Summit in Alaska: l’Occidente si divide, Mosca incassa. L’intervista a “Il Contesto”

Si avvicina il summit in Alaska tra i presidenti Donald Trump e Vladimir Putin, da cui potrebbe scaturire quella tregua invocata da mesi sia da Kiev che dai suoi sponsor occidentali. Resta da vedere quale contropartita esigerà Mosca, alla luce della categorica indisponibilità di Zelensky ad accettare la prospettiva di concessioni territoriali. Unione Europea e Gran Bretagna, invece, guardano con inquietudine al vertice in Alaska, intravedendovi la concreta possibilità che gli Stati Uniti interrompano definitivamente il flusso di armi e finanziamenti all’Ucraina.
È a loro che il Cremlino fa riferimento quando sostiene che alcune nazioni stanno cercando di sabotare il dialogo russo-statunitense. Secondo il «New York Times», l’incontro in Alaska concordato durante la visita a Mosca dell’inviato speciale statunitense Steve Witkoff rappresenta per Putin «una opportunità, non solo per porre fine alla guerra alle sue condizioni ma anche di dividere l’alleanza di sicurezza Occidentale.
Parlando la lingua che Trump capisce, vale a dire quella del settore immobiliare, Putin si è garantito ciò che perseguiva sin da gennaio: un faccia a faccia con il leader americano senza che Zelensky sia presente, per spiegare le sue ragioni e definire un accordo». Sullo sfondo, India, Cina e Brasile reagiscono con fermezza alle pressioni economiche e politiche esercitate da Stati Uniti e Unione Europea, riaffermando la propria sovranità e pianificando un approfondimento strutturale della cooperazione reciproca nell’ambito di organismi quali il Brics e la Shanghai Cooperation Organisation.
Ne parliamo assieme a Gianandrea Gaiani, giornalista, saggista e direttore della rivista «Analisi Difesa».
Intervista realizzata la mattina dell’11 agosto.
Guarda il video qui sotto o questo link.

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