Stati Uniti contro Europa: il caso del Digital Services Act

 

Secondo quanto riportato da Reuters, l’amministrazione Trump starebbe valutando restrizioni sui visti contro funzionari dell’Unione Europea o di singoli Stati membri che intendono applicare il Digital Services Act (DSA). Si tratterebbe di una misura senza precedenti, che sposterebbe il conflitto commerciale e normativo sul terreno delle sanzioni personali. Allo stesso tempo, Trump ha minacciato di imporre dazi sui Paesi che applicano tasse digitali, segnalando la volontà di aprire un nuovo fronte contro Bruxelles.

Il segretario di Stato Marco Rubio avrebbe già incaricato i diplomatici americani di fare pressione in Europa contro la normativa, accusata da Washington di limitare la libertà di espressione e colpire ingiustamente le grandi aziende tecnologiche statunitensi. Per Bruxelles, invece, il DSA è lo strumento per mettere ordine nello spazio digitale, limitando i contenuti illegali e fissando regole comuni per le piattaforme.

Dietro la disputa tecnica c’è un problema politico ben più ampio: la sovranità digitale. L’Unione Europea, con il Digital Services Act e con il Digital Markets Act, ha cercato negli ultimi anni di ritagliarsi un ruolo da regolatore globale del web, imponendo regole comuni a colossi come Google, Meta, Amazon o Apple. In questo modo, Bruxelles intende difendere i cittadini europei dalla disinformazione e dalle pratiche monopolistiche, ma anche riaffermare la capacità dell’Europa di scrivere le proprie leggi, senza dipendere dal modello americano o cinese.

È qui che la reazione di Washington diventa rivelatrice. Per l’amministrazione Trump, ogni tentativo europeo di imporre regole è percepito come un attacco diretto alle aziende americane, che dominano il mercato digitale globale. La difesa della “libertà di espressione” si traduce, in realtà, nella difesa di un monopolio tecnologico che ha radici a Silicon Valley e a Seattle.

 

Guerra economica travestita da battaglia normativa

La logica che emerge è quella della guerra economica. L’America non accetta che l’Europa stabilisca regole che possano ridurre i margini di profitto delle proprie aziende leader. E reagisce con strumenti che vanno oltre il dibattito giuridico: minacce di dazi, pressioni diplomatiche, ora addirittura restrizioni sui visti. È l’uso della leva politica e diplomatica per difendere interessi economici nazionali.

Ancora una volta si conferma un pattern: quando l’Europa cerca di avanzare sul terreno della regolazione – sia essa energetica, digitale o militare – Washington risponde con forza per impedirle di conquistare spazi di autonomia.

Il Digital Services Act non è soltanto una legge per regolare le piattaforme. È il tentativo, da parte dell’Unione Europea, di affermare la propria capacità legislativa e di proteggere i cittadini in uno spazio che oggi è dominato da logiche extraeuropee. Se l’Europa non scrive le regole del digitale, lo faranno altri.

Eppure, la risposta americana mostra quanto sia difficile costruire questa sovranità. Il messaggio di Trump è chiaro: chi tocca i giganti del web americano si mette contro gli Stati Uniti stessi. Non c’è separazione tra interessi privati e interessi nazionali, perché le aziende tecnologiche sono ormai percepite come pilastri della potenza americana, alla pari delle forze armate o del dollaro.

 

Il dilemma europeo

L’Europa si trova di fronte a un dilemma. O continua sulla strada della regolazione, sapendo che ciò significa scontro con Washington. Oppure arretra, accettando che il proprio spazio digitale sia governato da leggi e algoritmi decisi altrove. È la stessa tensione che si ritrova in altri settori: dalla difesa, dove la dipendenza dagli Stati Uniti rimane strutturale, all’energia, dove la guerra in Ucraina ha riportato il gas liquefatto americano al centro della scena.

Il caso del DSA dimostra che ogni passo dell’Europa verso l’autonomia incontra la resistenza degli Stati Uniti, non meno forte di quella esercitata da Mosca o da Pechino in altri campi.

Il conflitto sul Digital Services Act è quindi un episodio rivelatore: dietro le dispute legali e normative, si gioca la partita della sovranità europea. Gli Stati Uniti vedono ogni tentativo di emancipazione come una minaccia ai propri interessi economici e rispondono con l’arma delle pressioni e delle sanzioni.

Ancora una volta, l’Europa scopre che il suo cammino verso la sovranità è disseminato di ostacoli, e che la principale opposizione non viene solo da rivali geopolitici, ma dagli stessi alleati che proclamano di difendere la libertà.

Foto Federprivacy

 

Giuseppe GaglianoVedi tutti gli articoli

Nel 2011 ha fondato il Network internazionale Cestudec (Centro studi strategici Carlo de Cristoforis) con sede a Como, con la finalità di studiare in una ottica realistica le dinamiche conflittuali delle relazioni internazionali ponendo l'enfasi sulla dimensione della intelligence e della geopolitica alla luce delle riflessioni di Christian Harbulot fondatore e direttore della Scuola di guerra economica (Ege). Gagliano ha pubblicato quattro saggi in francese sulla guerra economica e dieci saggi in italiano sulla geopolitica.

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