L’omicidio di Parubiy non interessa più se a ucciderlo non è stato Putin?

 

Dopo le comiche di Ursula von der Leyen con la denuncia dell’attacco russo al GPS del suo aereo in atterraggio in Bulgaria (negato dalle stesse autorità di Sofia) e il goffo tentativo di ricavarsi un ruolo da leader militare non è previsto dai trattati europei, la narrazione di politica e media si è arenata sull’omicidio a Leopoli di Andryi Parubiy.

L’ex presidente del Parlamento di Kiev e segretario del Consiglio di sicurezza nazionale ucraino, nonché “banderista” della prima ora, è stato ucciso il 30 agosto in un agguato. Parubiy fondò nel 1991 il Partito Social-Nazionale d’Ucraina (PSNU), movimento neonazista che poi assumerà il nome di Svoboda, e dal 1998 al 2004 fu a capo dei Patrioti d’Ucraina, organizzazione paramilitare del PSNU per poi passare a una destra nazionalista più moderata e distintosi nel 2014 durante gli scontri in Piazza Indipendenza (Maidan).

Ucraina, preso il killer del parlamentare Parubiy: «Coinvolgimento russo». Le autorità ucraine catturano il presunto assassino di Parubiy, sollevando sospetti di connessioni con la Russia. Dettagli sull’omicidio e l’arresto” titolava il 2 settembre il Sole 24 Ore.

Euronews riportava lo stesso giorno: “l capo del Servizio di sicurezza ucraino (SBU) nella regione di Leopoli, Vadym Onyshchenko, ha aggiunto: “Il crimine ha i segni di essere un omicidio su commissione. Ci sono informazioni operative che indicano il possibile coinvolgimento dei servizi speciali della Federazione Russa”. Il capo della polizia ucraina Ivan Vyhivskyi ha allo stesso modo indicato che il crimine non sarebbe “casuale” e avrebbe “una traccia russa”.

Meno clamore e copertura mediatica ha riscosso la confessione dell’assassino, il cinquantaduenne di nazionalità ucraina Mykhailo Stselnikov, che ha ammesso la colpa negando di aver agito per conto della Russia e affermando di aver sparato 8 colpi di pistola a Parubiy per ragioni personali. Quali?

 “Questa è la mia vendetta personale sulle autorità ucraine” riportavano con scarni comunicati tutte le agenzie di stampa italiane aggiungendo una dichiarazione che non spiega bene il contesto: “ Si, lo ammetto, l’ho ucciso. E voglio chiedere di essere scambiato con dei prigionieri per poter andare in Russia a cercare il corpo di mio figlio”, scomparso in prima linea nel 2023. Proprio la vendetta per la morte del ragazzo, “mandato a morire al fronte“, avrebbe armato la mano dell’omicida.

Per saperne di più occorre leggere il reportage da Kiev della CNN rivela infatti che ”il figlio dell’uomo era un sergente ucciso in combattimento, secondo l’ex moglie del sospettato, Olena Cherninka. “Mio figlio era un eroe morto per l’Ucraina”, ha scritto Cherninka in un post su Facebook, affermando di aver cresciuto lei stessa il soldato, di nome Mykhailo-Victor, con ben poco contributo da parte del padre. Padre e figlio avevano litigato per il fatto che il giovane avesse combattuto in guerra, ha detto, sostenendo che il soldato avesse bloccato (sui social media) il padre ovunque.

“Le notizie dal processo per l’omicidio di Parubiy hanno scioccato la nostra famiglia. È importante che la memoria di Mykhailo non venga screditata in questa situazione”, ha detto la madre del giovane soldato caduto.

Secondo fonti filtrate da blogger militari ucraini e russi Il figlio di Stselnikov sarebbe uno delle migliaia di soldati ucraini ufficialmente dispersi (sembra nella lunga battaglia di Bakhmut), di cui il governo ucraino non dà notizie ai familiari né paga pensioni e sussidi. Una situazione lamentata da molte famiglie di soldati con silenziosi sit-in in tante città ucraine a cui i media in Europa hanno dedicato poca attenzione.

L’assassino ha vendicato la morte del figlio (probabilmente arruolatosi volontario) mandato a morire dalle istituzioni di Kiev, uccidendo un esponente politico tra i più accesi sostenitori della guerra. Un uomo distrutto dal dolore? Un padre, forse non un padre-modello a sentire la ex moglie, ma che non si perdona di non essere stato in grado di convincere il figlio a non arruolarsi? Un genitore divorato da rabbia e sensi di colpa?

La risposta la lasciamo agli psicologi ma l’unica cosa che sembra certa è che non si tratta di un killer al soldo di Putin, anche se afferma di voler essere scambiato, come fosse un prigioniero di guerra, per andare dall’altra parte della linea del fronte a cercare notizie, o le spoglie, del figlio.

Del resto i russi conservano nelle celle frigorifero migliaia di corpi di soldati ucraini (nelle foto sopra e sotto) che Kiev temporeggia per rimandarne la restituzione. L’omicidio Parubiy potrebbe costituire il primo caso evidente di un cittadino ucraino che si vendica dei propri leader attribuendo loro il disastro di una guerra che sta cancellando due generazioni di ucraini e rischia di annientare la nazione.

Un tema drammatico (del resto, è una guerra…) ma interessante che i media potrebbero approfondire per cercare di cogliere quanto sia consistente o meno in Ucraina il reale consenso popolare alla continuazione della guerra, ovviamente se ricominciassero a fare informazione invece di gestire fans club.

In realtà questo non è certo il primo episodio di contestazione né il primo segnale di rivolta dopo i numerosi attacchi di civili ai team di reclutatori, ma certo il più violento finora registrato. Una realtà certo critica per Kiev e infatti le notizie sull’omicidio Parubiy sono scomparse dai nostri media e persino dalle agenzie di stampa dopo il 2 settembre, quando è  apparsa chiara l’estraneità dei servizi segreti russi all’omicidio.

Abortita la “pista russa” l’uccisione dell’ex presidente del parlamento ucraino non interessa più. Anzi, diventa un tema scomodo, da abbandonare frettolosamente evitando ogni approfondimento che potrebbe mettere in discussione il sostegno degli ucraini alla guerra e al proprio governo.

Difficile parlarne proprio mentre si cerca di convincere l’opinione pubblica a sostenere l’invio di truppe europee in Ucraina.

Foto: Telegram, Anadolu e TASS

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

Login

Benvenuto! Accedi al tuo account

Ricordami Hai perso la password?

Lost Password

Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: