Merz “bussa a denari”. Ancora sesterzi….

Il 23 marzo, sei mesi quasi esatti orsono, Analisi Difesa ha ospitato un mio articolo circa il programma ReArm Eu , nel quale ci chiedevamo se si trattasse di un reale tentativo di realizzare finalmente una politica di difesa dell’Unione Europea oppure della solita faccenda di vil denaro, propendendo per la seconda ipotesi alla luce di alcuni banali conteggi aritmetici.
A quanto pare, i tedeschi – come si direbbe a tresette – tornano a denari. Per giunta, con lo stesso schema, ossia spediamo soldi non nostri e al di fuori dei vincoli di bilancio. E guarda caso proprio quando vengono sollevati da più parti significativi dubbi circa la limpidezza del bilancio germanico, il cui maquillage ha poco da invidiare a quello francese.
Lo fanno con grande pompa e autorevolezza, nientepopodimeno che con un articolo del Cancelliere Merz in persona sulle rosate pagine del Financial Times. Se proprio lo devi fare, fallo alla grande.
Ecco una sintesi per punti, con qualche personale commento.
L’esordio avviene in linea perfetta con la retorica imperante: russi brutti e cattivi, privi di alcuna volontà di trattare come dimostra chiaramente l’attacco russo all’edificio governativo di Kiev. Non lo sfiora l’idea che, semplicemente e dolorosamente, ciò possa essere normale in tempo di guerra e in realtà Mosca ha negato di aver effettuato quell’attacco in cui è certo un incendio ma non esistono immagini dell’impatto di un drone russo.
Segue l’introduzione dell’idea di fondo dell’esposizione, un po’ come faceva il suo compatriota Beethoven negli attacchi delle sinfonie, richiamando i temi musicali dell’opera: “rise the costs”. Alziamo i costi, rilanciando la posta della mano di poker fino al punto che l’avversario lasci il tavolo. Una sorta di riedizione della corsa allo Scudo Spaziale, con la quale Reagan fece implodere l’Unione Sovietica. Oltre alla velleitarietà dell’iniziativa, è improbabile che i russi ci caschino una seconda volta.
E a proposito di iattanza, colpisce il messaggio esplicito a Washington, lanciato come se la Germania fosse in condizione di determinare la politica estera statunitense. L’iniziativa, secondo l’ottimista Merz, sarà un chiaro richiamo ai nostri alleati su entrambe le sponde dell’Atlantico.
Poco più serio sembra lo spaccio abusivo di ferree volontà europee, chissà in quali sedi consacrate: “The decisions Europeans have made”, dice il Cancelliere. È appena il caso di ricordare che politica estera e di difesa non siano ricomprese nelle materie di competenza dell’Unione, il che escluderebbe per logica che ci possano essere decisioni prese e consolidate, figuriamoci di questa portata.
E ciò sia detto con buona pace del Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, la quale pontifica ad ogni occasione, opportune et importune direbbero i latini, circa la posizione e le risposte dell’UE alle oscure trame russe. Sembra quasi che non sia stato tanto il suo aereo, a perdere la sua rotta, quanto i passeggeri.
Una certa dose di equilibrio e saggezza dobbiamo invece riconoscerla a Merz, nel ribadire la posizione tedesca circa la illegittimità della confisca dei beni russi sequestrati a seguito delle sanzioni. Peccato che sia un barlume che si spegne abbastanza presto, adombrando la genialità dell’ardito piano che inizia a disvelarsi.
La proposta di Merz è quella di concedere all’Ucraina un prestito senza interessi di 140 miliardi di Euro, assumendone a garanzia i beni sequestrati ai russi, i quali dovrebbero essere poi incamerati dall’Ucraina come riparazione dei danni di guerra da parte russa, e così servire a ristoro della generosa disponibilità offerta.
Qui si apre un punctum dolens, tuttavia. Il Cancelliere, infatti, non può sottrarsi dall’indicare quali Stati sarebbero i munifici largitori del prestito. E inizia un’arrampicata progressiva che ha dell’ardito, glie lo concediamo.
L’esordio sarà una discussione della manovra nella riunione dei Capi di Stato e di Governo UE a Copenaghen mercoledì prossimo, in modo da poter sottoporre il piano al Consiglio d’Europa in programma a fine ottobre.
Naturalmente, Merz auspica l’approvazione all’unanimità, in quella sede, con l’avvertenza che qualora essa non si verificasse la cosa, ovviamente, si farà lo stesso. E non in ossequio all’abitudine consolidata di ignorare ogni democraticità delle decisioni, no, per quanto Merz stesso, appena eletto, abbia candidamente e pubblicamente ammesso che non aveva nessuna intenzione di realizzare alcuni degli impegni presi in campagna elettorale.
Si farà comunque con i soliti volenterosi, ai quali aggregare gli altri Paesi che hanno adottato provvedimenti di sequestro di beni russi in giro per il mondo, con il coordinamento del G7. Chiaramente, tale coordinamento è un’altra delle cose che si danno per scontate.
Suona invece quasi buffo l’impegno esplicito che Merz solennemente assume: in Germania, questi fondi non saranno usati per nessun’altra esigenza di bilancio che non sia connessa con l’Ucraina. Per tornare alla saggezza popolare: excusatio non petita…
A ciò, ovviamente, si aggiunge il dettaglio essenziale della rateizzazione dei pagamenti, come un divano qualunque. E l’altro fondamentale, che gli acquisti saranno decisi congiuntamente con l’Ucraina.
Quasi alla fine, timidamente, appare un significativo dettaglio: il programma deve naturalmente rinforzare ed espandere l’industria europea della Difesa, per la nostra sicurezza collettiva e la sovranità europea.
Ma come, non aveva appena detto che lo scopo era consentire la difesa dell’Ucraina sine die? Si, perché Merz afferma espressamente che il mutuo consentirebbe all’Ucraina di difendersi e combattere “per molti anni”.
Abbiamo come l’impressione che nessuno abbia informato il Cancelliere che il budget della difesa ucraina per il 2026 è stimato in 120 miliardi di dollari… 140 miliardi di Euro, al cambio di oggi, sarebbero circa 14 mesi e mezzo, non “several years”, con un’Ucraina che spende in difesa il 31% del suo PIL, e che quindi non può aggiungere molto al generoso prestito.
La chiusa dell’articolo riprende la retorica inziale, forse con più involontaria ironia: “così che noi si possa difendere la nostra sicura, libera e unita Europa”.
Se non fosse tragicamente seria la questione, si potrebbe chiudere con una grande risata, ma sussiste il legittimo dubbio che Merz possa credere davvero in ciò che dice. Proviamo a ripetere l’esercizio che facemmo coi sesterzi e ReArm Europe, vediamo se ci riesce di capirci qualcosa.
Gli 800 miliardi dell’epoca servivano a malapena per compensare i buchi più macroscopici della capacità di difesa dei Paesi UE, a cominciare dalla Germania, che con quel sistema otteneva due obiettivi precisi, ben noti ad Ursula per essere lei stata Ministro della Difesa per qualche anno. Ai tedeschi spetterebbe circa il 20% di 800, che sono circa i 200 miliardi stanziati per cercare di far resuscitare le agonizzanti forze armate federali, ovviamente da spendersi in casa per ridare ossigeno all’industria automotive, altrettanto asfittica e da riconvertire.
Seguendo il medesimo ragionamento, possiamo ipotizzare non peregrinamente che il nuovo tesoretto sia destinato a compensare i mutamenti intervenuti nella questione delle spese per la difesa Ucraina. Intatti, Trump è stato molto chiaro: difendete pure l’Ucraina, ma a vostre spese e comprando armi americane.
In buona sostanza, Trump ha rotto le uova nel paniere dell’industria tedesca, che vede deviati i 200 miliardi agognati verso spese, per così dire, improduttive. Il tutto quando la Germania si era già spinta a cambiare addirittura la Costituzione, pur di spendere qualche soldo extra budget.
Ora si che iniziamo ad intravedere la trama in controluce. Ecco il perché del messaggio inviato all’altra sponda dell’Atlantico! Sembrava strano, che un Merz qualsiasi volesse imporre agli USA la loro politica internazionale. In realtà il messaggio recondito era un altro: “ideally together” era riferito alla spartizione della torta. Significava: “Ok, dobbiamo comprare le tue armi e darle all’Ucraina, ma non ti sottraiamo niente se spendiamo dei soldi in più. Ti dispiace?”.
Tutta la cortina di fumo degli sconfinamenti aerei e dei droni assume ora un significato diverso, come tutte le affermazioni della von der Leyen, che regolarmente risponde alle presunte provocazioni parlando di ferme risposte che non sono nelle attribuzioni dell’Unione, figuriamoci della Presidente della Commissione.
In realtà, prepara il terreno al suo compatriota e gli regge il sacco. Anche perché, nel frattempo, nessuna delle complicate questioni inerenti ad una vera politica di difesa comune è stata non dico risolta ma nemmeno affrontata o pur velatamente discussa come illustrato nell’articolo sopra citato.
Sempre di sesterzi parliamo, ahinoi.
Foto Governo Tedesco

Manuel Di CasoliVedi tutti gli articoli
Ha frequentato la Scuola Militare "Nunziatella" di Napoli, l'Accademia Militare di Modena e la Scuola Ufficiali Carabinieri ed è laureato in Giurisprudenza ed in Scienze della Sicurezza. Fino al 2000 è stato Ufficiale dei Carabinieri, svolgendo il proprio servizio in Sicilia, Calabria e nella Capitale. E' Professore a contratto in alcune Università italiane ed ha conseguito un Master presso l'Università di Buenos Aires. Attualmente è Global Strategies Advisor nel settore energetico e lavora tra America Latina ed Europa per società di investimento e produzione nel settore energetico. Ha ricoperto diversi incarichi come Direttore Operations, Sicurezza e Affari Legali per grandi aziende sia italiane che multinazionali ed in Expo Milano 2015.