Strade Sicure all’americana: Trump manda i militari al confine e contro le gang urbane

 

Un cambiamento netto, peraltro evidenziato dalle dichiarazioni del Presidente Trump e di diversi esponenti della sua Amministrazione, ma che si percepisce a colpo d’occhio osservando il sito internet del Pentagono dove le notizie in evidenza sono da mesi quelle che riguardano l’impiego delle forze armate e della Guardia Nazionale in compiti di sicurezza interna.

A cominciare dal controllo del confine meridionale col Messico, presentato come un vero e proprio “fronte” (con tanto di assegnazione di medaglia specifica per i militari che vi sono stati schierati) dopo che il 22 gennaio Trump ha dichiarato “l’emergenza nazionale” per i flussi di immigrati illegali e mobilitato migliaia di militari. Un’operazione che va abbinata alla mobilitazione contro i cartelli narcos del Messico e di altre nazioni dell’America Latina contro i quali potrebbero venire impiegate, come già in passato, le forze speciali.

Negli ultimi giorni l’attenzione è concentrata sulle operazioni militari di supporto alle forze di polizia per garantire la sicurezza nelle città dove più alto è il tasso di criminalità e più rilevanti sono i problemi di sicurezza determinati dalla diffusione capillare di droga.

Anche molte delle immagini diffuse dal Dipartimento della Difesa assomigliano a quelle delle “missioni di pace” italiane o delle diverse operazioni di sicurezza interna effettuate dai militari in Europa, dall’italiana Strade Sicure alla francese Sentinelle.

Un’enfasi che ha un preciso valore politico, specie dopo i prolungati e violentissimi disordini scatenatisi a Los Angeles in seguito alle retate di immigrati illegali che hanno scatenato rivolte: mostrare all’opinione pubblica che l’Amministrazione Trump punta a garantire la protezione dei cittadini americani rispetto alle operazioni militari e alle guerre oltremare.

Nulla di strano per un presidente che ha dichiarato di voler passare alla Storia come “pacificatore”, che sta riprendendo le relazioni a tutto campo con la Russia e si sta disimpegnando dal conflitto in Ucraina, anche se il cosiddetto “fronte interno” non appare molto tranquillizzante almeno sul piano politico.

A Washington i governatori repubblicani di West Virginia, South Carolina e Ohio hanno annunciato il 17 agosto l’intenzione di mandare centinaia di uomini della Guardia Nazionale a sostegno del piano di Donald Trump per “riprendere il controllo” della capitale. Patrick Morissery, governatore del West Virginia, ha messo a disposizione tra i 300 e i 400 militari per aiutare a ripristinare “pulizia e sicurezza” a Washington, mentre Henry McMaster, governatore della Carolina del sud, ha approvato il dispiegamento di 200 militari “per sostenere il presidente Trump nella sua missione per ripristinare legge e ordine”.

Dall’Ohio sono stati resi disponibili arriveranno 150 militari “per condurre pattugliamenti e servire da sicurezza aggiuntiva”, ha fatto sapere il governatore Mike DeWine.

Le truppe dai tre Stati si andranno ad aggiungere al contingente di 800 uomini, sempre della Guardia Nazionale annunciato nei giorni scorsi dal presidente, che ha giustificato il dispiegamento con l’aumento a livelli record della criminalità e dei disordini a Washington,

Il 19 agosto anche il governatore repubblicano del Mississippi ha annunciato il dispiegamento di circa 200 soldati della a Washington, D.C. “Ho approvato il dispiegamento di circa 200 soldati della Guardia Nazionale del Mississippi a Washington per sostenere gli sforzi del presidente Trump volti a ripristinare la legge e l’ordine nella capitale del nostro Paese”, ha dichiarato il governatore Tate Reeves.

I militari possono pattugliare Washington armati. L’autorizzazione giunta il 25 agosto che consente ai militari della Guardia Nazionale di fare uso delle armi, seppur in ultima istanza di fronte a “minacce imminenti”. Secondo una dichiarazione rilasciata da un portavoce della Joint Task Force-DC a Washington, i membri della Guardia Nazionale, circa 2.200 dislocati nella capitale, portano fucili M4 e pistole M17 e “potrebbero verificarsi fermi che porterebbero ad arresti”.

Lo stesso giorno un funzionario della Casa Bianca ha dichiarato al Washington Post che la Guardia Nazionale “continuerà a proteggere i beni federali – inclusi gli agenti di polizia – garantendo un ambiente sicuro affinché gli agenti possano effettuare arresti, se necessario, e fornendo una presenza visibile delle forze dell’ordine per scoraggiare i crimini, come ha fatto fin dall’inizio dell’operazione.”

Il presidente degli Stati Uniti aveva già dispiegato la Guardia Nazionale e i Marines a Los Angeles durante le massicce proteste di giugno contro la politica sull’immigrazione della sua amministrazione. Si è trattato del primo dispiegamento di questo tipo contro la volontà di un governatore locale dal 1965.

Il sindaco democratico di Washington, Muriel Bowser, ha negato vi sia una esplosione di violenze in città, affermando che si registra al contrario “il livello più basso degli ultimi 30 anni” di atti criminosi.

Il 19 agosto Trump aveva confermato l’esistenza di una inchiesta sulla Polizia di Washington per aver falsato, riducendoli, i dati sulla criminalità nella capitale. In maggio il comandante Michael Pulliam della polizia di Washington era stato messo in congedo e posto sotto indagine per presunte modifiche ai dati sulla criminalità. L’avvio dell’indagine penale, condotta dalla Procura federale di Washington D.C., aggrava i rapporti tesi tra l’Amministrazione Trump e l’amministrazione comunale (del Partito Democratico), che ha ripetutamente citato il forte calo dei crimini violenti per mettere in discussione l’acquisizione federale del controllo sulle forze dell’ordine nella capitale e l’invio della Guardia Nazionale.

L’amministrazione di “Washington D.C. ha fornito numeri falsi sulla criminalità per creare una falsa illusione di sicurezza, questa una cosa molto brutta e pericoloso e per questo sono al centro di una inchiesta seria”, ha scritto Trump sui social media il 19 agosto,

“Fino a 4 giorni fa, Washington D.C. era la ‘città più pericolosa degli Stati Uniti, e forse del mondo. Ora, in poco tempo, è forse la più sicura, e la situazione migliora di ora in ora!”, ha proseguito il presidente, in riferimento al controllo delle forze dell’ordine cittadine assunto dal governo federale e all’invio della Guardia Nazionale per supportare l’azione della polizia.

Che la vicenda della sicurezza nelle grandi aree urbane statunitensi abbia una forte valenza politica nell’ambito dello scontro tra Trump/Partito Repubblicano e il Partito Democratico appare evidente anche dalla visibilità mediatica attribuita all’intervento dei militari.

Il 21 luglio Trump è andato in pattuglia con Guardia Nazionale e polizia in servizio a Washington, accompagnato dal Segretario alla Giustizia Pam Bondi, il consigliere per la politica interna Stephen Miller e il capo di gabinetto Susie Wiles. Il corteo presidenziale ha fatto una prima tappa alla sede della polizia forestale degli Stati Uniti: in un discorso improvvisato Trump ha rivendicato il successo delle sue politiche anti-crimine.

“Abbiamo vissuto un periodo fantastico, fantastico. Non ho mai ricevuto così tante telefonate di ringraziamento per quello che abbiamo fatto a Washington, DC, da persone che non andavano al ristorante da quattro anni. E dicevano: quello che avete fatto è senza precedenti” ha detto Trump parlando ai media.

Il giorno prima il vicepresidente JD Vance, il segretario alla Difesa Pete Hegseth e il vice capo dello staff della Casa Bianca, Stephen Miller erano sono stati contestati durante la loro visita ai militari della Guardia Nazionale che prestano servizio presso la Union Station, la principale stazione ferroviaria di Washington da una piccola folla di manifestanti radunatasi nell’atrio della stazione urlando slogan come “Liberiamo Washington, D.C.!”.

“Sentite queste persone qui fuori gridare ‘Liberate Washington D.C.‘”, ha detto Vance. “Liberiamo Washington D.C. dall’illegalità. Liberiamo Washington D.C. da uno dei più alti tassi di omicidi al mondo. Liberiamo Washington D.C., così che le giovani famiglie possano andare in giro e sentirsi al sicuro. È da questo che stiamo cercando di liberare Washington D.C.”, ha affermato il vicepresidente.

Più marcata la reazione di Miller, secondo quanto riferito dai media Usa. “Ignoreremo questi stupidi hippy bianchi“, ha detto il vice capo dello staff della Casa Bianca. “Devono tutti tornare a casa e fare un pisolino perché hanno più di 90 anni, e noi torneremo a lavorare per proteggere il popolo americano”, ha affermato, definendo i manifestanti “comunisti pazzi” che “non hanno alcun legame con questa città”. Miller ha inoltre promesso di aggiungere “migliaia di risorse in più a questa città per cacciare criminali e membri di gang da qui“.

Nove giorni fa, il presidente Donald Trump ha invocato una disposizione dell’Home Rule Act, la legge degli anni ’70 che garantisce al governo federale di assumere di fatto il controllo del dipartimento di polizia della città.

La battaglia della sicurezza non è limitata a Washington ma viene estesa da Trump a Chicago, Baltimora, New York, città amministrate dal Partito Democratico. Il Pentagono lavora da settimane alle varie opzioni, compreso lo schieramento della Guardia Nazionale a Chicago, terza area metropolitana più popolosa d’America.

Il 25 agosto il Washington Post ha scritto che il Pentagono sta mettendo a punto dei piani per dispiegare forze militari a Chicago al fine di contrastare fenomeni di criminalità, vagabondaggio e immigrazione illegale. Al dipartimento della Difesa si starebbero esaminando diverse opzioni, tra cui quella che prevede l’impiego di migliaia di effettivi della Guardia Nazionale a partire dal 1° settembre

Il governatore dell’Illinois, JB Pritzker contesta: “Non c’è alcuna emergenza, quello del presidente è un abuso di potere”, ha tuonato il democratico, ereditiere della famiglia che ha fondato la Hyatt Hotel Corporation e uno dei più duri critici di Trump che aveva definito Chicago “un disastro e il sindaco è gravemente incompetente”.

Per Pritzker, “dopo aver usato Los Angeles e Washington D.C. come terreno di prova per la sua politica autoritaria, Trump sta ora apertamente flirtando con l’idea di prendere il controllo di altri stati e città. L’obiettivo di Trump è quello di incutere paura nelle nostre comunità e destabilizzare gli attuali sforzi in materia di sicurezza pubblica, il tutto per creare una giustificazione per abusare ulteriormente del suo potere”

Come Washington e Los Angeles, anche Chicago è una città ha adottato una politica di accoglienza sul fronte dell’immigrazione. Da tempo l’amministrazione Trump ha dichiarato guerra a questi ‘santuari’ e a tutti coloro che ostacolano il suo pugno duro contro l’immigrazione.

Il ministro della Giustizia, Pam Bondi ha di recente inviato una lettera a vari Stati e leader locali affermando che le “politiche santuario” ostacolano una corretta attuazione della legge e, di conseguenza, saranno contestate legalmente. Le polemiche sui piani del Pentagono per Chicago sono scoppiate immediatamente.

“Il presidente non schiera le truppe all’estero, ma lo fa contro gli americani“, ha detto Rahm Emanuel, l’ex sindaco di Chicago e possibile candidato democratico al 2028. “Non ha alcuna autorità per farlo. Vuole solo creare una distrazione dalla sua scarsa popolarità”, ha aggiunto Hakeem Jeffries, il leader della minoranza liberal alla Camera.

Quanto a Baltimora, nel Maryland, Trump ha già dichiarato che “posso inviare truppe se serve, in una città fuori controllo e infestata dalla criminalità, mentre per New York è politicamente più probabile che Trump attenda l’esito delle elezioni del sindaco di novembre anche il candidato democratico Zorhan Mamdani (definito da Trump “un comunista”) appare in vantaggio nei sondaggi.

Il sindaco di Chicago, Brandon Johnson ha criticato le parole di Trump accusandolo di voler solo “creare caos mentre il 25 agosto il procuratore generale dell’Illinois, Kwame Raoul, a CBC News ha accusato Trump di “aver rivolto l’esercito contro i cittadini american nei suoi continui tentativi di spingere la nazione verso l’autoritarismo. Le azioni del presidente sono antiamericane e strategicamente poco saggezzaNon abbiamo avanzato alcuna richiesta di intervento federale come è accaduto a Los Angeles o a Washington. Non c’è alcuna emergenza nello stato dell’Illinois”, ha aggiunto il procuratore.

Ieri Trump ha firmato un ordine esecutivo che punta a porre fine al cashless bail, il sistema che consente il rilascio dei sospetti senza cauzione, minacciando di revocare i finanziamenti federali alle giurisdizioni che mantengono politiche considerate “troppo permissive”.

“Le politiche sulla cauzione senza pagamento consentono a individui pericolosi di tornare immediatamente in strada e rappresentano una minaccia evidente per la sicurezza pubblica”, si legge in una nota diffusa dalla Casa Bianca. L’ordine esecutivo mira in particolare a colpire stati e città come New York, Washington D.C. e altre aree che hanno introdotto riforme per ridurre o eliminare l’obbligo di cauzione.

Il provvedimento fa parte della strategia di “tolleranza zero” dell’amministrazione: i sostenitori delle riforme sottolineano che il sistema della cauzione colpisce in modo sproporzionato le fasce di popolazione più povere, mentre i critici ritengono che la cashless bail favorisca la criminalità. Trump, che aveva già promesso in campagna elettorale di “colpire le giurisdizioni di sinistra che rilasciano criminali pericolosi”, punta ora a spingere il Congresso a vietare la pratica su scala nazionale, anche se gli oppositori contestano la competenza federale in materia e temono un conflitto con gli stati che hanno già adottato misure analoghe.

Nel pugno di ferro contro la criminalità (e l’opposizione Dem) lo strumento militare risulta molto efficace perché da un lato rafforza la presenza dello Stato sul territorio e la percezione di sicurezza da parte dei cittadini scoraggiando la criminalità anche se il contesto della sicurezza negli USA vede da tempo consolidarsi la tendenza a irrobustire le capacità delle forze di Polizia in termini di armamento ed equipaggiamento.

Gli Stati Uniti di Trump sembrano quindi seguire un modello per certi versi simile a quello adottato in Italia (con l’Operazione Strade e Sicure e altre di contorno) e in alcune nazioni europee. A differenza degli Stati Uniti, in Italia la sicurezza e le forze di polizia non dipendono dall’amministrazione comunale (a parte la Polizia Locale) e questo in parte riduce la conflittualità politica al punto che sono sempre di più i sindaci, di ogni colore politico, che chiedono la presenza di militari nei centri urbani o in particolari in luoghi ad alto rischio criminalità come le stazioni ferroviarie.

In Italia è però da anni aperto il dibattito circa il prolungato impiego di migliaia di militari in compiti di sicurezza interna che nulla hanno a che fare con l’addestramento e la preparazione al combattimento. Osservazioni più che giustificate sul piano militare ma che cozzano con la crescente domanda di sicurezza che si registra in tutto l’Occidente o almeno in quelle nazioni che hanno vissuto ampi e prolungati flussi di immigrazione che hanno ingigantito il fenomeno della criminalità.

L’impiego dei militari può quindi avere un valore emergenziale o, come nel caso dell’Italia, può  strutturarsi prolungandosi nel tempo anche per compensare le carenze di organico delle forze di Polizia. In ogni caso, per le ragioni sopra citate, l’impiego dei militari nella sicurezza interna gode di un ampio consenso da parte dell’opinione pubblica. E la politica ne tiene conto.

Foto US DoD e Casa Bianca

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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