Trump fa la “cresta” del 10 per cento sulle armi per l’Ucraina che pagano gli europei

Da mesi il Pentagono sta bloccando l’uso dei missili balistici tattici MGM-140 Army Tactical Missile System (ATACMS) forniti all’Ucraina negli impieghi contro il territorio russo.
Lo hanno affermato funzionari statunitensi al Wall Street Journal, sottolineando che questa iniziativa priva Kiev di un’arma potente nella lotta contro l’invasione russa.
Una procedura di approvazione di alto livello del Dipartimento della Difesa, che non è stata finora resa pubblica, ha impedito all’Ucraina di lanciare sistemi missilistici tattici ATACMS contro obiettivi in Russia dalla tarda primavera scorsa, hanno affermato i funzionari. In almeno un’occasione, l’Ucraina ha cercato di utilizzare ATACMS contro un obiettivo in territorio russo, ma la richiesta di Kiev è stata respinta, hanno affermato due funzionari secondo i quali l’Amministrazione Trump ha silenziosamente introdotto un meccanismo di revisione che conferisce al Segretario alla Difesa Pete Hegseth l’autorità di bloccare attacchi ucraini a lungo raggio all’interno della Russia con missili forniti dagli Stati Uniti.
Anche altre armi, tra cui il missile britannico Storm Shadow e il francese SCALP EG, che si basano sui dati di puntamento statunitensi, sono soggette al processo di revisione messo a punto dal sottosegretario alle politiche del Pentagono, Elbridge Colby, che supervisiona l’uso da parte dell’Ucraina di armi di fabbricazione americana ed europea, che si basano su intelligence e componenti statunitensi, ha riportato il WSJ.
La notizia diffusa dal Wall Street Journal citando fonti ovviamente anonime si presta a varie interpretazioni.
Innanzitutto è credibile che in una fase in cui l’Amministrazione Trump sta riprendendo le relazioni bilaterali con la Russia in tutti i campi e sta cercando la via del negoziato per concludere il conflitto l’impiego degli ATACMS contro obiettivi sul territorio russo venga inibito da Washington.
Va però considerato che già lo scorso anno, quando era in carica l’Amministrazione Biden, l’autorizzazione all’impiego di queste armi era limitato a obiettivi situati nei territori ucraini occupati dai russi e solo a fine novembre 2024, col mandato del presidente Biden ormai in scadenza, vennero autorizzati alcuni attacchi con depositi di munizioni e batterie antiaeree russe appena all’interno del confine russo.
Inoltre in passato diverse fonti del Pentagono avevano rilevato come la rapida diminuzione delle scorte di missili ATACMS, a causa delle forniture all’Ucraina e anche del buon numero di missili intercettati dalla difesa aerea russa, rischiava di mettere in difficoltà l’US Army in caso di impegni bellici dal momento che il successore di questo missile balistico tattico, noto come Precision Strike Missile con un raggio d’azione esteso a 500 chilometri contro i 300 dell’ATACMS, sta lentamente entrando in servizio negli ultimi due anni.
Lo stesso WSJ riconosce che il Pentagono ha messo a punto un sistema di classificazione per valutare se gli Stati Uniti dispongano di scorte sufficienti di una particolare arma. Le categorie rosso, giallo e verde sono state introdotte da Colby per aiutare a decidere quali armi possono essere fornite all’Ucraina in base alle scorte presenti nei magazzini.
Non si può escludere quindi l’intento politico delle dichiarazioni delle fonti citate dal WSJ, interessate come parte rilevante dell’establishment statunitense a porre in cattiva luce l’operato dell’Amministrazione Trump.
In ogni caso il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto oggi a Sky News che l’Ucraina ha utilizzato le proprie armi per colpire obiettivi in profondità in Russia e non si consulta con Washington al riguardo.
Lo stesso articolo del Wall Street Journal riporta che l’amministrazione Trump ha approvato questa settimana la vendita all’Ucraina di 3.550 missili da difesa area Standard SM-6 ERAM (Extended Range Active Missile), nell’ambito di un pacchetto da 850 milioni di dollari che verrà finanziato dai partner NATO europei.
Con un raggio d’azione massimo di 240 chilometri e una velocità di Mach 3,5, i missili Standard SM-6 ERAM (Extended Range Active Missile) sono in grado di ingaggiare bersagli quali aerei, missili da crociera, ma anche missili balistici in fase terminale di volo e droni oltre a poter essere impiegati anche contro obiettivi navali.
Adottato dalla US Navy che lo ha impiegato contro missili e droni Houthi nel Golfo di Aden, lo SM-6 ERAM è in produzione dal 2011. Secondo i funzionari sentiti dal WSJ la consegna all’Ucraina dei primi missili è prevista tra circa sei settimane, cioè intorno a metà ottobre.
Poiché nelle operazioni navali contro gli ordigni lanciati dagli Houthi nello Yemen era emerso il consistente impiego di costosi missili Standard da parte dei cacciatorpediniere statunitensi classe Arleigh Burke e da più parti era stato lanciato l’allarme per il rapido depauperamento delle scorte dui missili da difesa aerea della Marina, la cessione di un numero così rilevante di missili SM-6 ERAM induce a ritenere che si tratti dei vettori più vecchi rimasti nei magazzini e ormai prossimi alla scadenza.
Del resto non sarebbe la prima volta che gli alleati forniscono all’Ucraina munizioni di ogni tipo prossimi alla scadenza o già da tempo scaduti per l’immediato impiego bellico.
Va però ricordato che anche questa commessa, come tutte le forniture di armi, munizioni ed equipaggiamenti provenienti dagli Stati Uniti e diretti in Ucraina, viene pagata dagli alleati europei.
Anzi, come ha rivelato il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent, “vendiamo armi agli europei, che poi le rivendono agli ucraini, e il Presidente Trump applica un ricarico del 10% sulle armi, quindi forse quel 10% coprirà il costo della copertura aerea”, ha affermato Bessent riferendosi all’ipotetica partecipazione statunitense alle garanzie di sicurezza da offrire all’Ucraina dopo la guerra e che Washington intende limitare a una copertura aerea non meglio definita.
Bessent ha fatto queste dichiarazioni in un’intervista a proposito della richiesta di Kiev di acquistare armi statunitensi per un valore di 90 miliardi di dollari ovviamente a carico dell’Europa, che si aggiungono ai 10 miliardi di armi USA già approvati per l’Ucraina e che i partner NATO europei hanno accettato di finanziare.
In totale quindi parliamo di 100 miliardi di dollari di armi “made in USA” usate, cioè provenienti dai magazzini non di nuova produzione, per l’Ucraina a carico nostro. E “l’alleato” statunitense ci fa pure la cresta del 10 per cento.
A ben guardare si tratta di “briciole” in confronto ai programmi finanziari che l’Europa ha accettato di farsi imporre da Washington: nei prossimi anni 600 miliardi di investimenti europei negli Stati Uniti, l’acquisto di 750 miliardi di energia statunitense e il raggiungimento del 5% del PIL per la difesa con acquisto di armamenti statunitensi anche per le forze armate europee non solo per quelle ucraine.
Dieses Video sollte sich jeder ansehen!
Bitte teilt es. Ich habe Untertitel erstellt.US-Finanzminister Bessent sagt in diesem Interview, dass die USA den Reichtum ihrer Verbündeten nun als einen amerikanischen „Staatsfonds“ (seine Worte) behandeln und den Verbündeten… https://t.co/ex2f6YmvIb pic.twitter.com/GsfQS6r3jC
— Katharina Münz Kátla Mortensen Katlyn S. Coen (@katharina_munz) August 13, 2025
Non a caso Bessent a Fox New ha parlato di utilizzo di questi fondi europei in base a “istruzioni” impartite dagli USA a “in larga misura a discrezione del Presidente” Trump come se si trattasse di un “fondo sovrano” americano.
Foto: Raytheon, US Army, US Navy, X e Fox News

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.