 20,00

Il volume usufruisce del patrocinio di:

Società Italiana di Geopolitica – progetto di Vision & Global Trends

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