La Corea del Nord esce dall’isolamento e torna protagonista a Mosca e Pechino

Un pugno di morti per sedersi al tavolo dei grandi. A Pechino il leader nordcoreano Kim Jong-un passa trionfalmente all’incasso dopo aver inviato munizioni, armi e truppe in aiuto ai russi in guerra contro gli ucraini ottenendo un pieno e vistoso ritorno sulla scena internazionale.
Secondo quanto riferito il 2 settembre dal governo della Corea del Sud, circa 2.000 militari nordcoreani inviati in Russia per partecipare ai combattimenti nella regione di Kursk invasa in piccola parte dalle truppe ucraine sarebbero stati uccisi.
Il Servizio di Intelligence Nazionale di Seul ha inoltre segnalato che Pyongyang prevede di inviare un ulteriore contingente di circa 6.000 soldati a sostegno delle operazioni russe e che circa 1.000 genieri sono già arrivati in territorio russo.
Le truppe già presenti sarebbero impiegate principalmente come forze di supporto. Secondo Seul, da ottobre dello scorso anno la Corea del Nord avrebbe inviato circa 13.000 militari in Russia per supportare le operazioni russe, e il regime di Pyongyang ha confermato la perdita di circa 350 soldati durante le prime fasi del conflitto. In una recente cerimonia in onore dei caduti, alla presenza di Kim Jong un erano esposte le fotografie di 101 militari rimasti uccisi.
Benché spesso si parli in Occidente di truppe nordcoreane impiegate in Ucraina tutti i riscontri sembrano confermare che le forze militari di Pyongyang hanno combattuto solo sul territorio russo, nella regione di Kursk, dove peraltro oggi Mosca intende schierare 6mila genieri nordcoreani per bonificare da mine e ordigni inesplosi i mille chilometri quadrati che vennero occupati dagli ucraini tra l’agosto 2024 e il marzo 2025.
Un dispiegamento che consentirà a Mosca di utilizzare i propri reparti di guastatori del Genio in prima linea, a supporto dell’offensiva in corso su diversi fronti in Ucraina.
In passato genieri nordcoreani realizzarono una missione simile per bonificare aree della regione ucraina di Donetsk occupate dai russi. Pyongyang avrebbe inviato ai russi, secondo l’intelligence sudcoreana occidentale, milioni di proiettili d’artiglieria e decine di obici d’artiglieria e missili balistici a corto raggio.
Al di là del numero reale di perdite subite, le truppe nordcoreane hanno maturato una reale esperienza bellica in questo conflitto che ha caratteristiche inedite. Nei giorni scorsi infatti il generale Kyrylo Budanov, alla testa dell’intelligence militare ucraino (HUR) ha affermato che “solo tre eserciti al mondo sono in grado di combattere la guerra di oggi: ucraino, russo e nordcoreano”, riconoscendo implicitamente l’ampio valore militare dell’intervento nordcoreano al fianco dei russi e aggiungendo che la Russia sta aiutando la Corea del Nord a produrre i droni kamikaze a lungo raggio Garpiya e Geran, basati sul modello iraniano Shahed-136 e già da tempo prodotti ed evoluti in Russia.
Un recente video di propaganda di 19 minuti proveniente da Pyongyang illustra l’influenza delle lezioni apprese nel conflitto a Kursk nelle esercitazioni mostrando un ampio impiego di droni multilivello sia a livello tattico che operativo, missili anticarro mobili adattati a veicoli leggeri e soprattutto capacità ISR e di comunicazione ampliate. Elementi analizzati da Frontelligence Insight che ha evidenziato l’impatto dell’addestramento impartito dai russi circa impiego e controllo dei droni in diverse tipologie di missioni, la gestione di sistemi anti-drone cinetici ed elettronici e l’adozione di tattiche tese a ridurre l’esposizione dei militari.
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Le preoccupazioni di Seul
Non è un quindi caso che la Corea del Sud sia preoccupata dall’esperienza bellica maturata dalle forze d Pyongyang.
Il ministero della Difesa sudcoreano ha annunciato oggi un ambizioso programma per formare mezzo milione di soldati esperti nell’uso dei droni, sottolineando il ruolo crescente dei sistemi senza pilota nei teatri bellici e l’obiettivo di rafforzare l’industria nazionale dei droni.
La base della 36ma Divisione di fanteria dell’Esercito a Wonju, Gangwon, sarà il primo centro militare dedicato all’addestramento ai droni. Il progetto prevede di dare a ogni soldato la possibilità di ottenere competenze operative e certificazioni nel pilotaggio di droni, oltre a favorire la collaborazione con l’industria locale-l ministero ha stanziato circa 20,5 miliardi di won (15 milioni di dollari) per acquisire migliaia di droni da addestramento e sviluppare infrastrutture e programmi didattici.
Programmi pilota partiranno entro l’anno in tutti i rami delle forze armate, con la 36ma Divisione come modello centrale per testare nuove tecnologie, inclusi droni potenziati dall’intelligenza artificiale. L’iniziativa mira non solo a rafforzare le capacità militari, ma anche a fornire ai soldati competenze spendibili nel settore civile, analogamente a quanto avvenuto negli anni Novanta con l’addestramento informatico promosso dall’ex presidente Kim Dae-jung.
Intese più forti con la Russia
Oggi il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha ribadito che i militari nordcoreani “non sono dispiegati in Ucraina ma sul territorio della Federazione russa” all’Eastern Economic Forum (EEF), dove il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato la realizzazione di nuovo ponto tra Russia e corea del Nord.
“I piani includono anche la costruzione di nuovi ponti, incluso uno verso la Repubblica popolare democratica di Corea sul fiume Tumen, che dovrebbe essere inaugurato il prossimo anno. Vorrei anche sottolineare eventi significativi, come il ripristino dei voli tra Vladivostok e Pyongyang dopo la pandemia di Covid, nonché l’avvio dei voli diretti tra le capitali della Russia e della Repubblica Popolare Democratica di Corea. Il primo volo su questa rotta si è svolto alla fine di luglio e un mese prima erano già stati ripristinati i collegamenti ferroviari diretti tra Mosca e Pyongyang. Sono convinto che queste decisioni serviranno ad avvicinare ulteriormente i nostri Paesi e a consolidare i legami”.
Il supporto militare offerto a Mosca dalla Corea del Nord sarebbe stato ricompensato non solo con aiuti economici ma forse anche con tecnologie militari avanzate nel campo missilistico, aeronautico e subacqueo.
La Commissione militare centrale della Corea del Nord ha ordinato alla Flotta del Mare orientale (Mar del Giappone) di avviare il collaudo di droni sottomarini armati di testate nucleari, secondo quanto riportato da una fonte militare informata al sito d’informazione “Daily NK” citato in Italia da Agenzia Nova.
Il progetto, che segue le indicazioni di Kim Jong-un di dotare la marina di armi nucleari, prevede l’impiego del drone Haeil (“tsunami”), lungo 13 metri e largo 1,5 metri, capace di trasportare una singola testata nucleare.
Le prove sarebbero iniziate il 27 agosto presso un laboratorio dell’Accademia di scienze per la difesa nazionale, coinvolgendo selezione e addestramento del personale, ricognizione delle rotte marittime e aggiornamento delle strutture di carica. Il programma prevede tre fasi: operazioni sperimentali limitate, valutazione e miglioramento, e infine aumento del numero dei droni in servizio.
Il drone subacquei (UUV) Haeil è concepito come arma strategica contro obiettivi fissi come porti e ancoraggi navali.
Il riavvicinamento a Pechino
Le conseguenze della guerra in Ucraina e il successivo approccio di Europa e Stati Uniti nei confronti delle nazioni amiche di Mosca ha determinato numerosi effetti politico – strategici imprevisti. I dazi di Donald Trump all’India hanno favorito un inaspettato avvicinamento in vista di ampie intese tra New Delhi e Pechino ma anche tra Corea del Nord e Cina.
Xi Jinping e Kim Jong Un hanno oggi messo da parte la reciproca diffidenza e, nel loro primo incontro dopo sei anni, hanno promesso di rafforzare i rapporti strategici. Il presidente cinese ha accolto il più giovane leader nordcoreano nella Grande Sala del Popolo di Pechino, all’indomani della grande parata militare che ha sancito l’80° anniversario della vittoria sul Giappone nella seconda guerra mondiale.
“Il Partito comunista cinese e il governo attribuiscono grande importanza all’amicizia tradizionale tra Cina e Repubblica democratica popolare di Corea e sono disposti a mantenere, consolidare e sviluppare le relazioni tra i due Paesi”, ha detto Xi, citato dall’agenzia di stampa statale Xinhua.
“Questa posizione non cambierà indipendentemente da come si evolverà la situazione internazionale“. Xi ha descritto Cina e Corea del Nord come “buoni vicini”, affermando che Pechino continuerà a rafforzare il coordinamento con Pyongyang per mantenere la pace e la stabilità nella penisola coreana.
“Cina e Corea del Nord dovranno rafforzare il coordinamento strategico negli affari internazionali e regionali per salvaguardare gli interessi reciproci”, ha ribadito. “La Cina è disposta a incrementare gli scambi ad alto livello e la comunicazione strategica con la Corea del Nord, ad approfondire lo scambio di esperienze nella gestione del partito e dello Stato e a rafforzare la comprensione reciproca e l’amicizia. Inoltre, la Cina rafforzerà le interazioni a tutti i livelli e realizzerà una cooperazione pratica in vari settori“.
Un riavvicinamento che sgombra il campo dalle voci circa le titubanze della Cina in seguito all’intesa strategica tra Russia e Corea del Nord che prevede il reciproco aiuto militare in caso aggressione straniera.
Il leader nordcoreano dopo 20 ore di viaggio sul suo treno blindato è giunto a Pechino con la figlia di 10 anni Kim Ju Ae (che molti considerano la sua più probabile erede) dove ha affermato di apprezzare la “posizione imparziale” di Pechino sulla questione della Penisola Coreana e ha sottolineato che “l’amicizia tra i due Paesi rimarrà immutata” indipendentemente dall’evoluzione dell’ambiente internazionale.
Pochi i dettagli sui contenuti dei colloqui bilaterali ma è noto che Pechino non ama avere la potenza nucleare nordcoreano ai suoi confini e vorrebbe il disarmo atomico della Penisola anche se Pyongyang non tornerà indietro. In luglio, la sorella di Kim, Yo Jong, ha dichiarato che qualsiasi tentativo di negare lo status della Corea del Nord come potenza nucleare sarebbe stato “rigorosamente respinto”.
Il ritorno con piena dignità della Corea del Nord sulla scena internazionale grazie alle intese con Mosca e Pechino rappresenta il vero successo di Kim, ottenuto con l’invio di truppe nordcoreane nella regione di Kursk.
Quei caduti (indipendentemente dal fatto che siano 101, 350 o 2mila) definiti tutti “eroi” dal regime, costituiscono quindi il prezzo pagato per un successo politico e strategico che porta Pyongyang fuori dall’isolamento internazionale e la proietta verso una inedita fase di sviluppo economico e di strette relazioni con tutte le grandi potenze se si concretizzeranno le voci di un possibile riavvio dei colloqui cin gli Stati Uniti interrottisi dopo il primo mandato di Trump.
I “miracoli” dell’Occidente
Solo pochi anni or sono sarebbe apparso impossibile ipotizzare un asse tra Cina, Corea del Nord e Russia o tra India e Cina, eppure la politica dell’Occidente è riuscita a compiere anche questo “prodigio” oltre a riunire intorno a Russia, Cina e India gran parte delle nazioni africane, asiatiche e dell’America Latina.
Prima i proclami di Joe Biden e degli europei a isolare la Russia ha determinato l’effetto opposto a quello desiderato con una crescita senza precedenti delle nazioni che aderiscono o vogliono aderire ai BRICS e alla Shangai Cooperation Organization (SCO).
Il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, con la sua aggressiva politica economica, ha intimidito l’Europa ma ha inasprito le relazioni con Cina e India. Le immagini della parata di Pechino in cui Xi Jinping aveva alla sua destra Putin e a sinistra Kim hanno determinato duri commenti in ambiti Unione Europea dove l’Alta rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Kaja Kallas, ha accusato Pechino di costituire con Russia, Iran e Corea del Nord “un’alleanza autocratica” che sfida l’ordine globale.
La Cina ha respinto come “estremamente illecite e irresponsabili” le dichiarazioni della Kallas, ormai sbeffeggiata con cadenza regolare dalla diplomazia e dai media cinesi per la sua profonda inadeguatezza a ricoprire il ruolo di “ministro degli Esteri” della UE.
Puerile l’accusa di autocrazia formulata da una UE che, solo per fare un esempio, mantiene e consolida stretti rapporti con monarchie assolute e simil-monarchie nostri fornitori energetici in Medio Oriente e Asia Centrale.
Il portavoce del ministero degli Esteri cinesi Guo Jiakun ha risposto alle dichiarazioni di Kallas definendole “intrise di pregiudizi ideologici e prive di un buon basilare senso storico. E’ una mancanza di rispetto per la storia della Seconda guerra mondiale e danneggia gli interessi dell’Ue”, ha aggiunto il portavoce, invitando i rappresentanti di Bruxelles a “promuovere solide relazioni con Pechino, piuttosto che fare il contrario“.
L’aspetto più grave per la UE, oltre che sul piano dei rapporti con la Cina e circa le possibili conseguenze economiche per un’Europa già in profonda crisi e in balìa dei “capricci” di Trump, è non aver partecipato (anche con delegazioni di minor livello) alla parata militare di Pechino per la vittoria contro il Giappone e i suoi alleati (cioè Italia e Germania) nella Seconda guerra mondiale.
L’assenza degli europei rafforzerà la narrazione, ora non più solo russa, che dipinge un’Europa impegnata a riscrivere la Storia di quella guerra e afflitta dal ritorno del nazismo come dimostra il sostegno all’Ucraina che ha come eroe della patria Stepan Bandera, alleato (anche se scomodo) del Terzo Reich.
In questo contesto non aiuta l’Europa il fatto che a mal gestire l’intera vicenda sia un Alto rappresentane apertamente russofoba che auspicò lo sfaldamento della Russia in 16 repubbliche in guerra tra loro, per giunta proveniente da quelle repubbliche baltiche che fecero parte prima dell’Impero zarista e poi dell’URSS e che accolsero i nazisti come liberatori offrendo migliaia di volontari alle SS.
Foto: KCNA e EDA

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli
Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.